Deseo

La guardai negl’occhi; tempesta nera di fragile illusione in quelle nere pupille indemoniate. Quella bocca a mò di ghigno prelibato; seccamente eccitante.
Sguardi fugaci, tenera luce di folti pensieri misti alla chioma mora che portava intorno al viso; bellissimo, a parer mio.
Giocava al gatto col topo (il topo, in quel caso, ero io).
Sapeva come mettermi il desiderio e negarmelo freddamente come acqua gelida su d’un fuocherello vispo; e allora no, non ci stavo.
La presi per un braccio con tutta la forza che avevo nel bicipite destro; l’ho portata a me, guardato il suo viso contrariato e, allo stesso tempo, tremendamente eccitato (le prese di posizione non sempre sono inutili).
Le misi una mano sotto, iniziai a toccarla tenendola ferma; e lei mi guardava, occhi negl’occhi (avrei potuto mangiarmela tutta con solo i miei di occhi).
Sempre più veloce, insistentemente si faceva la mia mano spazio tra le sue nudi cosce umide di troppo piacere.
Hai voluto giocare per il semplice piacere di essere posseduta, cara fanciulla (ingenua puttana).
Non facevi altro che desiderare ti penetrassi le carni senza non aver prima lottato per averti; una cacciatrice dal gioco inversamente perverso.
Ma nonostante ci siamo fottuti entrambi, io quegl’occhi li guardo ancora e in quelle pupille nere come il veleno che ti inghiotte, avrei voluto possederti ancora, e ancora.