Diario di bordo - Proverbi "pazzi"& varie cose (filosofeggiando, qua e là) - prima parte

 Non potevo che cominciare questa rassegna, un po'...pazza e alquanto strana (ma neanche così tanto, direi!) se non citando un proverbio di estrema attualità, il quale riguarda le mani, l'acqua ed il lavaggio delle stesse con la stessa: "Una mano lava l'altra"...meglio sarebbe lavarle il più spesso possibile ed all'unisono. ‐ Beh, mi sa che io sto a posto, allora! ‐ vado ripentendo a me stesso tante volte nel corso della giornata, da diversi giorni: per lo meno da quando è cominciata la mattanza covid. Infatti, a prescindere da quanto vanno affermando media, social, tivù e quant'altro (lo vanno ripetendo tante di quelle volte, al limite dello sfinimento ‐ nostro più che loro, direi; al limite dell'aggressione mediatica, senza dubbio sorpassando a volte quel limite di guardia: oltre il quale non v'è futuro, al di là di cui esiste solamente la terra inesplorata di nessuno...dicasi pure "rottura di coglioni"!), io ho sempre lavato le mani ben oltre le dieci volte (almeno) pro die, l'ho sempre fatto (buon per me, direi!) di buona lena e con giusta cognizione di causa (la mia vita non è stata, fortunatamente, soltanto una lunga sequela di errori, di occasioni perdute o treni presi in ritardo; non sono sempre stato "l'uomo del giorno dopo", ma qualcosa ho appreso, forse, ascoltando ed osservando quà e la, alla rinfusa, nel corso del tempo pregresso), per lo meno da quando non ero più un imberbe ragazzino, e per di più senza che neanche un misero straccio di medico me lo abbia ordinato o prescritto (e non immaginate nemmeno quanti ne abbia visitati nel corso della mia vita: un numero che sovente non oso ripetere neanche a me stesso ed ancor più sovente penso faccia rivoltare nella tomba la buona anima della mia zietta Mary, che finanziava i miei capricci e le mie...visite!): le mani sono il primo veicolo di batteri, germi ed infezioni attraverso le vie aeree con cui inevitabilmente un numero imprecisato di volte ‐ volenti o nolenti che siamo ‐ esse vengono a contatto nel corso del giorno. ‐ Ripeto ancora: io sto a posto, anzi, direi "d'esser proprio a...cavallo!". Proseguiamo quindi nel nostro diario, pardon con la nostra rassegna all'interno di questo diario. 
‐ Proverbi a proporzione o matematici (con animali)
Se con una fava si prendono due piccioni, quanti scoiattoli si riuscirebbero a prendere con una noce di cocco?
Tutto, ovviamente (o quasi), potrebbe dipendere da due precipui ‐ ed assoluti ‐ fattori (dicasi, pure: costante matematica): cioé, in poche ma semplicissime parole, tanto dalla mira di colui che va per lanciare la noce di cocco, quanto dall'appetito degli scoiattoli!
Se, invece, da un buco si cava un solo ragno, quante formiche riuscirebbe a trovare dentro una voragine un'alano orbo ed ubriaco?
Anche in questo caso, direi, potrebbe tutto dipendere da due fattori od altrimenti detto da una costante matematica: tanto dall'olfatto dell'alano (in quanto cieco, esso, così come fanno altri animali quasi orbi come lui, in questo caso ‐ tra cui la civetta e il rinoceronte ‐ dovrebbe far "giuoco" su un'altro senso!!!), quanto dalla pazienza delle formiche (la quale, seppure non sia un senso fornitogli dalla natura, è davvero tanta!).
‐ Proverbio con animali (trattasi di un noto quadrupede)...senza proporzioni (né ausili di natura matematica)
"Tutto quanto fa brodo!": dice la gallina prima di essere cucinata. 
‐ Proverbi con rima (sbagliata?!)
Rosso di sera bel tempo si spera: ma è meglio essere in libertà "apparente" o marcire  per davvero in galera?
A caval donato non si spara in bocca; ma una donna frigida guai se la si tocca! PS. E meno male, dovrebbe dirsi: tanto per il cavallo, quanto per la donna frigida! (oppure è meglio così, chissà: per la pistola e per colui ‐ o colei ‐ che toccherebbero la donna frigida!).
‐ Proverbio con commento (stupido o ovvio?!)
"Non tutte le ciambelle nascono col buco".
