Dall'Album del Corrosionista

CURIOSITA’ DALL’ALBUM DEL CORROSIONISTA




G. G Casarini‐Binasco (MI)




RIASSUNTO

Sfogliando l’album del corrosionista, ben rilegato e con amorevole cura compilato nel corso degli anni della mia trentennale attività di ricercatore presso l’Istituto Ricerche Breda di Milano‐Bari, si rivedono casi, fotografie, personaggi e situazioni che a distanza di tempo inducono non solo al sorriso ma anche a riflessioni che gli addetti al lavoro dovrebbero tenere in debita considerazione. Ritornano così alla mente: richieste le più strane per interventi e materiali di indagine, ipotesi di lavoro smentite grossolanamente, discussioni e richiami a suggestivi meccanismi poi riconducibili ad eventi legati a mere banalità e, da ultimo , casi di danneggiamenti legati alle cause le più curiose. Sono casi che richiamano alla cautela prima di esprimere un giudizio, alla pazienza  e alla costanza in quanto un certo spirito indagatore non deve essere  disgiunto dalle conoscenze scientifiche. Spesso infatti, al termine di una indagine corrosionistica può capitare che  le analisi di laboratorio non diano risultati univoci o diano risultati contrari e opposti a quelli attesi, oppure che risultino incongruenti sia con le informazioni date sulle condizioni d’impiego sia con la cronistoria. In tale ottica viene proposta o riproposta,in quanto parte di essa già presentata in altri contesti, una casistica dalle inaspettate e talvolta curiose conclusioni. Sono così presentati, in rapida successione, gli eventi verificatisi su fili e serbatoi in acciaio inossidabile, pali interrati in acciaio al carbonio per la distribuzione di energia elettrica, tubi in ottone all’alluminio per scambiatori di calore e per condensatori, le cause: uso indebito, cattiva manutenzione, lavori agricoli, bisogni fisiologici, poca cura nell’esecuzione di lavori preliminari. 



PAROLE CHIAVE

Acciai inossidabili‐Leghe di rame‐Acciaio al carbonio‐Condensarori‐Acqua mare‐ Pali interrati‐ Corrosione nei terreni‐Antenna radiotelecopica‐Corrosione atmosferica‐



INTRODUZIONE

Aprendo un libro di corrosione o puntando il dito su una delle tante tabelle sul comportamento dei materiali, senza dubbio non si faranno attendere le risposte che cercavano relativamente ad un sistema corrosionistico: specie aggressiva‐metallo: ecco descritti i meccanismi di attacco come pure le morfologie del danneggiamento, a piè di pagina o nelle note siamo informati di come la severità dell’attacco e la sua cinetica di avanzamento siano determinate da particolari condizioni al contorno: concentrazione della specie aggressiva, temperatura, condizioni statiche o dinamiche del fluido, condizioni di aerazione, stato tensile e metallurgico del materiale. Non solo ed oltre: basandosi su tali conoscenze comprovate dalla pratica e dall’esperienza sono stati messi a punto diversi sistemi esperti di corrosione e, tra i primi, si ricordano quelli relativi al comportamento degli acciai inossidabili in ambienti clorurati od alogenati. Così, inseriti nel sistema i parametri operativi e le condizioni al contorno  siamo informati sulle diverse possibilità di attacco o meno del materiale preso in considerazione: assenza di corrosione, spassivazione generalizzata, pitting, corrosione sotto tensione. Tuttavia, avendo letto con cura il nostro libro di corrosione ci sovviene che con riferimento alla corrosione puntiforme per gli acciai inossidabili, altri meccanismi e altre situazioni  possono portare a simili morfologie di attacco; quindi siano edotti che solo le analisi di laboratorio potranno fornire indicazioni sulla natura dell’agente corrosivo e portare alla corretta definizione del meccanismo al fine di fornire i consigli pratici per il futuro buon comportamento del materiale in esame o dare i suggerimenti per una diversa scelta.
Talvolta però può capitare che  le analisi di laboratorio non diano risultati univoci o diano risultati contrari alle iniziali ipotesi di lavoro o, ancora, risultino incongruenti sia con le informazioni date circa la cronistoria del materiale che con le dichiarate  condizioni di esercizio. Di seguito vedremo come ad indagini dalle inaspettate e curiose conclusioni faccia riferimento la  casistica sotto riportata.





