Bartali o Coppi?

Era la parola d’ordine di noi ragazzi del ’38. Era una divisione somatica e spirituale, un enigma da scoprire, prima di essere ammessi a una qualsiasi amicizia. Guai a barare, si rischiava una punizione corporale. I media, allora, erano tenui e non invasivi, lasciavano posto alla fantasia. Le persone le si potevano immaginare, completando un ritaglio di giornale della Gazzetta dello Sport. Molti di noi hanno scalato lo Stelvio e il Pordoi con Fausto al solo lontano suono della voce del cronista sportivo, che si diffondeva giù nel cortile, dove si giocava. Chi aveva una famiglia agiata poteva vederlo, una settimana dopo, al cinema, nella Settimana INCOM, un cinegiornale dell’epoca, che precedeva la proiezione del film. Sequenze di pochi minuti, indimenticabili. Vedo ancora il suo volto, magro, aspro di contadino del pavese, il suo corpo teso ad arco sulla bicicletta Bianchi (un altro dei nostri sogni!), una pedalata sciolta, ritmata da una forza fisica più interiore che muscolare. Non aveva il dono della parola. Mi deludeva sempre quando sentivo qualche sua intervista. Persona semplice, schiva, timida. Lo aspettammo un anno sul Passo della Scoffera, vicino a Genova. Era la scampagnata consueta del Giro d’Italia. Ci si arrampicava sul crinale boscoso della strada tortuosa. La carovana del Giro era il primo grande spettacolo.  Dalle macchine lanciavano prodotti reclame delle case rappresentate.  Piccoli dentifrici, cappellini da ciclista, caramelle della Fidas con le figurine dei ciclisti. Poi la pausa delle auto, dava posto alle “staffette del giro”, motociclisti della Stradale che annunciavano, con le sirene, l’arrivo dei corridori. Un protendersi di corpi verso la strada, un vociare.‐ “ Eccolo! Lo vedi? E’ nel gruppetto di testa!  L’hai visto? Era circondato dai gregari!”‐ Il sibilo dei raggi, il fruscio delle pedalate, il cuore che salta, lo sguardo che lo cerca. –“ L’hai visto? “ Qualcuno mi chiede. Forse.. non so.. mi sembra. Non ne sono sicuro. E' stato così repentino,quasi un lampo.