Casualità e imprevisti (A. A. A. A. amore cercasi disperatamente)

Questo è il racconto di una strana storia a "trois": che si concluse in maniera imprevista alquanto. Ho conosciuto Bon Miller (il nome glielo appioppò, mi disse lui stesso una volta, la madre Rosalind, bellissima mezzosangue bruna di origine messicana, sfegatata fan del duo Delaney&Bonnie, noti singers degli anni sessanta‐settanta i quali evoluirono anche con George Harrison e Eric Clapton) tanti anni fa (sono quasi trenta, oramai!): vale a dire nell'autunno del 1989. Non ricordo bene in quale occasione, ma credo fosse proprio ad un "Sauna&fishing beache's party" (cosa strana, anzi, turca, turchissima di California su cui ‐  credetemi ‐ è meglio non dilungarmi!) a Sausalito, in ottobre o novembre: periodo il quale, non so proprio perché, da sempre si ripropone nel corso della mia vita, e spesso facendolo per le date importanti e per le cose che contano...Diciamo pure di un certo peso e valore (nascita di mio figlio John e separazione da mia moglie Karen, inizio malattia di mia sorella Allison e dipartita della mia cara zia materna Mary, etc.): forse, chissà, per congiunzione astrale (a quel tempo, infatti, avviene ogni anno in cielo l'allineamento della costellazione di Andromeda con quella di Callimaco), o forse solo ‐ e soltanto ‐ per mera casualità!
E' anche vero, però, e guarda caso (pur avendo ciò poco a che fare ‐ oppure no?! ‐ col discorso, pardon, col racconto iniziato), che i suddetti [ottobre e novembre], nonostante siano dei mesi intermedi nonché molto atipici e quasi anonimi, probabilmente, anzi, direi porprio sicuramente, per questo motivo ben si addicono al mio carattere essenzialmente schivo (altra combinazione...sic! sic! ‐ congiunzione astrale o casualità?)...e non è neanche tanto strano, del resto, che molti miei amici mi chiamino "il gatto" (notoriamente è risaputo come quel felino lo sia come e più di me!).
Ma (vi) parlavo di lui, ossia del mio amico che... Sì, Bon, proprio lui il quale è stato vicinissimo a me durante gli ultimi drammatici eventi (la perdita dei due "grandi vecchi" alias mother&father) che hanno contraddistinto, cambiandolo e stravolgendolo per sempre, il mio cammino esistenziale o meglio il "viaggio", come forse scriverebbe (o racconterebbe, chissà!) qualche autore di romanzi (non so se ottimi o mediocri: non sta certo a me dirlo!) e dimostrandosi, per questo, molto più di qualcun altro ‐ che invece avrebbe dovuto esserlo e non lo è stato...cioè, rivelandosi, per me, un preziosissimo sostegno morale!
Ma Bon, bontà sua (e che "la botte lo preservi" ‐ e lo migliori ‐ "come fa con il vino e con le pistole", ammonisce un vecchio proverbio d'Arizona), non ha condiviso con me solo dolori e mestizia (fortunatamente, direi, perché la vita, come può non essere fatta solo e unicamente  di felicità, non può neanche esserlo ‐ per la cosiddetta legge, la quale non so da chi fu promulgata, dei due pesi e delle due misure, orbene della compensazione degli opposti, ‐ soltanto di sofferenza e infelicità...come a dire che non si vive di solo miele, come fanno i fiori, né di solo fiele, come spesso facciamo noi uomini masturbandoci la mente; bensì dell'uno quanto dell'altro!).
Io e lui, infatti, in queste tre decadi di conoscenza, amicizia e frequentazione (a volte metodica e stabile, altre sgangherata e disordinata, tal'altre strana e naif) abbiamo condiviso ben altro ancora, ben altre cose piacevoli e appaganti (della mente, dello spirito santo e anche dei sensi); io e quel cattivo ragazzo (più cattivo, a volte, lo è, credetemi, ma con un cuore gigantesco assai, dei ragazzi più cattivi che siano mai esistiti sul globo terracqueo: gli Stones...Rolling, evidentemente, e non certo Flinstones!) abbiamo condiviso una eterogenea girandola di esperienze e di vita, viaggi, donne...interessi diversi e svariate passioni: in primis quella per la musica, ovviamente, anche quella per la buona cucina (italiana soprattutto), ma anche quello per le donne (noir et rouge sopra tutte), per le moto (Harley unicamente), per le auto (soltanto rouge e con tanti cavalli rombanti all'interno) e per i cavalli (le nere giumente ed i purosangue sauri: che non rombano, evidentemente, ma assai scalciano e nitriscono!). 
