Christmas Dinner
Stava seduto sulla poltrona in finta pelle nera con la faccia rivolta allo schermo del computer.
La fluorescenza del monitor rendeva la cute del volto e delle mani colore azzurrognolo biancastro.
Carlo Rossi componeva parole per risposta ai commenti lasciati dagli amici e lettori all’ultimo racconto horror, edito sul “Blog” personale.
C’era di tutto.
Dai saluti per il Natale, ai complimenti per le foto di figli e nipoti.
Si dedicò ai più pertinenti tra questi e impilò: Ti ringrazio per la visita ed i bei complimenti. Sì, è giusto, il racconto è una visione onirica infarcita di ossessioni...
La moglie lo chiamò in quel momento: Carlo, mi daresti aiuto? disse dolcemente parlando sull’uscio della cucina ‐ sono in ritardo col preparare la tavola.
Erano quasi le sette di sera e tante le cose daffare prima dell’arrivo degli ospiti.
‐ Un attimo soltanto, ringrazio i miei amici, rispose e in cerca di comprensione da parte della compagna aggiunse ‐ sai l'ultimo lavoro sta andando bene…
Era mai possibile? Si domandò la moglie.
Sempre impegnato con quella passione.
Poi sbuffò e disse: Sì, amore. È andato assai bene il tuo raccontino. Lo so. Me lo hai detto.
Del resto Carlo tutti i giorni le faceva il riassunto di quanto aveva scritto e delle reazioni dei lettori.
Non che non fosse contenta per lui, ma davvero: il marito sembrava non avere altra passione di scrivere.
Del resto con la pensione, aveva acquisito molto tempo per sé e non c’era niente di male a trascorrerlo alla tastiera.
Forse la moglie, Maria avrebbe preferito vederlo inchiodato sul divano di casa a vedere la Tv o che lo trascorresse a giocare a carte o alle “macchinette” del bar?
Lei tornò a sfaccendare.
Lui riprese a osservare lo schermo.
Rilesse quanto finito di scrivere ad Eleanor.
Indubbiamente un grazioso sostantivo femminile in grado di nascondere di tutto, da una bella principessa ad uno qualsiasi dei sette nani.
Per quanto la conoscesse da un poco di tempo, Eleanor poteva veramente essere sia il lupo cattivo in cerca di cappuccetto rosso o la nonna o anche l’orco cattivo di Pollicino, seppure, in alcuni momenti, si soffermasse a pensarla al pari della dolce fatina di Pinocchio e fosse tentato di domandarle il telefono all’insaputa di Maria.
Per certo però, Eleanor era un suo lettore assiduo e aveva lasciato un commento.
Non risponderle sarebbe apparso come mancanza di rispetto o da spocchioso.
‐ Sono davvero contento che tu abbia gradito il racconto Eleanor. Spero di scrivere ancora parole così belle come mi è capitato. Mi siete tutti vicini, grazie!
Sì, indubbiamente interessare con i ringraziamenti tutto il pubblico pareva essere una buona idea degna di un grande autore.
Passò all’amico Adalberto.
Di lui ricordava che abitasse a Milano, no, anzi: a Torino, sì era quello il luogo.
In passato aveva scambiato con lui dei messaggi in privato e si erano persino telefonati decidendo di darsi supporto.
L’uno avrebbe parlato bene dell’altro e scritto ancor meglio sulle qualità artistiche del collega tanto da consolidare la bravura.
Poi l’amicizia era finita e da un poco di tempo Adalberto sembrava essere diventato fin troppo critico nei suoi confronti.
Che il vecchio patto non reggesse più?
Carlo scrisse: Mi spiace Adalberto che tu non abbia compreso a storia, o, mise il segno di un trattino, per meglio dire, il titolo. Si tratta di un semplice thriller: “L’orrore corre sul filo del telefono”, non mi era sembrato male e l’ho intitolato in questo modo, non certo per via della bolletta. Siamo in crisi nera, certo, ma ci gioviamo d’abbonamento alla linea telefonica grazie al cielo a tariffe speciali . Fai bene però a precisare che in realtà non si tratta di un filo come riportato nel testo, ma di un doppino. È vero, così come: tu fai l’elettricista alla Telecom. Non negare, lo so e capisco quanto sia frustrante combattere ogni giorni con utenti scontenti. Ad ogni modo è un titolo. Nulla di grave. Mi aspetto di risentirti. Ciao. Carlo.
