Delirio in tre versi
50 coglionerìe in tre versi, rima AbA o AAA
Recatomi a Parigi,
guardai la Senna,
ma preferiì il Tamigi.
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Ero sbronzo in birreria,
non potendo guidare,
prendevo la seggiovìa.
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stavo fumando una canna,
arriva lo sbirro,
e poi la condanna.
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I poteri divinatori,
nella corrida,
li hanno i tori.
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La donna grida spesso,
se dentro un cesso,
viene violentata con successo.
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Un animale che soffre,
poi muore,
e come cibo si offre.
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Le tende da sole,
o in compagnia,
fan giochi di parole.
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Indòmita vagina,
davver ti bagni,
se un pene si avvicina ?
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Proprio su quel ramo,
dopo tanto tempo,
rimane scritto che t' amo.
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L' amore passa,
poi il divorzio,
poi la tassa.
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Le foto del matrimonio,
tempi felici,
poi vuoi il mio patrimonio.
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Un uccello è strano,
se non avendo penne,
sta bene in una mano.
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Un cavaliere errante,
forse gay,
cercava il proprio fante.
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Un rapporto a due,
nasce un bimbo,
scaldato dal bue.
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Svoltavo a sinistra senza freccia,
un' auto gay,
mi ha fatto breccia.
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Annusavo l' odore della terra,
faceva caldo,
ero chiuso in una serra.
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Conobbi un poeta deluso,
leggendo i suoi versi,
capiì che era eluso.
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Conobbi l' eroina a 13 anni,
ci litigai a lungo,
per tanti compleanni.
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Il mare è acqua e sale,
si pesca di tutto,
ma non c’è mai caviale.
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La bellezza è guardarti,
il tuo profilo è al meglio,
se angolato di tre quarti.
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Il prete bacia soave,
i bambini sottochiave,
durante il conclave.
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La collera mi diserta,
anche allo stadio,
anche in trasferta.
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Ho scritto pagine false,
per conquistare te,
in quasi tutte le salse.
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L' amore ha un prezzo,
dicesti tu,
perciò non lo apprezzo.
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La fantasia al potere,
ed il politico, che vada
a lavorare in un podere.
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Mia nonna non è mica ancora morta,
ma se non vuol che le vada storta,
che si spicci a farsi operare l' aorta.
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Ci parlano di libero mercato,
cioè di ciò,
che ci ha affamato.
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Ti darò una bacio sulla bocca,
dolci parole,
per assaltare poi la tua rocca.
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Vorrei sposarti ogni sera,
per portarti sempre in crociera,
mia bella ereditiera.
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Ho fatto male a me stesso,
sulla tua illibatezza ho scommesso,
ed ho perso mio già usato cesso!
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Il foglio da scrivere attrae i curiosi,
ci studiano quando scriviamo oziosi,
o impegnati, ma pur sempre silenziosi.
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La tua bellezza è per me un ostacolo,
in quanti vorranno, in futuro,
spingersi dentro al tuo miracolo?
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Mi trovavo in ospedale,
quasi morendo a Natale,
molto ammirato al capezzale.
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Ero stanco, dormivo in piedi,
tu mi trovavi,
mi suggerivi siedi.
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Amore, butta la pasta,
del mio ritorno mia casta,
sembri proprio entusiasta.
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Portando la colazione,
nel letto del tuo Adone,
mi ispiravi seduzione.
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Non abbiamo più un domani,
siamo umani
e pure anziani.
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Muore un bimbo in ostetricia,
Che tristezza,
e nato forse senza camicia.
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Passavan le serate,
sempre adulterate,
da sbronze esagerate.
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Camminavo leggendo un saggio,
distratto non dal paesaggio,
mi schiantai contro un faggio.
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Prendevo una medicina potente,
che alle altre era adiacente,
era tutta colpa di un dente.
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Scrissi t’ amo sulla sabbia,
mi sentivo proprio in gabbia,
e provavo una gran rabbia.
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Dagli esami ho l’ anemìa,
L’ ho saputo qui in corsia,
che abbia preso la leucemìa?
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Una volta si mangiavano gatti,
che mangiavano ratti,
serviti come ottimi piatti.
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E’ nato prima l’ uovo o la gallina,
l’ ho chiesto a mia cugina,
che errando si guardò la patatina.
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Oggi a pranzo tagliatelle,
ma son scotte alle mascelle,
le mie solite cappelle!
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Mi si è rotto il rubinetto,
l’ho forzato e qui lo ammetto,
ora serve un bravo addetto.
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Osservando questo tramonto,
mi sovviene un mio racconto,
scritto sol per tornaconto.
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Annaffiando il verde ibisco,
con cui il giardino abbellisco,
cado e mi rompo un menisco.
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La mia ragazza ora dorme,
con Morfeo segue le orme,
di bei soldati in uniforme.