DALL’ALBUM DEL CORROSIONISTA

Attrazione fatale verso un oggetto luccicante 
Inizieremo la nostra presentazione dall’indagine svolta su un serbatoio di acciaio inossidabile AISI 304 impiegato in una azienda agricola per la refrigerazione del latte dopo la mungitura e  messo fuori servizio per forature. La morfologia del danneggiamento risultava tipica per l’attacco perforante da alogeno ioni anche se il materiale presentava incipienti aree di spassivazione al di sotto di grumi e residui di latte cagliati. Accertato che le operazioni di lavaggio e di manutenzione venivano svolte regolarmente l’attenzione veniva volta alla ricerca di cloruri nelle vicinanze dei pitting e delle zone corrose oltre che sui grumi di latte. I risultati  non davano risposte univoche in tal senso; si arrivò persino alle disquisizioni sul siero di latte e del suo contenuto in cloruri. Alla fine quando gli animi stavano per surriscaldarsi qualcuno si ricordò che per un guasto alla parte elettrica il serbatoio era stato messo fuori servizio per alcuni giorni facendo così  felice la moglie del fattore che negli stessi giorni lo utilizzò per farci il bucato.

Un brodo energetico ottenuto  da un dado sbagliato

Le curiosità proseguono dall’indagine svolta su  una apparecchiatura in acciaio inossidabile AISI 316, impiegata in un ospedale lombardo per la preparazione del brodo per i degenti. I periodici controlli sanitari ed organolettici del brodo rivelavano un elevato tenore di ferro inconsueto per le sostanze in cottura e mai riscontrato precedentemente. L’ispezione interna del manufatto per ricercare le cause responsabili di questo brodo energetico, escludeva che vi fossero significativi  fenomeni di corrosione in atto sulle pareti del recipiente, fatte salve solo alcune incipienti e localizzate aree di spassivazione nelle vicinanze delle quali, già ridotti a meno della metà, si stavano invece corrodendo alcuni dadi in acciaio al carbonio, fissati  al posto di quelli originali nelle corso, per sbaglio, delle ultime operazioni di manutenzione.





