Cinque personaggi per uno scrittore senza talento
Salve, mi presento sono Bart Stephenson, scrittore che ha avuto un successo inaspettato col suo primo libro e vorrei raccontarvi la mia storia, qui, sul cornicione del dodicesimo piano del palazzo del mio editore e talent scout, John Frugatti.
Potrei cominciare con "Era una notte buia e tempestosa..." oppure con "Stavo seduto al bar, bevendo il mio caffè quando..." o addirittura con "C'era una volta, un ragazzo che..." ma ho finito i cliché e quello che ho da dirvi è soltanto la verità o buona parte di essa. Ormai avevo tentato tutto: scrivere un musical, un romanzo, un giallo, un noir, una sceneggiatura per un film, la lista della spesa, una raccolta di poesie. Nessuno mi voleva pubblicare. Mi dicevano: "Già letto...", "Questa sembra la fotocopia di Rambo, se vuoi chiamo Stallone per il ruolo principale...", "Questo è interessante!" ma era rivolto alla lista della spesa. I personaggi nelle mie storie erano scontati e di conseguenza lo erano anche le storie. Non riuscivo a creare il carattere giusto per farli emergere.
Ad esempio il soldato T.D. Smitherson era un reduce, unico sopravvissuto del suo battaglione, che voleva semplicemente tornarsene a casa finita la guerra e invece ne iniziava una nuova appena entrato nella sua contea.
L'investigatore Dalten era sempre occupato a combattere il suo alcolismo e a risolvere intricati delitti senza risparmiarsi, soprattutto col whisky.
Martin de Chaque era un cuoco pasticcione nato in un piccolo paesino della Francia che voleva diventare il più grande chef di Parigi e veniva aiutato da chi? Un gatto parlante.
Nemmeno la storia di Ricky De La Santè diceva un granché agli editori, la vita di un fashion designer omosessuale, col sogno di lavorare per una grande casa di moda a New York con la fissa per gli accostamenti tra colore di smalto per unghie e vestitini per barboncini.
Così stremato dal mio ennesimo giro a vuoto per cercare di vendere le mie scartoffie, tornai a casa, strascicando i piedi. Una volta dentro ho fatto quasi un infarto. Cinque figure mi stavano aspettando. Uno atletico, in divisa mimetica, stava controllando il suo mitra. Un altro barcollando stava rovistando tra i cassetti e di tanto in tanto beveva da una borraccia di metallo che nascondeva nel cappotto. Il terzo uno smilzo col ciuffo viola e gli occhiali asimmetrici stava selezionando i miei vestiti, buttando sul letto quelli che andavano bene e lanciando per terra quelli che andavano male. Sfortunatamente si era salvata solo una camicia hawaiana. Quello corpulento stava armeggiando con l'apriscatole per tentare d'aprire una scatoletta ma notata la data di scadenza rinunciò. Mi venne incontro l'ultimo strano ospite. Il gatto si era fermato davanti a me e mi fissava con i suoi occhi arancioni: ‐ "Noi e te, miao, dobbiamo parlare seriamente su come ci stai trattando nelle schifezze che stai scrivendo. Miao, se dobbiamo continuare a lavorare insieme segui le nostre istruzioni e non te ne pentirai, miaooo". Sono svenuto.
I personaggi davanti a me si lamentavano di come li facessi vivere. Così ogni sera a turno si mettevano al mio fianco alla scrivania e mi raccontavano quello che volevano fare. Mi limitavo solo a battere al computer per loro.
Il cuoco e il gatto cucinavano cenette da gran ristorante, ovviamente annaffiate dalle scelte enologiche dell'investigatore che chiese perciò di passare da "alcolizzato" a "intenditore di vini". Lo stilista un po' alticcio una sera fece una proposta al gruppo: ‐ "Perché non ci scambiamo i generi? Vorrei tanto provare un'avventura in mimetica come Tiddy..." Tiddy ovvero T.D. si mise a ridere fragorosamente: ‐ "Te non dureresti una pagina immerso nel fango di una jungla attorniato dai Viet‐cong... cosa faresti, li graffi tutti a morte?!". Dalten stappando un'altra bottiglia intervenne: ‐ "Perché no? Potrei farmi un giro nei ristoranti di Martin evitare per un po' gli omicidi, prendermi una pausa...". Dominic, il gatto, come si era fatto ribattezzare si stiracchiò: ‐ "Vorrei anch'io, miao cambiare genere, se ti va li risolvo io due o tre casi di omicidio al posto tuo, miaooo". T.D. colpendo coi pugni sul tavolo: ‐"Volete venirmi a dire che magari io dovrei andare a coordinare cappellini e scarpette per le modelle di New York? Finalmente vedrò un pò di passera, ci sto!" e Martin spegnendo il gas concluse "... e se Dominic ha bisogno di un assistente per le indagini sono pronto, mi sembra sia la ricetta giusta per ravvivarci!". Ero alla loro totale mercé e più scrivevo per loro e più sparivano i miei pensieri. La vera catastrofe avvenne quando consegnai per sbaglio il plico con le storie strampalate a Frugatti. Temevo di venire deriso fino alla morte e invece l'editore cascato dalla sua poltrona in pelle ha cominciato a chiamare un numero dopo l'altro e a faxare parti dei racconti ai manager della casa editrice e nel giro di due settimane il libro era su tutti gli scaffali e tradotto in più lingue. Persino un film era in progetto presso una famosa casa cinematografica.
Dovrei essere contento no?! Finalmente fama e gloria. Purtroppo mi hanno chiesto un seguito al libro, con gli stessi personaggi. Non voglio mentire ai lettori, le storie non sono create da me e per questo mi trovo qua, sul cornicione deciso a scrivere la fine della mia storia, ma a modo mio.