E' da dire che per darmi pane (ed anche qualche cosa d'altro, fortunatamente, dato che non si vive solo di quello!) faccio il vocalist (da non confondere, però, con il frontmen, ossia figura di ben più ampia e vasta portata e capacità artistico‐musicali!), cosa invero un tantino inconsueta dalle mie parti per uno come me che ha la pelle bianca, da oltre due decenni al servizio di artisti più o meno noti, tanto in sala d'incisione, quanto in live sessions o vere e proprie tournée. Attualmente, vista la profonda crisi che ha colpito l'intero comparto della musica, incontro sempre maggiori difficoltà a trovare lavoro stabile (uno degli ultimi, alla corte di king Prince, durò appena dieci settimane: ovvero, giusto il tempo, da parte di sua maestà, di incidere il nuovo disco "Walking Through The Stones", che ovviamente ha scalato le hit!) e quindi, spesso, cerco di arrabattarmi come meglio posso in extra working‐time: ad esempio aiutando a montare o a smontare i palchi dei concerti oppure cantando, insieme al mio amico, nei locali più squinternati ed insalubri che ci siano nell'entroterra, nella valley e lungo la costa sud californiana.
Fu proprio durante una delle nostre [intendo mia e di Bon], per così dire, avventurose scorribande musicali (o meglio disavventure notturne mordi e scappa ‐ come le chiama lui, il mio amico ‐ o prendi e fuggi...Goliardiche alquanto e tanto, tantissimo bizzarre, per arrotondare o rinvigorire il portafoglio ed il budget mensile) che conobbi, tredici mesi orsono (sabato più sabato meno), una ragazza...si chiamava Liberty ed era una brunetta snella ed alquanto graziosa, coi capelli tagliati cortissimi ‐ all'inglese, come si diceva una volta, o da maschiaccio birbante che la sa molto lunga davvero, come dico io oggi ‐ e portati con la frangetta sulla fronte; indossava, vieppiù, una vistosa canottiera rossa che rendeva giustizia dei suoi seni piccoli ma turgidi, un attillatissimo jeans bianco marca "wampum" che rendeva giustizia del suo posteriore  bello sodo (messo in risalto, tra l'altro, insieme al suo cespuglioso pube o monte di Venere ‐ spero che abbiate proprio capito di cosa parlo, anzi, scrivo, ‐ dal fatto che non indossasse neanche un misero alcunché di mutandina!) ed un paio di stivaloni neri (stile road‐western) che la slanciavano di molto; inoltre, la damigella aveva il tatuaggio di una rosa gialla inciso sul polso sinistro, portava un orecchino a forma di anello che li ciondolava sul lobo dell'orecchio destro e degli occhialini con la montatura dorata che le donavano una grand'aria da intellettuale e le conferivano quel quid di classe che mai guasta, anche rendendola davvero molto sexy: devo dire, infatti, che è sempre stata quella in una donna, insieme al fatto che essa indossi o meno camicie con pantaloni e giacca, oppure che le porti sopra una minigonna, la cosa che più mi fa impazzire; invero, stuzzicando certe voglie strane e provocandomi un "non so che" di paradossale...Ovvero, paradossalmente pruriginoso! Forse, chissà, ‐ è questione di ormoni in disordine, ‐  mi direbbe don Alfonso Prada, parroco della monumentale chiesa di Santa Dolores del Carmen a Carpinteria, centro ridente sul Pacifico, lungo la litorale della Santa Barbara County, noto ai surfisti per le onde "gentili" e ai più per i suoi straordinari tramonti vermigli e la meravigliosa fauna tropicale che frequenta le sue acque, il quale una volta confessò mio padre tenendolo ‐ ahilui! ‐ sotto i "ferri" per oltre un'ora (spesso mi sono domandato, a distanza di molti anni dall'accaduto, quali monumentali peccati o malefatte dell'altro mondo avesse mai potuto compiere ‐ sic! ‐ il mio vecchio!); anzi, più semplicemente, ‐ trattasi di ipertestosteronemia ‐ come, invece, salomonicamente ma con tono deciso, affermerebbe il mio vecchio medico, George Sullivan, di Sacramento!!