Cani innocenti, uomini no 
In un paese del Sud‐America, i pali in acciaio al carbonio interrati  utilizzati per la distribuzione di energia elettrica nei dintorni della capitale si stavano fortemente corrodendo: alcuni erano già distrutti alla base, ridotti a stratificazioni di ossidi idratati supportarti da pochi mm di metallo originario, altri puntellati e sostenuti da travi di legno, pochi ancora in condizioni di sicurezza. Le ipotesi avanzate dagli esperti locali attribuivano tale fatto ai branchi di cani selvaggi od abbandonati che si aggiravano in gran numero in tali zone ed alle loro azioni fisiologiche: rilascio di orina canina. I cani non lo sapevano ancora ma si stava  tramando per la loro eliminazione: fortuna volle che ciò non avvenne e  la fortuna fu legata ad una semplice e banale indagine corrosionistica. I pali, di forma ottagonale, ottenuti per saldatura da tronconi di lamiere opportunamente piegate e sagomate, a base ed estremità aperte, e senza rimozione delle scaglie di calamina e di ossidi derivanti  sia dal trattamento termico delle lamiere originarie sia di quelle indotte dai procedimenti di saldatura finali, venivano interrati direttamente nel terreno e senza protezione della zona interrata: né catramature, né lastrature, né verniciature. Il degrado che partiva essenzialmente nelle zone di transizione terreno‐aria era localizzato quasi esclusivamente sul lato sud dei pali, equivalente, dato l’emisfero, al nostro lato nord. Condensazione preferenziale di umidità atmosferica su tali lati, addensamento della stessa per scolamento verso il basso, parziali ristagni  data la natura del terreno,  sabbiosa‐argillosa e salsa, alla base dei pali e inizio dell’attacco favorito anche dall’azioni catodiche degli ossidi residui superficiali e non rimossi da opportune azioni decapanti o di sabbiatura.
Quello che insensatamente si ritenne di attribuire  ai bisogni fisiologici dei cani risultò invece causa  determinante, orina umana, dell’inconveniente lamentato sui tubi in Aluminum Brass ASTMB111 Alloy 687 del condensatore primario di una centrale termoelettrica situata in località marina. Terminati i lavori di costruzione e di montaggio delle apparecchiature, nel corso dei controlli finali per l’avviamento preliminare della centrale termica venivano ravvisate anomalie su alcune zone delle generatrici esterne dei fasci tubieri del condensatore.Le alterazioni superficiali risultavano localizzate solo su alcuni diaframmi sotto forma sia di puntini verdi circondati da un alone bianco sia di  puntini verdi attorniati da un alone marrone oltre a formazioni sparse di sali verdastri. La distribuzione di tali alterazioni, a partire dalle prime file interessate, era somigliante alla apertura di un ventaglio o di una V capovolta, con attenuazione del fenomeno sia verticalmente: per 40 cm circa più in alto,  per circa 1 metro nelle zone mediane per poi  a giungere, dopo una caduta in altezza di quasi due metri, a sfiorare i 3 metri. Questa particolare distribuzione delle alterazioni non ammetteva dubbi: scolamento dall’alto con schizzi e spruzzi di una fase liquida o condensata. Così, essendosi riscontrati tra i residui delle alterazioni superficiali elementi in traccia quali cloro, zolfo, potassio e  tutti componenti di una atmosfera marina si poteva paventare o un ingresso progressivo e localizzato di umidità salmastra o montaggio di tubi già alterati inizialmente. Questo in quanto alcuni pacchi di tubi di riserva e di scorta giacevano ancora in un piazzale circostante con evidenti segni di lacerazione  dei fogli protettivi in polietilene. Questa ipotesi risultava subito da scartare per i seguenti motivi: i tubi all’atto del montaggio risultavano a detta dei tecnici della Centrale inalterati e montatori esperti lo avrebbero segnalato, le alterazioni superficiali sui tubi a scorta nelle zone di lacerazione dei fogli protettivi apparivano insignificanti e tali da non giustificare anche fortuitamente un assemblaggio simile alla distribuzione del danneggiamento e per quanto concerne l’eventuale ingresso accidentale di umidità salmastra si appurava che il condensatore, terminato il montaggio dei tubi ed a ultimazione dei lavori murari, era stato messo sotto vuoto con aria secca ( umidità relativa 30‐50%) e con l’interno condizionato(impiego di gel di silice rigenerato periodicamente) e con l’uso di una stufetta elettrica con mantenimento di una leggera sovrapressione tramite  ventilatore.
Poiché nonostante tutte queste affermazioni ed assicurazioni, nel corso dell’ispezione del condensatore, si era notato che lo stato di pulizia generale risultava piuttosto scadente per presenza di sudiciume, segatura, limatura di ferro, chiodi, pezzi di legno, residui di nastro adesivo, qualcuno ricordava che dopo l’infilaggio dei tubi erano stati effettuati alcuni lavori di collegamento del condensatore con la turbina e che, nel corso degli stessi, la parte superiore era stata protetta con teli. Si è inoltre appreso che durante lavori di questo tipo per soddisfare i bisogni fisiologici degli operatori senza interruzioni e perdite di tempo si è soliti far uso di secchi o taniche che poi vengono calati o portati a terra per gli opportuni svuotamenti: evidentemete qualcuno, in più di una occasione, doveva aver disdegnato l’uso del secchio od evitato la fatica, una volta pieno, di calarlo o di portarlo a terra.

