Cuore comandato

“Vuoi che ti porti qualcosa da bere, tesoro?”
“Sì, un Aperotto, bello ghiacciato, grazie” comunicò Sergio a Veronica e, mentre la guardava allontanarsi, con le scarpe a tacchi alti; le gambe senza calze, lisce, glabre; i suoi capelli castani, lunghi, eccitanti; il corpo sodo, tonico; pensò a quanta fortuna avesse avuto. Finalmente Veronica era sua, era diventata la sua donna. Quanto aveva sofferto per averla, rifletté. Le delusioni, i rifiuti, le prese in giro, gli insulti; ma ora eccola qui, una donna così bella solo per lui. Alla fine, Veronica aveva accettato di vivergli accanto, perché lo amava, di questo Sergio ne era sicuro, era l’unica sua certezza nella vita.
“Ecco qui, un Aperotto bello gelido per il mio caldo amore.” Veronica porse il bicchiere a Sergio e, mentre Sergio s’apprestava a bere il suo drink, Veronica lo prese tra le braccia e lo strinse forte: “Il mio amore, il mio grande amore, oh quanto ti amo Sergio, lo sai che ti amo ti amo ti amo…”
A Sergio cadde il bicchiere dalle mani e andò a morire sul pavimento; divenne tutto rosso in viso e appena poté esclamò: “Veronica basta! Ma che ti sei ammattita! Mi fai male, smettila dai!”
“Cosa c’è amore? ti ho fatto male? Scusami! oh scusami non volevo lo sai che ti amo, perdonami, Veronica ti chiede scusa non voleva farti male…”
“D’accordo, ok, non è successo niente dai, adesso non ci pensare, magari cerca di pulire il pavimento che è pieno di vetri sennò poi il tuo Sergio si fa male e soffre tanto”
Veronica svelta svelta s’alzò dal divano e andò a prendere scopa e paletta, mentre Sergio, ancora rosso in viso, il suo muscolo vitale a seimila e il suo cervello in tempesta, cercava di mettere un po’ d’ordine nei suoi pensieri.
Veronica era troppo aggressiva, impetuosa, considerò. È vero, era stata proprio quella una delle sue qualità dopo l’aspetto fisico per cui si era innamorato di lei, ma adesso si rendeva conto che questo tratto della personalità della sua compagna veniva spinto troppo oltre, per così dire. Ma Veronica era così, ragionò Sergio, e tentare di cambiarla, gli pareva brutto, poiché sarebbe stato un po’ come snaturarla, e le persone, specie quelle che amiamo, vanno accettate così come sono, altrimenti non è vero amore.
Appena Veronica terminò il suo lavoro, tornò a sedersi sul divano accanto a Sergio.
“Ce l’hai con me, vero?”
“Ma no, Veronica, non ce l’ho con te, io ti amo lo sai, è che devi stare attenta, lo capisci, vero? Quando fai queste cose, se non usi una certa delicatezza, rischi sul serio di farmi molto male… ma forse un po’ è anche colpa mia, non lo so… devo vedere…”
Sergio guardò il corpo di Veronica, bello, eccitante, suo. Iniziò ad accarezzarla prima sul seno, poi la mano scivolò giù fino all’ombelico, ora Sergio si stava eccitando. Incominciò l’esplorazione seria… sentiva… oh cosa sentiva? Veronica lo fissava tutta sorridente, i suoi stupendi occhi inchiodati su Sergio.
“Oh sì amore mio, quanto mi piace, quanto sei bello, continua dai, fammi quello che vuoi, sono qui per te, coraggio voglio sentire…”
Vennero interrotti. Il campanello.
“Aspetta qui, torno subito.”
Sergio aprì la porta di casa.
“Scusami Sergio, mi serve urgentemente un cd rom vergine, ché domattina devo consegnare una relazione alla commissione universitaria, ne avresti uno?”
Sergio osservò attentamente la donna che gli era davanti: le stesse emozioni di sei mesi fa. Lo stesso carattere di sei mesi fa. Certo, ora che le serviva qualcosa ci veniva da lui, non aveva disgusto. Poi neanche un saluto, un bacio, niente.
”Ah, sei viva allora? Beh, sono contento, veramente!”
“Che ti rode? Dillo subito, così me ne vado, che tanto con te è inutile, non vuoi capire, ogni volta che parliamo fai tutto l’accomodante, ma poi ricominci, io ho già tanti pensieri e sinceramente non mi va per niente…”
“Dai su, scherzavo, entra” la baciò sulla guancia abbracciandola con una mano, “vieni, che ti cerco subito un cd rom vergine.”
La donna entrò, fredda, distaccata, e seguì il prof. Sergio in soggiorno.
