Cattolici E Fascisti
Era una piovosa giornata ottobrina del 1940 XIII° dell’era fascista, il professor Eugenio Gatti stava uscendo di casa dalla sua villetta in viale della Vittoria a Jesi, in quel di Ancona per recarsi nella scuola ginnasio-liceo classico, il suo umore era paro paro con il tempo, ne aveva ben donde. C’era in giro aria di epurazione nel senso che il regime, tramite io suoi scagnozzi, stava togliendo di mezzo quelli che loro consideravano nemici pericolosi. I più infidi venivano purgati con generose dosi di olio di ricino che costringeva gli interessati a non uscire di casa per vari giorni ed in sosta quasi permanente nella propria toilette. Nei casi un po’ più gravi, come l’esser ebrei, licenziamento dai posti di lavoro. Come venivano scoperte le famiglie ebree? A scuola ai bambini venivano fatti abbassare le mutande e la circoncisione del pene era la prova dell’appartenenza a quella religione tanto odiata anche dai nazisti. Un caso particolare quello degli atei. Dopo i vergognosi Patti lateranensi dell’11 febbraio 1929 tra lo Stato Italiano e la Santa sede i più integralisti dei cattolici consideravano un offesa la teoria atea e cominciarono e ‘stanare’ quelli che non frequentavano le chiese con all’inizio richiesta di chiarimenti che, se non sufficientemente provati provocavano agli interessati gli stessi provvedimenti ‘propinati’ agli ebrei. Il professor Gatti sin dai tempi dell’Università era uno studioso di lingue estere, conosceva perfettamente oltre al latino ed al greco, sue materie di insegnamento ed anche il tedesco e lo spagnolo oltre che l’aborrito inglese, i fascisti chiamavano l’Inghilterra la ‘Perfida Albione’. Per il professor Gatti quella era un mattina sfortunata: all’ingresso del plesso scolastico incontrò Settimio Famiglini da lui bocciato per la sua crassa ignoranza e soprattutto perché aveva poca voglia di impegnarsi nello studio. “Professore che piacere incontrarla, è un bel po’ che non ci vedevamo, da quando lei mi ha bocciato senza motivo. Voglio essere generoso non denunziandolo al partito per il fatto che lei non frequenta la chiesa, in giro si dice che è angostico, perché stamattina non entra alla ‘Madonna delle Grazie’ è qua vicino.” Gatti pensò: “Piacere un cazzo, ho fatto bene a bocciarti non sai pronunziare la parola agnostico.” E poi: stamani, causa il tempo, mi si è riacutizzata la lombaggine, anzi sto andando dal Preside per chiedergli di essere autorizzato andare dal dottor Massimo Pileri perché mi prescriva una cura.” “Professore per questa volta…ma stia attento io la curo!” “Maledetto, mille volte maledetto mó vuoi vedere che ogni mattina devo andare in chiesa e diventare un bacia pile, per fortuna conosco don Francesco. Il prete, in tempi non sospetti, era stato in Inghilterra ed aveva appreso le norme che regolano la democrazia, mal sopportava il regime fascista ma stava ben attento a non mostrare le sue idee. Don Francesco accolse con calore il professor Gatti, lo stimava molto e: “Fratello posso offriti la colazione, sto andando al bar Ciro qui vicino.” Il professor Gatti ne approfittò anche se di solito saltava la prima colazione, cornetto e cappuccino lo sollevarono di spirito. Finito di mangiare raccontò quello che gli era capitato attimi prima. “Non ti preoccupare, tu sai che da democratico convinto accetto tutte le teorie non violente, ogni mattina vieni in chiesa e poi facciamo colazione insieme.” Don Francesco aveva fatto un’altra opera buona, aveva assunto come chierichetto un non più giovane Andrea, nome che può essere imposto sia ai maschietti che alle femminucce. In questo caso era azzeccato Andrea era omosessuale condizione inammissibile per i fascisti che si consideravano di razza ariana e quindi pura. Per gli omosessuali la punizione minima era il confino nelle