Al momento sbagliato

Alcuni fili in acciaio inossidabile AISI 304 utilizzati per l’ampliamento dell’antenna di un radiotelescopio installato in aperta campagna, alla periferia di una città del nord Italia, dopo appena sei mesi di esercizio, presentavano notevoli segni di alterazione superficiale con corrosione puntiforme. Diversamente i fili costituenti la prima parte dell’antenna, in esercizio da circa sei anni, risultavano praticamente inalterati. Come accertato da analisi di laboratorio le diverse partite di fili presentavano la stessa composizione chimica, le stesse caratteristiche meccano‐tensili. Poiché tutti i fili, di vecchia e di recente installazione, veniva riscontrata la presenza di terriccio e di tracce di cloruri, la raccolta di informazioni sul posto ed una accurata ricostruzione della cronistoria circa l’esercizio dell’antenna permettevano di giungere alla soluzione di quanto avvenuto. Il terreno agricolo circostante il posizionamento dell’antenna risultava da anni sito per la coltivazione di barbabietole da zucchero, coltivazione che  dopo la semina richiede, in determinati periodi, forti irrorazioni di anticrittogamici a base di prodotti contenenti alogeno ioni. L’esame dlle diverse date di installazioni e quello dei cicli stagionali relativamente alla coltura delle barbabietole, dalla semina al raccolta, permetteva di accertare che mentre i primi fili erano stati posti in esercizio in un periodo di assenza dei lavori agricoli, gli ultimi venivano installati proprio in concomitanza con le fasi di aratura del terreno e di semina delle barbabietole. Si appurava pure che dopo la posa in opera di questi era seguito un periodo di  siccità che, da una parte mentre impediva un dilavamento dell’acciaio ed un buona passivazione con rimozione di terriccio e diserbante, dall’altra comportava operazioni agricole aggiuntive quali, irrorazione del terreno, con aggravio nell’atmosfera di inquinanti, aggravi limitati ed ininfluenti sui primi fili sulla superficie dei quali lo stato di passivazione si era già formato e consolidato stabilmente.
Legato anch’esso ad un momento “sbagliato” il danneggiamento che segue.
In un impianto petrolchimico, situato in località marina, le necessità di approvvigionamento di acqua dolce rendevano necessaria l’installazione di alcuni dissalatori di tipo multi‐flash. Il programma prevedeva che questi fossero installati con una certa gradualità nel giro di un paio d’anni e di fatto dopo la messa in servizio dei primi tre veniva avviato come ultimo un quarto impianto: seppure progettati da ditte diverse e quindi  con diverse soluzioni tecniche, anche se non molto dissimili data la tipologia degli impianti, giocoforza i materiali impiegati risultavano gli stessi ed i parametri operativi non molto differenti tra dissalatore e dissalatore. Quest’ultimo, al contrario degli altri tre dissalatori che da tempo operavano senza alcun inconveniente, dopo appena pochi mesi dall’avviamento doveva essere arrestato a seguito di forature sui tubi in cupronichel 90/10 degli evaporatori( salinità salamoia 74.000 ppm, salinità acqua mare 38.000ppm, pH= 6,6‐7,6, temperatura ingresso 103°C, temperatura uscita 115 °C ppm, O 2 = 165‐470 g/l . La morfologia dell’attacco risultava perfettamente identica a quella che solitamente si verifica su questi materiali a seguito di fenomeni di corrosione‐erosione e/o corrosione turbolenza (impingement attack) ma poiché la velocità del fluido era alquanto bassa(1,83 m/sec) e nettamente inferiore ai valori critici di 3,5m/sec che su tale lega innescano tali fenomeni, evidentemente le cause responsabili del danneggiamento andavano ricercate altrove.
Sui tubi nelle zone esenti dall’attacco invece della solita patina protettiva che si forma su tali materiali in acqua mare erano presenti sottilissimi veli, in genere ben ancorati al metallo base, di colore biancastro.Gli esami di laboratorio indicavano che tali depositi erano costituiti prevalentemente da Ca4P2O9 mentre misure di potenziale elettrochimico, effettuate a diverse temperature, indicavano che il metallo ricoperto da tali depositi rispetto alle zone  dove gli stessi erano stati rimossi risultava decisamente più nobile: + 60 mV a  50 °C e + 130 mV a  90 °C. Sulla base di tali risultati il meccanismo del danneggiamento risultava facilmente spiegabile nonostante la non elevata velocità della salamoia: le zone ricoperte dal deposito assumevano il ruolo di aree catodiche rispetto a quelle dove lo stesso risultava poco ancorato od asportato: di conseguenza poi la localizzazione dell’attacco era stata favorita anche dall’alto rapporto aree catodiche ed aree anodiche. Circa l’origine e la provenienza dell’inquinante si veniva a conoscenza che le prese dell’acqua mare degli impianti di dissalazione erano situate in prossimità dello scarico di un impianto per il trattamento di fosforiti e che questo era stato messo in funzione poco prima dell’avviamento del quarto modulo di dissalazione; fatto questo da giustificare i diversi comportamenti corrosionistici: l’azione deleteria tradottasi nell’impedire il corretto stato di passivazione sul quarto modulo si dimostrava ininfluente sui primi tre in quanto, antecedentemente alla messa in marcia dell’impianto delle fosforiti, sui tubi degli stessi si erano già  formati ed ancorati gli strati  passivanti protettivi..