Tutto avvenne [l'incontro casuale, si intende] in un batter d'occhio (o in un baleno se vi suona meglio!), quasi senza che nessuno di noi due se n'accorgesse né avesse potuto proferire parola alcuna (sia che fosse di piacere piuttosto che di disapprovazione) o farfulliare un alcunché di amen (o "squirrt": la classica e goduriosa affermazione, il tipico intercalare d'uso corrente pronunciati, di solito, nelle nostre amene lande centrali di California tanto da una donna che sia venuta dopo l'amplesso, quanto da un uomo che  abbia avuto la capacità, il timing giusto ed il sangue sufficientemente freddo da farla "venire"!), dapprima tra un bicchiere di whisky, mandato giù a bruciapelo, nature ‐ senza ghiaccio e sels ‐ una parola e uno sguardo ammiccante, eppoi tra un ballo guancia a guancia ed un bacio, al Dusty Spring di Torrance, cittadina distante otto miglia da Long Beach e posta in direzione nord (ovvero San Francisco), dove lei [Liberty] svolgeva mansioni di barwoman e miscelatrice  di cocktail ammazzacristiani (e forse anche, chissà, di scopamica alla bisogna: termine ben poco romantico, direi, ma ben appropriato, credo!) ‐  al termine della "serata" (niente di speciale: solito compenso di cento‐centocinquanta dollari più mance dei clienti ed extra dei proprietari del locale per il pieno dell'auto), e si concluse con una indimenticabile, colossale sveltina anale nel bagno delle signore (o dame che dir si voglia), mentre il mio amico era intento ‐ ed indaffarato, evidentemente, più del solito ‐ a svuotare la vescica nel bagno dei signori(o cavalieri che dir si voglia) dai liquidi malsani ingurgitati in abbondanza nelle precedenti ore! Al termine dell'accaduto, o meglio dicasi dell'avventuroso e consenziente misfatto (o fattaccio), la bella Liberty, nel mentre che si ricomponeva e rivestiva, esclamò:
‐ Io, di solito, ho voglia di fare l'amore, poi penso, casomai, con chi e come farlo!
‐ Va bene! ‐ li risposi. ‐ E' tutto a posto, tutto è okey, baby! Siamo stati bene, ci è piaciuto, cosa vogliamo di più, cosa si può cercare di meglio dalla vita se non stare bene e fare le cose che ci piacciono?
Liberty, allora, con fare malizioso ma gentile mi prese entrambe le mani ed esclamò:
‐ Sei in gamba, tu, Lucky! Lo sei davvero: sei veramente una gran bella persona (mi sentii orgoglioso di quelle parole perché era quello che pensavo anche io di lei, cioé una donna molto bella che si era concessa al primo venuto, liberamente, soltanto per il piacere intrinseco di farlo: forse aveva letto dentro di me, scandagliato empaticamente nei miei pensieri...Ma non glielo dissi). Dopo di che mi lasciò le mani, mi strinse le sue braccia intorno al collo e mi diede uno smack sulla guancia sinistra: di quelli che trinciano in due l'universo, che lanciano l'eco e lasciano un timbro indelebile nella testa e nel cuore di chi li riceve...ancor oggi, infatti, lo ricordo come se fosse oggi e non ieri!
Poi, la bella brunetta mi lanciò uno sguardo, coi suoi nerissimi occhi di rugiada (ancor più penetrante e profondo dello stesso smack di prima!) e dopo essersi ricomposta e rivestita tornò in sala, dove nel frattempo, tutti i clienti erano andati via.
