Bambola non sa di niente
Avete mai provato a bordare le labbra con la matita? Cambiano. Sono gonfie e l’effetto visivo
comprende due strisce di carne morbida ma non diritte come vermi. Sono formate da colline e avvallamenti, soprattutto il labbro superiore. Il labbro inferiore invece, circa a metà si abbassa e poi si rialza.. sembra che lasci lo spazio affinché vi si appoggi un qualcosa.
Poi è la volta del rossetto, in commercio se ne trovano di vari colori: rosso classico, rosa cipria oppure varie gradazioni di marrone che rammentano l’autunno. Lucidi oppure opachi.. certo che il lucido è di alta qualità.
Avete mai provato ad uscire di casa con tale profumata delicatezza sulle labbra?
Si ha una sensazione di leggerezza, benessere e come se fossimo le sole ad avere una bocca.
A parte l’uso comune e concreto a cui la bocca è sottoposta tutti i giorni come mangiare e bere, si può tranquillamente desumere che esista un uso ben più sublime per cotanta sporgenza femminile: BACIARE.
Bambola era infelice, aveva tutto. La salute, la bellezza, l’amore e una professione appagante. Quel giorno però l’inquietudine regnava padrona. Lo shopping del giorno prima non era valso a mutare il suo umore. Scelse tra un corsetto di pizzo bianco con fiocchetto e un reggiseno a balconcino nero. Optò per il reggiseno. Slip coordinati e calze. Un tailleur chiaro e foulard fantasia in seta. Scarpe di vernice tacco dodici e occhiali da sole scuri, ovvio. Raccolse i capelli sulla nuca. La giornata soleggiata sottolineava la sua andatura, l’incidere dei suoi passi era reale, vivo, in mezzo alle impersonali tute da ginnastica, jeans, divise. Lei sola era Bambola, il resto non aveva faccia. Camminò a lungo senza meta. Si accorse di una libreria dietro l’angolo, decise di visitarla. Karen Blixen era incastrata tra gli scaffali della sezione “letteratura inglese”, la vide roteare verso il pavimento e veloce si affrettò ad afferrarla. Non da sola. Un distinto signore di nome Franz le porse la mano. Caspita! Rifletté Bambola, dove lo aveva già visto? Aveva una copertina grigia e il suo cognome faceva Kafka. Una caricatura distinta degli occhi di lui pulsavano oltre il muro di carta sul quale in chiare lettere troneggiava il titolo di: “la metamorfosi”. Bambola l’aveva letto un anno or sono con il sottofondo dei Linkin Park, spietati musicisti che avevano sottolineato tenacemente la trasformazione del povero signor Gregor Kamsa, commesso viaggiatore.
Franz però sembrava supplicarla : “comprami”.
Bambola non seppe dir di no. Era l’ultima copia, svelta pagò e lo infilò in borsa. Corse verso il parco, aveva già in mente dove sedersi. Una panchina che si trovava solitaria in un lembo di prato un pochino distante da bambini, animali e confusione generale faceva per lei. Con un rito di reverenza assoluta verso la propria perfezione sistemò la gonna, accavallò le gambe e si sedette.
Balzò all’interno della storia in pochi secondi e quel poveraccio di Gregor subito le strizzò lo stomaco. L’incipit del caro Franz era diretto, incisivo, addirittura banale: “Destandosi un mattino da sogni inquieti, Gregor Kamsa si trovò tramutato, nel suo letto, in un enorme insetto.” Pietrificata innanzi all’immagine di Gregor, Bambola non seppe resistere.. iniziò a grattarsi. “Se ne stava disteso sulla schiena, dura come una corazza..”, Bambola si voltò e inarcò le braccia all’indietro in una posizione inverosimile per assicurarsi che il tailleur fosse intatto. Franz proseguì con innato talento a descrivere le poco invitanti caratteristiche di Gregor, parole decise, chiare senza mezzi termini. Parole talmente veritiere che non lasciavano spazio ad alcun dubbio. Gregor era un insetto anche se tuttora non voleva accettarlo. Mentre Gregor si stava chiedendo che cosa gli fosse accaduto durante la notte, Bambola si rese conto di avere caldo. Sfilò la giacca scordandosi totalmente di avere addosso solamente quel fichissimo reggiseno di pizzo nero. Franz, oltre il muro del titolo strabuzzò gli occhi e proseguì: “tentò di uscire dal letto dapprima con la parte inferiore del corpo: ma quella parte, che egli non era ancora riuscito a vedere e di cui non poteva neppure farsi un’idea, si dimostrò troppo difficile da smuovere”. “Oh Greg.. quanto mi dispiace, come vorrei essere lì e aiutarti! Prenderei ciò che resta di te e lo accompagnerei qui su questa panchina! Forse riuscirei a bloccare la tua trasformazione!”. Franz che non difettava di fantasia ed eloquenza , notando l’evidente e sensuale abbattimento di Bambola infilò le dita tra i suoi capelli e li sciolse lungo le spalle. Bambola si adagiò piano sullo schienale della panchina e sospirò, Franz ebbe tutto il tempo di scrutare ogni centimetro della sua pelle: “ io ci sto bene Franz.. nella mia pelle intendo…” –
Franz la vide dimenarsi, spostarsi in una frenesia tale che “il raccontare” ammutolì.
Maledetto volume, pensò... accidenti a te, alla tua rilegatura, alle tue pagine in carta stampata a tutto quello che sei. Sono prigioniero dell’ingenuità di Gregor, del suo sciocco amor proprio, della sua mediocrità. Lasciami andare Gregor, io sono Franz, ti ho creato! Posso eliminarti come e quando voglio. Bambola sorrise e sfilò la gonna, apparvero gli slip coordinati e le calze. Franz si agguantò al muro ma le lettere del titolo gli si avvinghiarono contro. Prima la emme, gigante e onnipotente lo attanagliò alla gola, poi seguirono la e, ti, a… oddio sfigato d’un Franz.
Bambola lasciò andare i suoi capelli al vento e rientrò a casa di Gregor. “Gregor sotto il divano amareggiato e immobile..”‐ basta non c’è la faccio! Vengo io da te. Un filo di rossetto rosso lucido e pluff.. un tuffo. Sulla panchina giacevano gli abiti di Bambola, la sua borsa e il libro. Franz sprizzante gioia da tutti i pori la avvolse in un abbraccio. Bambola aveva scavalcato il muro e ora due paia di occhi famelici stavano per saziarsi della sua bellezza, li baciò entrambi con quelle labbra che non sono diritte come vermi ma…