Di me, l'angelo e la pietà
La vecchiaia… questa sconosciuta, evitata e distratta dalle nostre giovani menti… basta un'ora in una casa di riposo per comprenderne il non senso.
La signora all'angolo che adagiata, quasi stesa inerpica mille smorfie con quella mimica facciale che concerta nel duetto dei palmi, suggerendo deficienza senile a sbarattare la sofferenza… poi l'altra accanto che desiderosa di conversazione ti dice del tempo torrido di questo luglio. Io le rispondo a tono affermando la pesantezza della canicola e lei pronta dice ""si è vero, qui si mangia benissimo""… da li un quasi "gioco" per capire… e alla domanda " come è il cibo in questo istituto" lei risponde "" si, vero… piovesse l'orto ne gioverebbe e le giornate sarebbero meno irrespirabili""
Un'altra ospite pare dormire su di una piccola poltroncina… ha un viso buffo che mi ricorda un cartoons americano… dorme e sogna al punto che rivolgendo il capo in avanti ribalta ben due volte dallo scranno, sino che l'inserviente applica lei una cintura in vita… ora non cade più ma l'inserviente non smette d'occuparsene, in quanto di tanto in tanto a mano aperta riporta il capo di lei verso lo schienale quasi riposizionasse un pallone da stadio al centrocampo.
Vi sono mille ragioni di un sorriso in questi vecchi che tornano bambini… ma d'un tratto sento forte l'odore della sofferenza… (una cara amica mi disse che ho il potere di sentire il dolore anche quando questi viene occultato e non palesato… vero, lo sento e lo inseguo fagocitandone tutta l'amarezza e rischiando di imploderlo).
Il sorriso che dapprima dipingeva il mio volto spegne d'un lampo… una vecchina sulla sedia a rotelle attira la mia attenzione. Le mani perfettamente allineate ai poggioli non fanno cenno alcuno, le gambe perfettamente allineate confuiscono in candidi calzini bianchi, ornati da quelle ciabattine adattabili alla misura dei piedi resi gonfi da una scarsa circolazione. M'avvicino e nonostante il capo chino noto quelle stille di salino che ferme sul bordo degli occhi paiono non liberarsi.
Singhiozza e piange sommessamente quasi che nulla s'ode, m'avvicino rivolgendogli la parola e lei con lucidità risponde… è cosciente questa signora nata nel lontano 1918, la mente assolutamente attiva contrasta con un corpo inabile all'uso. Mi racconta che è li perché le gambe più non la reggono, le mani hanno perso la presa e gli occhi navigano la caligine degli anni impedendogli vedere. Mi parla delle sue ore di nulla e del vuoto di un'esistenza priva di senso in quanto tutto vegeta in lei fuor che il cervello e del suo desiderio di morire.
Il dolore e la sofferenza sgorgano dal suo discorrere precipitandomi dentro quasi io fossi spugna, e un pensiero mi prende… vorrei poterle imporre la mano sul viso e rubarle il respiro, ma non potendo quello dono lei una dolce carezza, pregando la vita di privare pure lei dell'intelletto. Tornerò a trovarla, non a mani vuote… porterò con me tutta la negatività e la sofferenza che ho dentro e quando il mio petto farà spugna dell'algia che l'assilla. le imporrò le mani. Si le imporrò le mani e chiudendo ogni varco col reale le rovescerò addosso una tale misura di dolore da convincere la sua anima ad abdicare la cervice… forse sorriderà allora… forse