Forse era stato troppo duro con lui ma anche Adalberto: perché scrivere certe cose?
Lo sollecitò nuovamente Maria, una donna buona e bella ma sempre più indaffarata e in ritardo con i tempi: Amore che fai, vieni ad aiutarmi?
‐ Arrivo! Rispose.
Aveva promesso di darle una mano con le cose, ora però che era arrivato il momento non aveva voglia e intendeva starsene in pace.
‐Sono in ritardo. Aiutami! Ripeté stizzita Maria, uscendo nel corridoio con il cumulo di posate da sistemare in tavola.
‐ Sì. Spengo il computer e vengo da te. Concluse lui quando mancavano poche righe per terminare anche l’ultimo commento.
Sarebbe stato brutto e sconveniente per Lucifero: un visitatore mai conosciuto prima non avere attenzione quando agli altri l’aveva dedicata.
Decise di replicare alle osservazioni di Lucifero in maniera veloce: No, Lucifero, scrisse, non c’è pericolo il virus omicida sconfini nella vita reale e si diffonda tramite internet perché oggi usiamo il wireless. Le cose che affermi potevano accadere anni fa quando si usava il doppino. Ciao. Stai bene.
Si girò su se stesso per scollegare la presa della corrente; non avrebbe usato il PC fino all’indomani e l’aveva afferrata quando s’accorse con la coda dell’occhio di un’ombra minacciosa alle spalle.
Ebbe unicamente modo di lasciar cadere a terra il filo elettrico e sollevare a mezz’aria la mezza risma di carta per la stampa, smazzata ore prima e lasciata di fianco sul piano antico della scrivania che la lama del lungo coltello d’acciaio pensato per tagliare il pane si infranse su di essa lacerando diversi fogli del pacco.
‐Diamine! Imprecò rivolto alla moglie ‐ Mi vuoi ammazzare?
‐Scusami amore! Rispose lei, apparsa subito costernata per l’accaduto e stringendosi il polso indolenzito per la violenza del rinculo sul cumulo di fogli ‐ Non so proprio cosa mi ha preso!
Maria era sincera.
Si vedeva dagli occhi sereni, seppure vacui e lattiginosi che aveva.
Carlo badò a raccogliere il coltello e sistemarlo da parte, al sicuro.
Doveva essere accaduto qualcosa in lei, si disse, Maria non era una persona violenta e mai che portasse rancore, per ciò, le domandò ‐ Dimmi amore con cosa stavi lavorando in cucina?
Era certo di venire a conoscere la ragione per tale assurdo atteggiamento.
‐Ho acceso la grattugia elettrica per sminuzzare del pane! Disse lei con naturalezza.
‐Non fa nulla, amore. Ho capito, rispose aggrottando le ciglia.
‐Mi perdoni allora? Domandò Maria con tono incerto. Era accanto a lui e stava cercando di superare il dolore alla mano.
Del resto era davvero un fatto grave aver sferrato una coltellata al marito.
‐ Certo. È colpa mia. Continuavi a chiamarmi ed io a ripeterti di darti una mano senza farlo: è normale che tu ti sia adirata.
‐Amore mi spiace veramente. Insistette Maria prima di mettersi a piangere al pensiero che Carlo fosse un uomo proprio tenero a perdonare il momento di disagio.
L’asciutto suono del citofono risuonò nel silenzio dell’abitazione richiamandoli alla realtà.
Fra pochi istanti la tranquilla casa, immersa nel silenzioso e nell’elegante comprensorio di città, si sarebbe riempita d’amici e parenti e chissà quanti bambini, venuti con loro a festeggiare la notte di Natale.
‐ Andiamo in salone amore, ti darò l’aiuto cercato disse Carlo avviandosi nel corridoio e avvicinandosi alla porta d'entrata con lungo coltello celato dietro le spalle.
Trascorsa la mezzanotte avrebbe cambiato il titolo al racconto horror pubblicato, in: “L’orrore si trasmette dalla linea elettrica di casa.”
Sì, il cambiamento gli parve indubbiamente appropriato, poi assieme a Maria spensero le luci del salone e lasciarono che il chiarore intermittente dell'albero di Natale attirasse gli invitati nella stanza e solo allora, lentamente accostò l’uscio fino a chiuderlo.