‐ Tutto è bene quel che finisce bene, ‐ pensai fra me e me, mentre anch'io, pian piano, mi rivestivo; ‐ e fa pure bene alla salute ed al morale! (e lui, quel losco e strano figuro che ci cammina di fianco come un fantasma, credetemi, era realmente alle stelle!). Ma neanche per idea né per sogno: perché...proprio nulla era concluso e le soprese, ‐ o meglio, la sorpresa, ‐ eran poco più che dietro l'angolo.
La bella, infatti, ‐ proprio lei, ‐ cominciò a discorrere (indovinate? indovinate?) con la bestia...pardon, con il mio amico il quale, nel frattempo, si era a sua volta riavuto dalla sbornia; i due andarono avanti tutta notte (non capii cosa mai avessero avuto da dirsi ma...non importa!), mentre io nel frattempo appisolato su una poltrona in sala. Al mio risveglio (erano poco più delle quattro del mattino: ovvero quattro ore dopo la mezzanotte e otto prima del rintocco delle campane a mezzogiorno, quando avremmo dovuto pranzare, evidentemente!), i due si scambiarono un bacio e cordialmente si salutarono (sembravano, direi, dei vecchi amici piuttosto che persone conosciutesi da poche ore soltanto); poi, io e Bon ci avviammo alla macchina, una vecchia Mustang decappottabile del 1966 (costata la bellezza di sessantaduemila dollari: esclusi cents e nichelini!), color rosso fuoco e un grosso cuore nero dipinto sulla fiancata sinistra. Sulla stada del ritorno non ci scambiammo neanche una parola: la tensione tra noi due era talmente densa che si sarebbe potuta tagliare col coltello. Arrivati a San Isidro ognuno andò per proprio conto ma...
Volete ora sapere, miei cari, quale fu lo "strascico" di quell'incontro a due, ovvero tra me e la lei, così fortuito e...diciamo pure fottutamente godibile (e voluttuoso) nonché alquanto veloce? O meglio, quello [intendo sempre lo strascico] precedente al successivo? Ebbene sì, a sei mesi di distanza dall'inconsulto "fattaccio", cioé da tutto il resto (cadeva il 17 novembre del 2012 ed era pur sempre un venerdì ‐ sebben esso fosse tiepido e assolato ‐ sic!: alla faccia della superstizione!), Bon convogliò (o si arenò, impantanò: dipende, ovvio, dai punti di vista) a giuste nozze con Liberty, infilandogli la fede al dito sull'altare della chiesa Sacra Caridad, a San Isidro: è proprio il caso di dire (per Bon, chiaramente!) che niente è mai impossibile...ovvero: non è mai troppo tardi per niente e nessuno su questa terra!
Ripensandoci ora (a distanza di un po' di tempo: ma a mente fredda e lucida, forse) mi vien da ridere, anzi, da piangere (per l'occasione persa, evidentemente; avrei potuto esserci io, infatti, al posto del mio amico...e Liberty è davvero una gran bella ragazza e una bellissima persona!): io, sempre impeccabile e a modo, dolce e garbato, resto ancora single mentre Bon, un filibustiere con la effe maiuscola, invece...
Quel giorno, al termine della cerimonia nuziale e dop'aver sceso le scalinate della chiesa, mi avvicinai a Bon, ch'era freneticamente intento a stringere mani di parenti e amici e a dispensare sorrisi, baci ed abbracci di circostanza, lo fissai negli occhi ("dritto per dritto": come avrebbe detto di fare il mio vecchio coach dei quarterback, Sonny Sterling, al college, tempo fa!), naturalmente con ghigno bonario, e li sussurrai nell'orecchio destro:
‐ Finalmente, vecchio mio, hai smesso di fare il puttaniere!
Lui, in tutta risposta, dapprima mi disse: ‐ sì, è vero, Lucky, finalmente è tutto finito, lo è davvero questa volta; ho proprio messo la testa a partito! ‐ Dopo di che, col suo fare da figlio di cagna bastonato e remissivo, mi guardò (anche lui dritto negli occhi) e con fare sincero mi abbracciò fraternamente. Si infilò, poi, tenendo per mano Liberty, nella cadillac bianca e nera ch'era ferma davanti alla chiesa, in attesa degli sposi. Non appena il veicolo si mosse, lui, Bon, uscì la testa dal finestrino di destra e rivolgendosi agli invitati, fermi sul piazzale antistante la chiesa, esclamò:
‐ Arrivederci, coglioni!