Infatti: vi sono ciambelle che nascono senza buchi, ma di rimando, però, ve ne sono anche di quelle che vengono al mondo con "due buchi" o, addirittura, con tanti, tantissimi buchi, tanto da apparire un colabrodo o una fetta di formaggio emmenthal svizzero (o groviera, che dir si voglia) piuttosto che...ciambelle vere e proprie. Tutto dipende, a mio modesto avviso (ed a maggior ragione) da due cose: dall'impasto di cui si fa uso per fare le ciambelle nonché dal forno in cui lo si mette a cuocere (varianti di non poco conto, in questo caso: del tutto diverse dalla costante matematica di cui  ho già detto).
‐ Massime della "assurda logica"
Ottobre cade dopo di settembre&novembre vien pria di dicembre: che, però, pur essendo un mese come gli altri, arriva sempre per ultimo.
‐ Il tic‐tac dell'orologio (surreale)
Il tic‐tac dell'orologio si è fermato: ma le lancette continuano ad inseguirlo!
‐ La macchina del tempo 
La macchina del tempo non abbisogna di carburante per camminare, né di una marcia in più per andar più veloce: essa possiede quattro ruote che si chiamano minuti, ore, giorni&anni...
‐ I "nessuno"
Nulla sono i "nessuno"...un battito d'ali; ma ugualmente [sono] importanti: anche i "qualcuno" son fatti di tanti di loro e grazie a loro esistono.
‐ Serie: le domande...(in) discrete (con risposta ‐ no multipla ‐, ulteriore domanda&pensierino)
Chi vorrebbe vivere per sempre? Tutti lo vorremmo...
ma mi domando, ora: a cosa mai servirebbe farlo senz'aver al proprio fianco le persone che abbiamo più amato? Penso questo: il tempo, la vita senza di loro nulla sarebbero se non che eterno tormento.
‐ I masnadieri (definizione: di origine schilleriana?!)
Sono quei tipi che hanno animo gentile&sincero perché [loro] brindano sempre ‐ dopo cena ‐ ai cuori conquistati ed ai corpi posseduti, ma mai negano (vin bevendo) d'aver sofferto per amore nè d'aver goduto di piacere.
‐ Massima della cruda verità (e malcelata saggezza)
La vita da sé provvede a riportarci, cammin facendo, sulla retta via: della noia, del martirio e finanche delle pene!
‐ I "per"...(senza i "se" ed i "ma" annessi)
Per rialzarsi: bisogna essere caduti; per ritrovarsi: bisogna essersi perduti; per aspirare al paradiso (premesso che esso esista?!): bisogna essere stati all'inferno (e questo, come mi assicura più di qualcuno, esiste per davvero!); per vivere in silenzio (a meno che non si sia un monaco tibetano che soggiorna alle pendici dell'Himalaya per trecentosessantaquattro giorni all'anno...in quel caso sarebbe tutta un'altra storia): bisogna aver ascoltato la bolgia della vita; per poter gioire: bisogna aver pianto di dolore; per esser poeti: bisogna esser (e) diversamente speciali (ma no abili: quelli sono altri soggett): accollarsi, cioé, tutte insieme gioie&sofferenze dell'universo e poi riuscire a portarle sulle proprie spalle.
‐ Differenze&parallelismi: il baro&l'onesto (ovvero: favola "mignon" dell'età di mezzo)   
Il baro è una canaglia sincera mentre l'onesto "innamorato" è un ladro ipocrita e bugiardo: entrambi, però, camminan sempre senza scarpe...
L'uno e l'altro (il baro&l'onesto) vestono gli stessi panni; ognuno dei due indossa, a volte, ‐ a turno ‐ i  panni dell'altro. Nessuno, in poche parole, è solo baro o solo onesto: tutti siamo, chi più chi meno, un po' l'uno ed un po' l'altro...
‐ Proverbi a modo mio
(con domandina ed a rima baciata)
Gallina vecchia fa buon brodo: ma quella giovane fa mica l'uovo sodo?
(con esclamazione: senza "se"&"ma")
Chi troppo vuole nulla stringe: ma chi vuole poco o niente, nulla stringe lo stesso!
(con "se"&"ma" ed...esclamazione) 
Se troppi galli cantano non arriva mai giorno; ma se una chitarra ed una tromba suonano: diventa subito notte!
‐ Proverbio di stagione (all'epoca dei "droni")
Una rondine non fa mai primavera; due neanche...ma tre cuori impavidi (ed un popolo libero), invece sì! 
