Danni collaterali inevitabili
Il convento dei Padri Trinitari, sulla cima di Esperia alta, oltre ad ospitare un orfanotrofio, dalla fine di dicembre del 1943, ospita una piccola comunità di suore francescane alcantarine sfollate dal convento di Itri, loro casa di riposo, ora requisito dal comando tedesco. Sono una dozzina, tutte molto anziane.
La madre superiora, una bolognese grande e grossa, fino a qualche mese prima lavorava in un ospedale romano ma, avendo compiuto sessantacinque anni, l’ordine ne ha disposto il pensionamento. Suor Maria del Bambin Gesù, al secolo Luisa Gerlando, non ha accettato di uscire di scena e quindi, appena può, coglie l’occasione per continuare a fare l’infermiera, come ha fatto per oltre quarant’anni in vari ospedali d’Italia e nelle colonie d’oltremare.
L’atrio del convento dei Trinitari è stato trasformato in ospedale di fortuna per i soldati tedeschi feriti nella battaglia di Ausonia e negli scontri sull’altopiano di Pollica. Per i feriti più gravi Suor Maria non può fare molto, solo morfina per affievolire il dolore e qualche preghiera, insieme a quelli che ci credono, per dare conforto.
Dopo che la caduta della linea difensiva giù al cimitero il colonnello Von Bosch, comandante della piazza di Esperia, ha convocato Suor Maria e Padre Paolo, Priore dei Trinitari. Il colonnello ha perso l’abituale, impeccabile immagine, il viso è coperto di terra, la divisa è impolverata e macchiata di sangue, sulla fronte una ferita da scheggia sommariamente medicata. Malgrado ciò non perde il suo stile: “Reverendissima madre Superiora e reverendissimo Padre Priore, vi prego di allontanarvi quanto prima possibile da Esperia, non posso più garantire a lungo la vostra sicurezza e soprattutto, vi prego di credermi, non è propaganda di guerra, le truppe nemiche che stanno arrivando non sono rispettose della convenzione di Ginevra né di principi di umanità e civiltà. Posso mettere a disposizione automezzi per i confratelli e le consorelle e farvi condurre in una località lontana dalla linea dei combattimenti”.
Suor Maria e Padre Paolo si guardano per un attimo negli occhi, hanno lo stesso pensiero: potrebbero mettersi al sicuro, ma Padre Paolo dovrebbe abbandonare tutti gli orfanelli e Suor Maria molte suore che per età e malattia non sono trasportabili, insieme a tante donne e bambini e bambine che si sono rifugiati nel convento.
Risponde Suor Maria con voce ferma e si fa interprete anche del pensiero di Padre Paolo: “Colonnello ringraziamo, ma il nostro ufficio e le nostre regole ci impongono di restare ad assistere le persone che ci sono state affidate. Quel che accadrà domani sarà volontà di Dio”
Padre Paolo annuisce in silenzio e si limita ad aggiungere sottovoce: “E sia fatta la volontà di Dio”.
Il colonnello si alza in piedi e bacia le mani ai due religiosi: “Ammiro la vostra fermezza”.
Intanto, lungo la stretta strada di accesso al paese, i combattimenti tra paracadutisti tedeschi e goumiers sono sempre più intensi, faccia a faccia, a colpi di mitra , bombe a mano e scontri all’arma bianca. I paracadutisti, inferiori di numero retrocedono. Esperia è in mano alle truppe marocchine..
Gli ufficiali ed il colonnello Von Bosch, vista la battaglia persa, ripiegano verso Pontecorvo e lasciano dietro di loro un piccolo contingente a proteggere la ritirata.
La battaglia prosegue sempre più feroce .
Tre soldati tedeschi che si sono arresi a braccia alzate, sono fatti inginocchiare e decapitati.
Un altro tedesco è inseguito da una schiera di marocchini, per non farsi catturare e decapitare, si lancia nel burrone sottostante la loggia del convento dei padri trinitari. Ad un tratto non si sentono più esplosioni .
La battaglia di Esperia è finita.
Ed ora comincia il massacro, in esecuzione della promessa del generale Juin.