I sassi della discordia 
Sui tubi in ottone all’alluminio di un condensatore di una centrale elettrica, poco dopo la messa in servizio, e su un limitato numero di tubi, si erano manifestate forature dal lato acqua mare.
Oltre all’indagine corrosionistica sui tubi corrosi venivano pure esaminati alcuni spezzoni di tubo nuovo facenti parte della stessa partita di quelli montati in esercizio. Poiché su questi era presente una sottile patina di colore più o meno scuro, con presenza di striature, continue o non,  residui di lubrificanti di trafila carbonizzati nonché difetti puntiformi isolati, la corrosione si poteva, in prima ipotesi,  attribuire alla presenza di queste anomalie superficiali.E’ noto infatti come i residui carboniosi su leghe di rame possano assumere il ruolo di aree catodiche per la riduzione di ossigeno ed alimentare così celle di corrosione che determinano attacco localizzato.Il fatto però che il danneggiamento si fosse verificato dopo poco tempo dall’avvio del condensatore e solo su alcuni tubi lasciava aperte molte discussioni: non tutti i tubi della partita potevano avere  inizialmente una simile difettologia superficiale per cui era aperta la possibilità che solo  alcuni fossero sfuggiti ai controlli di qualità iniziali. Il fatto poi che dopo la sostituzione dei tubi forati il condensatore non avesse più presentato alcuna sorte di malfunzionamento alimentava fortemente tali dubbi, creando tensione tra l’utente ed il fornitore del materiale. Il mistero veniva risolto dall’esame della documentazione fotografica effettuata dopo l’apertura del condensatore e inizialmente stranamente occultata: nelle casse d’acqua si notava la presenza di depositi e di agglomerati di corpi estranei, in prevalenza, sassi. Per cui, con buona pace dei residui carboniosi, l’inconveniente era da attribuire oltre all’azione schermante di tali corpi estranei anche alla modifica creata localmente dagli stessi relativamente alle condizioni fluido‐dinamiche dell’acqua mare.






CONCLUSIONI

La  casistica di corrosione presentata e discussa mette in evidenza come in molti casi i fenomeni di danneggiamento sfuggano a rigidi e consolidati meccanismi di attacco o quanto meno come le cause dell’innesco degli stessi siano legate agli eventi più strani e più curiosi. Ne consegue pertanto come in campo corrosionistico, fatte salve le conoscenze scientifiche, al pari di altre attività umane, non devono mancare al ricercatore doti quali: l’umiltà,  la cautela, la pazienza  e la costanza nell’indagare.



BIBLIOGRAFIA

1)G.Casarini,G.Stella:”Importance and Utility of Analytical Monitorig for the Reliabiliy of Indusrial Plants”‐ Proc. 11th  Int. Corrosion Congress‐ Vol. 1‐ pag. 547‐ AIM‐Florence‐1990
2)G.Casarini :”Monitoraggio negli scambiatori di calore ai fini della loro sicurezza ed affidabilità di esercizio”‐ La Metallurgia Italiana 82 ( 1990) n.° 11‐ pag. 1073
3)G.Casarini:”Sicurezza ed affidabilità degli impianti chimici industriali: importanza degli aspetti corrosionistici dei materiali metallici”‐NT‐Tecnica & Tecnologia‐  N. 4‐Luglio‐Agosto
( 1991)‐AMMA‐Torino
4)G.Casarini,G.Careri,F.Forti,G.Rivolta:”Casi usuali e non di corrosione atmosferica”‐Atti‐1 ed. Giornate Nazionali sulla Corrosione e Protezione‐AIM‐Milano 1992
5)G.Casarini:”Corrosione&Casistica:”Per evitare tutti i danni occhio al “film”‐
Pianeta Inossidabili‐ Anno 1‐ Num.3‐Periodico delle Acciaierie Valbruna‐Vicenza 1995
6)F.Forti,M.L.Pessia,G.Rivolta,G.Casarini,E.Casarini:“Condensatori in leghe di rame e di nichel raffreddati da acqua di mare:Problematiche varie che ne influenzano il buon comportamento corrosionistico‐Rassegna di casi pratici‐”Atti‐Giornate Nazionali sulla Corrosione e Protezione‐4 ed.AIM‐Genova 1999