“Uao, vedo che sei in dolce compagnia” dichiarò la donna, sarcastica ma anche rincuorata da questo fatto.
“Eh? Ah, sì… aspetta che te la presento… Amore, guarda chi c’è, alzati e saluta la nostra amica.”
All’esortazione di Sergio, Veronica si sollevò dal divano, mostrandosi alla donna.
“Ciao” salutò Veronica.
Il viso della donna appena arrivata, si contorse in una smorfia disumana, e i suoi bulbi oculari, occhi che facevano innamorare gli uomini, sembravano sul punto di staccarsi e rotolare sul pavimento, tanto fu il suo stupore e la rabbia.
“Cos’è?! Cosa è? Bastardo malato! Tu sei una forma misera di vita, non puoi fregiarti del titolo di essere umano… maledetto! Non te lo permetto questo, schifoso!  Tu non sei normale Sergio, falla sparire, la devi far sparire, capito, falla sparire!”
La donna aveva di sicuro una crisi nervosa, piangeva, anche.
“Datti una bella calmata Veronica, la colpa è solo tua, tu mi ci hai costretto, non hai voluto stare insieme a me, mi hai rifiutato, scansato e io ho dovuto fare qualcosa. Dovresti essere contenta, guarda come ti ho fatta bene, sono stato in gamba, vero? E pensa, l’ho programmata con il tuo stesso preciso carattere, anche i difetti ho mantenuto, volevo che ti somigliasse in tutto, sono stato molto corretto nei tuoi confronti, ammettilo.”
“Che cosa! Tu… tu sei… un alienato, mi fai schifo!”
“Tu proprio non capisci, vero? Ma non ti rendi conto che se ho fatto questo è perché ti amo. Lo so che non mi puoi vedere, anzi, provi disprezzo per me, l’ho sempre saputo, ma io ti amo ugualmente Veronica, devi capirmi, io non posso fare a meno della tua presenza, ho bisogno di sentire la tua voce, di vedere il tuo viso sorridente e se non è stato sufficiente il mio cuore per questo, allora… io ho fatto intervenire il mio cervello, e grazie alla mia scienza ho potuto finalmente trovare un po’ di pace; e tu non devi fare proprio nulla amica mia, capisci, in un certo senso puoi darmi tutto di te senza essere qui con me, perciò saremo entrambi felici. Ormai mi sono abituato a vivere con un robot, non è poi così male e, più di ogni cosa, ho la certezza che non mi tradirà mai, poiché le manca il programma per farlo.”
“Te l’ho già detto, sei un essere disgustoso; le persone che nel secolo scorso usavano le bambole gonfiabili erano dei bambini innocenti rispetto a te… Sei un anormale, sei diabolico, mi dà il voltastomaco il semplice fatto d’averti conosciuto.”
“Amore, ma che succede? Come mai quella donna è identica a me? E perché strilla tanto? Sta male forse?” domandò l’androide o, forse sarebbe meglio dire, la “ginoide”.
“Zitta, troia robotizzata, sta’ zitta!” comandò la donna.
“Adesso basta, non hai diritto di offendere la mia Veronica, lei sì, che mi vuole bene; l’ho programmata io, ma che differenza fa? Hai ragione, non possono esistere due  “Veroniche”, una delle due deve sparire, e so già chi. Sono stanco, esausto… Veronica, vai dalla nostra amica e dalle un abbraccio forte forte, più energico di quello che mi hai dato poco fa, mettici tutta la tua forza.”
“Sergio no, ma che vuoi fare…”
“Amica, vieni qui che t’abbraccio…”
“No Sergio ma che fai? Sergio santo cielo, ascoltami! che ti ha preso?!”
“Oh amica lascia che t’abbracci…”
“Aiutoo! Nooo! Vattene… ti scongiuro Sergio, no!”
“Amica mia…”
“Aiutooo!”
Veronica venne notevolmente migliorata. Per prima cosa, il suo corpo venne rivestito di vera pelle umana e non con quella sintetizzata in laboratorio. I suoi occhi, poi, divennero umani, nessun androide o ginoide aveva mai avuto occhi tanto espressivi. A Sergio adesso sembrava di stare proprio con la vera Veronica, anzi, molto meglio.
Doveva solo stare attento a non rimanere “schiacciato” dall’eccessiva “passionalità” della sua compagna.  Due anni dopo, nel 2134, al prof. Sergio Scavelli venne assegnato il premio Nobel per la scienza, per le sue ricerche sull’intelligenza artificiale.
Postumo.
Pare che il professore morì una settimana prima di ricevere il premio, per trauma toracico.
Veronica era tanto contenta per lui… e lo amava così tanto…