isole Eolie, lì c’erano finiti vari intellettuali. Un esempio Carlo Levi autore del libro ‘Cristo si è fermato ad Eboli’ confinato in Lucania. A Jesi altro ateo convinto era il Commissario di P.S. Alfredo Minazzo che giustificava con i suoi impegni istituzionali la non frequenza continuativa della Chiese, nemmeno i più fanatici fascisti osavano contraddirlo, avevano molto rispetto per l’Autorità costituita. Altro seguace dell’ateismo era Armando Minazzo, figlio del commissario che aveva evitato di essere arruolato nell’Esercito e come alcuni suoi coetanei inviato in Russia da dove non erano più tornati. Con i loro scarponi di cartone ed il fucile 91 i soldati italiani erano patetici rispetto agli equipaggiamenti e ai armamenti dei tedeschi e dei russi. Un giorno un fanatico fascista aveva messo in dubbio che il figlio del Commissario avesse una gamba di legno in seguito ad incidente stradale, incontrandolo per il corso aveva battuto col suo bastone nella gamba incriminata e solo allora si era convinto. Armando era un benefattore nato, funzionario di una banca aveva acquistato una moto con sidecar per portare alle famiglie disagiate dei beni di prima necessità che riusciva ad avere senza tessera, come allora d’obbligo per acquistarli, presso amici abbienti e generosi che si rifornivano al mercato nero. Il sidecar era usato da Armando anche per andare alla stazione e ‘approvvigionarsi’ a spese delle Ferrovie dello Stato, con la complicità di un amico ferroviere del carbone che usava per riscaldare la sua casa in cui abitava con sua moglie, due figli, suo padre, sua madre e tre sorelle nubili, un lusso che pochi potevano permettersi a Jesi. C’è da domandarsi che fosse l’allora capo dello Stato: c’era la monarchia ed un re a nome Vittorio Emanuele III° detto ‘pippetto’ per la sua bassa statura. Per sopperire a questo ‘inconveniente’ l’interessato indossava, con pochi risultati un copricapo molto alto; migliore fu la sua scelta di impalmare un donnone, Elena del Montenegro che gli ‘sfornò’ un maschio e quattro figlie femmine, la successione era assicurata. Il cotale aveva avallato il colpo di Stato di Mussolini, era un pusillanime tanto che, quando i tedeschi divennero dei nemici pensò bene di fuggire dalla reggia di Roma e di recarsi a Brindisi creando, sulla carta, un’Italia formata dalle province di Brindisi, Bari, Lecce e Taranto, i suoi colleghi del nord Europa, al suo contrario, si erano aggregati ai partigiani, un figura di…. Tale decisione fu di intralcio per suo figlio Umberto, che gli era succeduto nel Regno per l’abdicazione del padre allorché ci fu un referendum vinto dai repubblicani anche se con sospetto di brogli. Anche a Jesi con la fine della guerra la situazione politica cambiò: il sindaco Giuseppe Carotti prese la via dell’esilio rifugiandosi in Argentina dove poteva contare su parenti colà stabilitisi, fu seguito anche dal capo dei Vigili Urbani Gino Scortichini mentre altri, compromessi col precedente regime, prima della fine della guerra cambiarono bandiera e salvarono il…Un situazione curiosa per le ‘signorine’ che avevano avuto contatti sessuali con gli ex nemici: furono tutte rapate a zero! Tutti gli Jesini si diedero da fare per la ricostruzione della città, Armando ebbe una gratificazione da parte di coloro che aveva aiutato con cibarie durante quel periodo nero della guerra, gli fu intestata una piazza. E il professor Gatti? Sessantanovenne insegnava ancora alla quinta ginnasiale, era diventato un mito per tutti, gli studenti che seguivano in silenzio le sue lezioni. Quando andò in pensione fu organizzata una gran festa con la partecipazione di tutta la sua classe, manifestazione di affetto che portò alle lacrime il professore il quale visse ancora a lungo dando, gratis, ripetizioni agli alunni dei meno abbienti.