Che stronzo!

Chissà se mi richiamerà, pensò Sara uscendo dal bar in cui lavorava. Erano le due del mattino, quella sera si fece tardi perché il figlio del titolare festeggiava lì il suo diciottesimo compleanno e aveva bisogno di personale. Lei era una delle più brave e la sua paga era buona dato che lavorava anche nei suoi giorni liberi per potersi mantenere da sola.

Salì in auto e avviò il motore, voleva tornare presto a casa perché era stanchissima. Per far prima decise di prendere una scorciatoia e quindi data l’ora tarda sperava che sul corso non ci fosse nessuno. Pensò bene, dato che intravide solo due persone che passeggiavano alla sua destra. Lì guardò bene e intravide una sagoma molto famigliare, il cuore le cominciò a battere forte e non tardò ad arrivare il fiatone. Voleva piangere, non voleva credere a ciò che i suoi occhi le stavano mostrando in quel preciso istante. Non voleva credere che Marco, il ragazzo che fino a dieci ore prima la chiamava ogni dieci minuti giurandole su tutto quello che aveva di più caro al mondo di amarla e di volerla sposare fosse lì, in quella strada ormai quasi deserta a passeggiare con una ragazza che lei non conoscesse.

Spinse senza pensarci su neanche un altro secondo il piede sull’acceleratore, scappò via da quel posto che per lei rappresentava un qualcosa di importante, scappò via da quel posto che le fece conoscere lui. Un ragazzo dolce, serio, innamorato della vita, furono queste le sue prime impressioni. Anna invece gliel’aveva detto che non le piaceva, che i suoi comportamenti erano strani e che non si fidava di un tipo così. Adesso si sentiva in colpa di averla aggredita più di una volta, di averle detto delle cose tremende e senza alcun senso solo per difendere lui e di aver rovinato un’amicizia stupenda, di ben dieci lunghi anni solo per lui.

Arrivò a casa ancora sconvolta, scese dall’auto con gli occhi gonfi e pieni di lacrime. Varcò la porta d’ingresso e si diresse immediatamente in camera da letto, sbatté la porta dietro di sé e si lanciò sul suo letto dando sfogo finalmente a tutta quella rabbia repressa che stava cercando di trattenere dentro di se.

Con la sua mano destra cercava nella tasca dei jeans il suo cellulare, lo trovò e guardò il display, aveva ricevuto un messaggio da lui.

Amore, tu sei la cosa più importante che ho. Voglio ufficializzare il nostro rapporto, domani alle 10:00 vengo a casa tua con una persona. Voglio fartela conoscere.

Smise di piangere, tutto il dolore che aveva adesso cacciato fuori si tramutò in rabbia. Giurò a se stessa che quando avrebbe bussato alla sua porta lei gli avrebbe aperto e lo avrebbe picchiato davanti a questa fantomatica persona senza volto. Questo fantasma senza nome.

Ore 9:57, il campanello suonò.

  Sara frettolosamente aprì la porta, e senza pensarci neanche un secondo rifilò uno schiaffo alla persona che si ritrovò davanti. Questa persona era Giulia, la sua migliore amica che sconvolta le disse, ma sei per caso impazzita? Sara l’abbracciò forte quando si accorse di aver commesso uno sbaglio, la fece entrare e le raccontò tutto, fu proprio in quel preciso istante che arrivò lui.

Ad aprire la porta fu Giulia, Marco non capiva e ad un tratto esclamò, e Sara? Dov’è?

Sara si nascose dietro la porta, poi si fece coraggio e si mostrò finalmente a lui. Con quale coraggio vieni qui dopo che ieri sera sei uscito con l’amante? Disse, lui rise e lo accompagnò anche la donna misteriosa che lo accompagnò quella mattina. Amante? Disse lui ridendo ancora, ma se ieri sera era con me, ribatté lei. Piacere, sono Sonia, sua sorella. Voleva che ci conoscessimo.

Sara morì dall’imbarazzo, non poteva credere ai suoi occhi. Aveva trascorso l’intera notte a piangere per un qualcosa che non esisteva, aveva pianto per una sorpresa che lui le stava organizzando.

Baciò Marco, poi disse senza alcun imbarazzo davanti a sua sorella, Ti amo vita mia.