Chilometri da fare.
Ci sono nato, in questo paesino di provincia, e quando giungerà il mio momento sicuramente ci dovrò morire. L’ho odiato, quando ero un ragazzo, e tutte le volte che mi era possibile me ne andavo via, con i miei amici certamente, ma anche da solo, a cercare chissà cosa persino non troppo lontano, a Pisa magari, che invidiavo perché era sempre piena di studenti, oppure al mare, poco più avanti, ogni volta che la stagione era propizia. Mi andava stretta questa maniera di conoscerci tutti e di sapere qualsiasi cosa l’uno dell’altro, e quegli sguardi di qualcuno, lungo la strada principale, magari mentre stazionavo davanti alla Casa del Popolo, che mi davano già uggia anche soltanto a immaginarli. Le ragazze mi piacevano, però ero un po’ timido, anche se sapevo che con una di loro, forse quella giusta, avrei potuto andarmene ancora più lontano, e chissà per quanto tempo. Andare dove poi, questo non sono mai riuscito a stabilirlo, ma forse mi sarebbe bastato abbandonare Calci, almeno giungere in un luogo dove nessuno mi aveva conosciuto fino all'ora. Poi però iniziai a lavorare; avrei tanto voluto entrare come operaio alla Piaggio, a Pontedera, ma la mia domanda non venne mai presa in considerazione, così iniziai a dare una mano ad un amico di mio padre, nell'unica officina d'auto del paese. Il fascino della grande fabbrica era forte, ma a quell'epoca mi feci bastare i cambi d'olio dei motori, e le riparazioni elementari su macchine stravecchie, fantasticando di essere in una grande azienda, dove, cascasse il mondo, suonava la sirena, e gli operai andavano a pranzo tutti assieme.
In un piccolo paese poi, basta avere avuto una compagna delle scuole che all’epoca ti piaceva un po’ di più di tutte le altre, e quando infine la incontri di nuovo vedi subito che adesso è già più grande, più donna, quasi attraente, così la inviti fuori, e allora bastano appena due o tre volte, affinché tutti quelli che incroci stiano pronti lì a strizzarti l’occhio, tanto che sembra tu abbia già fatto la scelta della vita. Ti ferma per strada qualcuno che neanche conosci, ti dice qualcosa di Annarita, e allora all’improvviso non hai più neppure bisogno di spiegarti, le cose sono già composte, difficilissimo tirarsi indietro, se anche minimamente lo desiderassi. Il resto, in pratica a cascata, va avanti quasi da sé, senza alcun bisogno che ti metta a pensarci troppe volte, tanto che di colpo sei un giovanotto come tutti che sta per metter su casa e famiglia con una del paese. Non c’è più alcuna possibilità di tirarsi indietro, e allora dimentichi forzatamente qualsiasi desiderio avessi avuto in precedenza, anche se comunque in qualche modo ti senti soddisfatto di quello che ti sta accadendo, e praticamente ti immagini completato da un rapporto così bello che non avresti potuto desiderare meglio nella vita.
In fondo, chi se ne importa di lavorare a Pontedera, o di qualche sogno di ragazzo che adesso non ricordi neanche più, e che sei pronto subito a smentire con chiunque, casomai te ne chieda qualche notizia. Non c’era niente di serio, e neppure di importante, le tue giornate adesso sono segnate, non c’è più alcuna possibilità di immaginare altro. L’odio per il tuo paese di provincia è oramai alle spalle, dimenticato, fa parte forse del retroterra di qualsiasi ragazzo della zona, come qualcosa che sembra inevitabile per chi nasce in un posto come questo. Le cose vanno avanti, e alla fine ti contenti di quello che sei riuscito a costruire, anche se riesce a dimostrarsi esattamente quello che tutti quanti si aspettavano da te, fin dagli inizi. Ma cosa importa, poco dopo appaiono i ricordi, la nostalgia per qualcosa mai successo, e le piccole soddisfazioni di ogni giorno. Ricordi un elemento vago, nell’ombra appannata dei pensieri, quando stai da solo: forse un’idea, una sfumatura, un’espressione; magari un viso, di qualcuno che è sparito a un certo punto, o di quella ragazza che una volta ti ha sorriso, e tu non hai capito sul momento cosa mai volesse farti capire.
Poi arriva uno che conosci e che ti porta i suoi saluti, e tu resti come un ebete, immaginando di riavvolgere di colpo questi vent’anni o trenta, e di tentare l'inseguimento di quello che avrebbe anche potuto essere, con lei che adesso sai che vive in una grande città molto lontana, dove sicuramente non le manca niente di quello che avresti potuto mai desiderare. Eppure, lei trattiene ancora dentro di sé un ricordo simile al tuo, e d’improvviso sa esprimerlo al meglio, come se ci fosse stato un sogno a colori fatto assieme, in chissà che notte, nella completa assenza della luna e delle stelle. Non importa, va bene così, l’immaginazione a volte porta lontano, anche se i tuoi pensieri proseguono a svilupparsi mentre di nuovo fai soltanto un cambio d’olio, o una semplice riparazione su una macchina di terza mano, che non avrà ancora molti chilometri da fare.
Bruno Magnolfi