‐ La morte: puntuale e...giusta.
da: un proverbio della Liberia
Si ritarda nel crescere non si ritarda nel morire...ma la morte non ha mai fretta di arrivare anche se è sempre puntuale!
da: un proverbio della Mauritania
La morte è un debito verso la terra che ci ha generati, ciasscuno (di noi) lo deve pagare per proprio conto ed a sue spese...: anche se vive in compagnia o anche se è povero!
‐ La vecchiaia: definizione (da un sonetto di William Shakespeare)
La vecchiaia è lo "specchio" d'una madre e di un padre; è lo specchio per entrambi: i quali rivedono sé stessi e la loro vita rispecchiata e rispecchiarsi in quella dei propri figli. Ma è anche lo specchio severo per ognuno di noi, di noi stessi: che vediamo in lei ‐ attraverso ricordi fervidi ma dolenti, lucide ma impietose memorie (non sempre, purtroppo, accade...a volte vi si frappone "fratello" Alzheimer!) di tempi antichi ‐ una sorta di illudente primavera della nostra gioventù.
‐ E' sempre meglio...oppure no?
E' sempre meglio (ma non lo dice il saggio: chi lo abbia detto non lo so, ma poco conta!) proferire una bugia in maniera furbesca e plateale, intrisa (madida) di sincera soavità piuttosto che una dolce verità: velatamente avvolta di ipocrisia oscena ed anche volgare.
‐ Analogie (parallelismi) "carnevalesche"...ma non è humour all'inglese!
Non molti sono al corrente (direi proprio che siano pochissimi!) che in Italia esistano dei soggetti che strangolano (letteralmente) i galli: è il caso degli abitanti di Strangolagalli (centro agricolo di poco meno di duemilacinquecento anime nella Ciociaria, in provincia di Frosinone), chiamati ‐ appunto ‐ strangolagallesi o strangolagalliani; ma è pur vero, tuttavia, che un notissimo industriale del settore alimentare (Angelo Amadori) sia stato definito: "stragista di galline"!
‐ Domande strane (forse neanche necessarie: chissà, ma...vabbé!)
Molti si domandano (ma sarà vero che lo fanno in molti? Spero di no: spero che molti di più si pongano domande più necessarie...importanti), a volte: "Perché si scrive, perché si diventa scrittori?". Io spero che chi lo fa (compreso il sottoscritto), non lo faccia spinto dalle mode né dal desiderio di mettersi in mostra (che non è un desiderio negativo, sia chiaro, ma credo non debba mai prevalere sugli altri impulsi interiori e sulla spinta che ci portano a farlo). Qualche anno fa ricordo di aver letto un pensiero di Carlo Cassola, al riguardo (il quale, all'interno di questo mio diario, credo proprio giunga a fagiuolo...o è d'uopo, a questo punto, riportare). Lo scrittore romano (pur essendo nato nella capitale, tuttavia, egli trascorse in massima parte la sua vita in Toscana: la zona tra Volterra e Marina di Cecina, nel livornese; la Maremma grossetana), che ai più è noto per il celebre suo romanzo "La ragazza di Bube", opera del 1960 che gli valse il trionfo al Premio Strega, e da cui fu tratta una altrettanto celebre pellicola (tre anni addietro), con lo stesso titolo e diretta da Luigi Comencini (i protagonisti, Mara e Bube, appunto, erano interpretati da Claudia Cardinale e George Chakiris), affermava: "L'impulso a scrivere viene dato da due fattori: il primo è la contemplazione dell'esistenza, la quale è immutabile; non a caso, infatti, si dice che lo scrittore scriva sempre lo stesso libro (nota personale: spesso egli ne diventa, suo malgrado e consapevolmente talora, oppure senza accorgersene, il protagonista; ovvero, quanto scaturisce da quella contemplazione riguarda essenzialmente se stessi); il secondo, invece, è la partecipazione alla vita: intesa come partecipazione alla vita degli altri" (nota personale: la definirei una indagine interiore ed a tutto tondo sulla vita di quegli "altri" che sono da intendersi come umanità).
