Cascappezzi
Usando il detto latino ‘nomen omen’ talvolta è possibile risalire al titolare di un cognome e di un nome dell’interessato, nel caso del soprannome ‘cascapezzi’ sembrerebbe piuttosto difficile, forse no: Santino Servodidio doveva quel soprannome al suo incedere piuttosto dinoccolato, solo di viso assomigliava al suo padre naturale marchese Ermenegildo Colocci che ancora una volta aveva lasciato il segno nel senso che si era ‘fatto’ una contadina che conduceva un fondo in quel dell’Olgiata a Roma, fondo appartenente a sua moglie Romilda Casagrande. La gentile consorte possedeva fra l’altro anche una villa particolarmente curata all’interno e dalla caratteristica di aver lungo i muri dei rampicanti che lasciavano liberi solo porte e finestre, all’esterno un recinto dove alloggiavano insieme cani e gatti, animali cui era particolarmente affezionata. Questa convivenza pacifica era dovuta al fatto che gli appartenenti alle due razze erano stati posti a convivere appena nati, per loro era naturale quell’amicizia tradizionalmente impossibile o almeno difficile fra le due specie. Fra il tetto e la copertura dell’ultimo piano alloggiavano piccioni sia stanziali che di passaggio, una specie di albergo. La signora orfana, abbiente aveva la passione sia degli animali che delle carte, con le sue amiche passava la maggior parte del tempo al tavolo verde a casa sua ma aveva un cruccio, non era detentrice di alcun titolo nobiliare al contrario delle sue amiche compagne di passatempo. Quale migliore scorciatoia per appartenere a nobile casata se non quella di convolare a nozze con un titolato non importa se squattrinato e ‘mignottaro’. Ermenegildo Colocci poteva fregiarsi dl titolo di marchese, in società gli faceva fare bella figura con il suo elegant style. Nel frattempo un accadimento importante: il 2 maggio 1945 i soldati tedeschi, sconfitti, avevano lasciato l’Italia. Qualcosa era cambiato nel negozio della signora Palmira Petrullo: erano spuntati anche prodotti esteri, soprattutto il caffè, quello vero, niente più lupini. L’acquisto di questo prodotto per le vie consentite era difficile e costoso, il contrabbando regnava sovrano. La signora acquistò una tostatrice ed un macinacaffè elettrico che in breve tempo Santino imparò a far funzionare, la clientela aumentò in numero notevole. Il giovane aveva troppi impegni, con la bicicletta su cui aveva fatto apporre due portapacchi, uno anteriore ed uno posteriore si recava nelle abitazioni dei clienti a consegnare la merce da loro acquistata, Aumentato il lavoro Palmira ingaggiò un altro commesso, Cesare (per gli amici Cesarione che fa rima con…) biondo, occhi azzurri, modi mellifui ebbe il pregio di portare come clienti molti suoi amici. Altra svolta nella vita del negozio ed in particolare di Santino che, conseguita la patente di guida ebbe come regalo da parte della ormai mamma Palmira una Panda azzurra come il cielo, serviva soprattutto per il ritiro e per la consegna delle merci. a casa dei clienti (e delle clienti). Una mattina al telefono: “Cara sono Serafina, come senti dalla voce non sto bene in salute, mandami a casa la solita spesa settimanale, grazie.” Santino posteggio la macchina dinanzi al portone dell’isolato dove abitava la signora Serafina Capogrossi, con l’ascensore giunse al sesto piano, bussò alla porta d’ingresso. Venne ad aprirgli la padrona di casa in baby Doll rosa senza slip. Il pene del giovane, sino ad allora a riposo prese una posizione eretta e sfoderò tutta la sua dimensione e grossezza che fece esclamare alla padrona di casa: “Accidenti che minchia, mai vista!” La dama aveva fatto un confronto con quella del defunto marito. Non perse tempo in altri paragoni, prese in bocca il batacchio di Santino che dopo una prima ebbe una seconda eiaculaione, tutto bellamente ingoiato da madame Serafina. Il giovane si ritirò in buon ordine, esperienza piacevole, Santino era stato sempre di poche parole, anche in questa occasione non fece eccezione. Serafina non tenne la bocca chiusa nel senso che divulgò il fatto fra gli inquilini dell’isolato, notizia che pervenne alle orecchie dei mariti i quali si misero in allarme: “Mia moglie è una santa donna ma per curiosità potrebbe…” E così i maschietti della zona presero varie decisioni: alcuni cambiarono negozio dove le mogli di solito acquistavano le merci, altri andarono loro stessi a fare la spesa. Per strada Santino era ossequiato un po’ da tutti con qualche risolino, la storia arrivò anche alle orecchie di ‘mamma’ Palmira e soprattutto di Cesarione che provò un approccio con Santino ma dallo sguardo minaccioso di Cascappezzi cambiò atteggiamento. Santino era giudicato dalla gente a seconda delle proprie inclinazioni: dagli intellettuali: “un ignorante, ha solo la licenza elementare, dai religiosi: “uno scherzo del diavolo”, da alcune mogli insoddisfatte: “beata chi se lo fa”, dai vecchietti: “Un ricordo lontano.” Un avvenimento spiacevole, un giorno ‘mamma’ Palmira uscì di corsa dal negozio per rincorrere un cane di un suo cliente, un impatto con un’auto di passaggio, la tragedia. Santino pianse lacrime amare, era finita parte della sua vita, la migliore. Organizzò un funerale al quale parteciparono molti amici della defunta, tumulazione all’Isola Farnese, tomba semplice con data di nascita e di morte, lapide con sopra un angelo che vigilava il sonno eterno della defunta. Anche il prete che lo aveva battezzato passò a miglior vita, Cascappezi pensò che sicuramente fosse finito all’Inferno nel peggior girone, quello dei malefici, dei perfidi e dei diabolici (ammesso che esista), gli aveva rovinato la prima parte della vita. Il giovane si sentì più solo, riallacciò la ‘conoscenza’ con Serafina, la prima donna della sua vita. Fina lo accolse a braccia aperte (e non solo le braccia), si dovette abituare sessualmente al ‘cipresso’ del novello amante, dovette ricorrere alle cure di un ginecologo. Fu motivo di invidia da parte dalle signore soprattutto del suo palazzo che si dovettero accontentare solo di immaginare un rapporto con quel giovane che non era più un ‘cascappezzi per la sua frequenza di una palestra dove la conduttrice, non più giovanissima ma vedova ed abbiente ritornò pian piano (molto piano) a provare di nuovo le gioie del sesso.