Distesa a terra, sulle vecchie pietre della piazza e sulla scalinata della chiesa, una cinquantina di donne, a pancia in giù, completamente nude.
Sono donne vecchie, giovani, qualche bambina, fatte uscire dalle case a colpi di baionetta.
Legato al portone della chiesa, Padre Paolo, a gambe divaricate, tra le natiche il grosso crocifisso di legno della processione del Corpus Domini, una pozza di sangue si allarga sotto il suo corpo, gocciolando da una larga ferita sul ventre.
I goumiers si avvicinano a schiera alle donne e le violentano.
Chi fa resistenza viene sgozzata.
Altri soldati tengono lontani gli uomini dalla piazza con la punta delle baionette.
E chi cerca di opporsi viene sgozzato, impalato.
Dopo la prima ondata di donne ne arrivano altre.
Sono le suore con in testa Suor Maria che prega.
Ora i goumiers sazi di sesso cambiano gioco, il tiro al bersaglio, fanno correre nella piazza le suore e poi sparano. Alcune suore, le più vecchie e malate restano immobili ed allora calci, colpi di baionetta ed alla fine il taglio della gola.
Suor Maria al centro della piazza prega e conforta le consorelle, un caporale marocchino, barcollante, forse per eccesso di vino e di hashish, le si avvicina e la spinge con la baionetta: “Corri vecchia puttana”.
Suor Maria ha servito nei Manicomi quindi è in grado di tener a bada pazzi furiosi, ha servito negli Ospedali Militari, quindi conosce le armi, suo padre era cacciatore e da bambina la portava a caccia sui monti dell’Appennino emiliano quindi sa usare le armi. Il marocchino le è addosso, Suora Maria gli strappa di mano il moschetto con la baionetta, glielo punta al petto e mormorando: “Dio mi perdonerà” ‐ spara. Il marocchino crolla morto, i suoi compagni rimangono immobili per lo stupore. Suora Maria si fa il segno della croce, ricarica il moschetto, se lo punta alla gola e dopo aver mormorato “Signore perdonami ancora” preme il grilletto e cade morta al centro della piazza, a braccia aperte a croce.
I marocchini le saltano addosso e fanno scempio del corpo a colpi di baionetta.
Sazi di violenza e di sangue i goumiers lasciano la piazza.
Il saccheggio e le violenze continuano nel resto di Esperia ed andranno avanti ancora per due giorni.
Soldati marocchini portano le barelle con i loro cadaveri avvolti in coperte.
Scendono verso la parte bassa del paese.
Altri cadaveri vengono portati sospesi a pali, come gli agnelli al mercato, sono quelli tedeschi ed i civili.
Si sta facendo pulizia, stanno arrivando gli ufficiali del comando, gli americani e quelli della Combat film.
La battaglia è vinta : la via per Cassino è aperta e come diranno gli ufficiali francesi nei loro rapporti: “Per i civili vi sono stai alcuni danni collaterali inevitabili”.
A terra fra le macerie della chiesa un'effigie del Sacro Cuore di Gesù. Un soldato marocchino porta con sé una coppia di candelieri di argento ed un ostensorio d’oro.
Ed intanto continuano intense le esplosioni sulle colline intorno a Montecassino
I goumiers sazi di sesso e di sangue hanno lasciato il centro di Esperia.
Dal suo rifugio in una cantina esce una donna anziana, vestita di nero e inizia a scavare a mani nude tra le macerie, è la sua casa, ne è rimasto in piedi solo una parete con attaccato il quadro di Re Vittorio Emanuele che ora è al sicuro a Brindisi. La donna passa tra le macerie, raccoglie qualcosa, poi si avvicina al quadro, lo stacca dalla parete, lo scaraventa a terra e lo schiaccia con ferocia con i talloni.
Si allontana portando sulle spalle un piccolo fagotto.
Più avanti sulla strada che porta al cimitero, seduti su un muretto tre ragazzi con gli abiti a brandelli e ricoperti di sangue piangono silenziosamente.
Questo racconto è finito nel romanzo Canapa
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