Campo di terra rossa
Terzo game: 0 2
Come ho fatto a perdere il mio turno di battuta! Ho iniziato male, cazzo! Questo è il punto. Non posso attaccare con una palla così, senza grinta, senza convinzione. È come buttarsi giù dal settimo piano; devo concentrarmi, non sto giocando bene, non sono al meglio. Ma ora si riparte, devo fare un contro break e poi man mano riprendo in pugno il set. Calma! Il mio dannato avversario ha una palla sporca, molto ad effetto, gioca di polso lui; il maestro lo impiccherebbe in pubblica piazza. Non dovevo giocarci, fa palla corta e palla lunga, alza un’infinità di pallonetti, non è leale. E’ chiaro che vuole vincere a tutti i costi, se ne frega lui dello stile. Ma io che voglio? Perdere? No, assolutamente, dai Gianni che ce la fai, gioca il tuo tennis, non stargli dietro, non assecondarlo, e fai uscire questo maledetto braccio. Aprili i colpi, non trattenerli, se apri il giusto, la palla corre veloce e rimane in campo, lo vuoi capire?
A un passo dal contro break, sul vantaggio esterno, per troppa foga butto in rete un rigore a porta vuota, una schiacciata a campo aperto, non è possibile! Vantaggio pari, ace, vantaggio interno. Ho le gambe molli, sono a sinistra, aspetto la sua battuta, non può azzeccarne un altro di ace, non può, butta la palla esterna; la seconda battuta, la forza e va lunga: vantaggio pari. Troppa grazia, non posso sprecarla: siamo pari, non devo pensare che prima avevo in mano il game, devo pensare che poi lo stavo perdendo e che ora siamo di nuovo al punto di partenza. Sì, ma sono sullo 0 2, se riesco a vincere questo game, poi ci sarà da sudare per pareggiare. Sconforto, la strada è lunga. Calma c’è tempo!
Brutti pensieri, come nella vita: ogni volta che sto là a raccogliere il premio di tanti sforzi, qualcosa va storto, o semplicemente, non riesco a vincere. Come quando ero piccolo, che mi bloccavo e non riuscivo mai a reagire, e la notte sognavo di essere picchiato e di rimanere paralizzato con le braccia che restavano attaccate al corpo. Brutti pensieri, siamo al primo set e ci stiamo giocando il terzo game, siamo pari e se mi riesce il contro break, il peggio sarà passato!
Non pensare Gianni, approfitta che lui deve allacciarsi una scarpa, raccogliti, concentrati. Soffio via dal naso un mare di muchi, sputo rabbia e tanta terra rossa, mi sfrego la fronte con il braccio: quanto sudore. Ma va bene così, il turno è suo, è lui che deve vincerlo questo game, gli altri due game non esistono più. Il tempo li ha fagocitati, di tutte le fatiche, le sofferenze, l’ardore e la delusione rimane un numerino freddo: 0 2 che per lui è un 2 0, che lo fa sentire un padreterno. Lo vedo ora che si appresta a battere che è tranquillo, questo me lo cucino facile facile, sta pensando. Mi prende una stretta allo stomaco, provo vergogna, forse lui è chiaramente superiore, forse non c’è partita. Lotta Gianni, niente vale la pena di essere lasciato, lotta come nella vita, slegati le braccia, staccale dal corpo, colpisci, colpisci, colpisci!
Daniela, non ti ho mica lasciato per quello che tu pensi, io non volevo lasciarti, sono state le circostanze e poi tu non hai fatto niente per impedirmelo, tu hai fatto il tuo gioco, hai preso atto, mi hai rinfacciato un paio di cose e poi niente, ognuno per la sua strada.
Noo, non posso pensare a Daniela in questo momento, sulla sua battuta ero inchiodato come una statua di marmo, fortuna che è andata lunga, ma sulla seconda devo stare attentissimooooo.
Reggo: dopo due battute siamo ancora vantaggio pari, so che questo game è topico, chi vince questo dopo va in discesa, com’è stato per te, Daniela. Dopo che ci siamo lasciati, ti è andato tutto alla grande, sei in gran forma e ancora più bella, sei sempre in tutti i posti che contano e tutti ti leggono in faccia che ora stai meglio e che in fondo con me eri sprecata. Cazzo, Daniela, sei tu che l’hai voluto, con la solita saggezza sorniona delle donne hai semplicemente aspettato. Quello che arranca sono io, come in questo fottutissimo game, sempre a rincorrere, a disperarmi per un misero punticino, com’è stato con te Daniela.
Ora lo capisco: ti ho lasciato ma ci ho perso io. È come se dicessi al mio dannato compagno di singolo che sono stufo, che mi ha rotto le palle con le sue pallette colme di effetto, il suo tira e molla con i giochetti di polso, che per me il tennis è libertà, sfogo, colpi veloci, intensi e ampi e tanta corsa, tanta foga, senza furbizie, sport puro senza cattiveria. Come se ora, che è di nuovo vantaggio suo, lo lasciassi solo su questa maledetta terra rossa a inzupparsi la maglietta di sudore e argilla, dicendogli: basta, non mi piace più! Sei più forte? Ok sei più forte ma non è la mia partita. Hai vinto? Bravo! Ma io me ne vado! Risultato: ho perso, ho perso te e questo malefico terzo game.
Non dovevo pensare a te, il mio istinto suicida si è rifatto vivo come al solito.
Cambio campo
« Cazzo, si suda, Gianni» mi dice Aldo col fiatone, felice di sbracarsi sulla panca per qualche attimo.
« Fa caldo ancora, è vero» bevo tutto di un sorso, « 3 a 0, mi stai massacrando!»
« No, è che mi stanno entrando un po’ di colpi e tu oggi mi sembri distratto.»
« E’ vero. Non sono rilassato.»
« No problem, Gianni, l’importante è divertirsi.»
Quarto game
Mah! È lui a divertirsi, gli va tutto bene, siamo già 0 15, se perdo anche questo, rischio il cappotto. Il 6 a 0 lo saprebbero tutti domani in ufficio e ci starei male, male. Non posso consentire che le cose vadano avanti così: Daniela, sono due mesi che ci siamo persi, io ti ho lasciato, ma ora mollami tu, lasciami andare!
0 30, sono trascinato da quest’andazzo, come quando sei alla guida da ore e ore e ogni tanto ti senti affievolire in un dolce sopore e vorresti farti trasportare, te con la tua macchina, in un mondo dolce e ovattato, dove distendere le gambe, chiudere gli occhi, affidare il volante a un angelo benevolo e farti trasportare in un luogo soffice, dove l’aria ti carezza, la terra ti accoglie morbida sotto i piedi, e tutti ti sorridono.
Ma cazzo! Io odio Aldo, la sua fottutissima pancetta, la sua calvizie e gli occhi bovini, le sue performance da leccaculo in ufficio, la sua terribile famigliola e i suoi spregevoli riti: lavarsi sempre i denti dopo il break, avere sempre una bottiglia d’acqua non gasata sulla scrivania, possibilmente non molto fredda, tenere il condizionatore a basso regime, massimo 22 gradi. E votare a destra, perché è più sicuro, perché i comunisti fanno paura! Vaffanculo Aldo, vaffanculo pure te Daniela. Ci voglio morire su questa terra rossa, mi voglio riempire i polmoni di questa poltiglia, voglio sputare sangue ma lo 0 4 non te lo concedo.
Piazzo 3, proprio 3, ace e mi riporto in vantaggio e poi chiudo, sì chiudo, di volée, un attacco furibondo e finalmente faccio il mio primo punto e ora cara Daniela sull’ 1 a 3 ce la giochiamo!