Era il solito Bon, quello; ma aveva messo la testa a posto (a partito, come aveva detto  lui stesso, poco prima) per davvero.
‐ Era ora che lo facesse! ‐ pensai così tra me e me ed aggiungo, sperando che lui [Bon] non debba mai leggere queste righe; ‐ era proprio ora, dopo aver svolto una onorata ed ultra quarantennale carriera in quelle vesti oltre che in quella di single impenitente, impavido ed arcicontento o spensierato...Impunito.
Si pensi che quel povero ragazzo (Beh!...definirlo ragazzo andrebbe pure bene, ma povero, invece, è davvero un eufemismo!) ricordava a menadito, anni fa, e suppongo li ricordi ancora, i recapiti telefonici delle squillo (altrimenti dette, in Quebec, "entraineuses" oppure, altrove, "ricamatrici borderline" di preservativi!) più rinomate che operassero nel raggio di cinquanta miglia (sicuramente quelle marine o nautiche americane, non certo quelle terrestri o inglesi!) dalla nostra città!
I novelli sposi tornarono a San Isidro dopo lunga luna di miele (durò quaranta giorni) trascorsa prima in giro per il Canada e il centroamerica, dopo (dalla Baja California, in Messico, al Belize, dal Costarica a Panama, Cuba, Giamaica e Santo Domingo).
Adesso, però, dopo aver praticato con tanta devozione e discretissima quanto sistematica léna e caparbietà (così per gioco...ma tanto caparbia d'aver avuto bisogno, a volte, per riprendersi, d'annusare i sali ‐  come fanno i boxeur durante il match ‐ o sniffare un po' di finisssima, e sicuramente non candida, "spring's snow", altrimenti nota come mescalina bianca!), nonché numerose volte (anzi, direi proprio dop'averlo fatto tante, tantissime volte, sinanche a rasentare la nausea) il tira e molla, ovvero il dacci dentro c'altri non è se non la millenaria arte e sopraffina (per alcuni, e molte volte, a mio avviso, lo è: basta frequentare alcuni popoli e studiare la loro cultura, o leggere determinati testi come il Khamasutra, per averne sentore e conferma!), della copulazione, i due soggetti (o meglio soltanto lei, Liberty, visto che, sino a contraria prova, e nonostante i progressi fatti dalla medicina, in particolare la moderna ginecologia, ‐ vitro, provette, elisir magici e quant'altro ‐ la gravidanza resta ancora una prerogativa della donna piuttosto che dell'uomo), aspettano una puer...ovvero una bambina che, come lui stesso [Bon] mi confessò tempo fa (essendo, però, d'accordo con la sua dolce metà), chiameranno Janis in onore, evidentemente, della famosa rock‐singer degli anni sessanta‐settanta Janis Joplin, appunto, di cui entrambi sono sfegatati cultori: molti la ricorderanno (spero, però, siano ancora di più, ossia milioni!), la soprannominarono "The Pearl" o "brutto anatroccolo" (nomignoli affibbiatili dalla critica e dai media piuttosto che dai fans), aveva una splendida voce, ruvida e pungente (pungenti erano pure i suoi testi, scritti e poi da lei stessa cantati), il sangue black nelle vene e l'anima black. Andò via dalla  musica e dalla vita troppo presto e divenne una icona al femminile della decade d'oro del rock mondiale, al pari dei due Jimmies, Morrison e Hendrix, che lo sono al maschile.
Orbene, mi domando ora quale possa essere la morale di questa breve storia del "circular triangle" o menage (veloce) a trois tra me, Bon e Liberty appena raccontatavi? (Ammesso e non concesso, però, che debba giuoco forza essercene sempre una). Direi proprio che potrebbe essere la seguente: il susseguirsi delle casualità ‐ davvero mai banale ‐ (è) correlato agli imprevisti nella vita di ognuno di noi: ovvero, la stessa cosa (che) va in un modo ad una persona ‐ bene o male, chissà ,‐  al contrario va o può andare, ‐ bene o male, chissà, ‐ ad un'altra!

da: "Le memorie strane di un asino pazzo a stelle&strisce chiamato Lucky", 2014).