Dalla finestra II
Ogni giorno, almeno una volta al giorno, mi diverto a giudicare il mondo (o meglio, la piccola parte di esso che, per me, è come uno specchio fedele del tutto che è esso), con vigliaccheria nascosto tra le inferriate bianche della mia finestra. Io, che sono un grande impiccione, tutto vedo e tutto sento, quando sento il bisogno di guardare il mondo dalla mia finestra.
Ci sono quattro o cinque cornacchie che, spavalde come loro sanno spesso essere, smistano il bottino raccolto dagli ormai strabordanti cestini dell’immondizia sull’asfalto del viale e, senza badare a quelli che potrebbero o non potrebbero essere i commenti dei condòmini, ordinatamente, ridistribuiscono tra loro il cibo ricavato. Ed io le vedo. E allora mi accorgo che i netturbini portano un paio di giorni di ritardo, ed è solo per questo che le cornacchie si sono permesse di atteggiarsi e pavoneggiarsi con tale spavalderia.
C’è un signore che, e non è assolutamente un fatto nuovo, esce dal portone del palazzo di fronte stringendo un sacchetto di plastica in mano, attraversa un po’ distrattamente il viale che separa il palazzo dove vivo io da quello dove vive lui, si guarda intorno con espressione assonnata, e, senza un chiaro interesse da parte sua e né tanto meno mia o di chiunque altro, lascia cadere il sacchetto di plastica nel cestino dell’immondizia dedicato ai condòmini del palazzo dove vivo io, e non in quello dedicato ai condòmini del palazzo dove vive lui, come chiarezza esige. Io ovviamente lo vedo sempre. E penso a quel ragazzo che, un giorno, mentre portava a guinzaglio un barboncino bianco, capitò proprio nel viale asfaltato che passa sotto la mia finestra; penso a quando egli, dopo aver (da vero signore) raccolto con un sacchetto le feci del proprio animale provò a buttarle nel cestino dell’immondizia del palazzo di fronte al mio, quello dove vive il signore che butta i propri rifiuti nel cestino dell’immondizia del mio condominio, e quindi una signora, che abita a sua volta nel palazzo di fronte al mio, dove già vive il signore che sistematicamente non butta i propri rifiuti nel posto esatto, lo riprese bruscamente obbligandolo a riprendere indietro ciò che aveva appena buttato. Ricordo quanto fu terribilmente severa e ricordo il desiderio che avvertii, di urlare dalla finestra: “Ma signora, la prego, rifletta! Lei abita in un palazzo dove un signore, mezzo matto o mezzo scemo, ancora non ha imparato dove deve buttare i propri rifiuti, e lei vuole dare la colpa di tutto questo, di tutto il male del mondo, di tutte le sue disavventure, a questo povero ragazzo, capitato di qui per sbaglio?”, ma ovviamente non dissi nulla.