‐ Edna O'Brien mix
Quello che segue è un mix (come scritto nel titolo del paragrafo) dedicato ad Edna O'Brien: o meglio, più particolarmente ad alcune sue citazioni intorno alla scrittura e agli scrittori. Ma una breve parentesi, invero, ritengo sia necessario aprire. Non conoscevo questa scrittrice sino a qualche anno fa, la conobbi televisivamente nel 2013 seguendo un programma su rai cinque dedicato a grandi scrittori europei contemporanei (il titolo della serie era "Europa tra le righe", ad opera della televisione francese, e seguiva quello dedicato agli scrittori americani: "America tra le righe"). L'Encyclopedia Britannica, una delle più autorevoli in lingua inglese al mondo, oltre che tra le più antiche (la prima edizione risale addirittura al 1768!), così scrive riguardo alla O'Brien: "Edna O'Brien (nata il 15 dicembre 1930 a Twamgraney, contea di Clare, Irlanda), romanziera irlandese, scrittrice di racconti e sceneggiatrice il cui lavoro è stato notato per il suo ritratto di donne, descrizioni evocative e candore sessuale. Come le opere dei suoi predecessori James Joyce e Frank O'Connor, alcuni dei suoi libri furono vietati in Irlanda. I suoi romanzi esprimono disperazione per la condizione delle donne nella società contemporanea e, in particolare, attaccano l'educazione repressiva delle donne. Le sue eroine cercano senza successo la realizzazione nei rapporti con gli uomini, in genere impegnandosi in appuntamenti d'amore condannati come rimedio alla loro solitudine e isolamento emotivo. Il tono cupo è tuttavia interrotto da voli di descrizione lirica e dal raggiungimento di brevi periodi di felicità delle eroine". La sua opera più celebre è la "Trilogia delle ragazze di campagna". Ha scritto anche opere teatrali, sceneggiature per la televisione ed il cinema, saggi critici e storici, libri per ragazzi e di viaggi, raccolte di poesie, etc.
"Gli scrittori vivono davvero nella mente e negli hotel dell'anima". Dopo aver letto questa citazione (tratta da una intervista che la O'Brien concesse nella primavera del 1995 al periodico statunitense "Vogue", una delle più celebri voci editoriali al mondo in tema di moda e del costume), mi sono reso conto, per davvero, della grandezza di questa scrittrice: certamente una delle più fervide nel firmamento letterario europeo contemporaneo. Ha usato (poteva farlo soltanto una mente raffinata e "diabolica" come la sua, anzi, raffinatamente diabolica!) due sostantivi molto "strani" e metaforici (quasi di stampo ermetico, mi verrebbe da scrivere) ma ben appropriati per definire i luoghi in cui vivono gli scrittori, ovvero dove risiederebbe la loro vita interiore: (nel) la mente, quindi il pensiero, e (negli) hotel, quindi le stanze, dell'anima...l'anima è un luogo pensante ma al contempo dotato di una sua coscienza; di una propria vita interiore (non a caso, come detto, é simbolo per antonomasia dell'interiorità dell'essere umano). E quale cosa migliore sia se non quella di raffrontare i suoi meandri più profondi (quelli della sua coscienza e del mondo suo interiore, appunto), paragonarli con l'hotel, ricco di stanze? Mi viene in mente un famosissimo brano degli Eagles degli anni settanta dal titolo "Hotel California" (famoso anche ‐ e soprattutto ‐ per il riff finale di chitarre del duo Joe Walsh‐Don Felder) in cui un uomo, ospite di una stanza del Beverly Hill Hotel (da molti conosciuto o identificato come Pink Palace Hotel) si mette a girare tutto l'albergo senza mai riuscire a trovare l'uscita: un giro senza fine all'interno della propria coscienza interiore, ovviamente.
"Gli scrittori sono sempre ansiosi, sempre in fuga ‐ dal telefono, dalle responsabilità, dalle distrazioni del mondo".
Premesso che sono soltanto un umile scrittore dilettante, debbo dire che in parte mi riconosco nella citazione suddetta: più che ansioso, infatti, a volte in mia vita sono stato depresso; più che in fuga da qualcosa e/o da qualcuno ritengo d'aver spesso aggirato le responsabilità, di rifulgere dalle distrazioni del mondo e...di tener sempre chiuso il telefono, anzi, il cellulare: perché, ahimé, tendenzialmente sono un orso molto pigro...e meno male che non posseggo uno smartphone con opp, ipp, app varie: altrimenti sarebbero stati cavoli amari!
‐ Da dove a dove (origini e luoghi della scrittura)
L'ultima citazione aforistica della O'Brien è questa: "Per scrivere bisogna provenire da qualche remoto luogo del cielo o della terra e giungere sino ad uno strano dove ‐ non a tutti noto ‐ situato ai confini del profondo o sopra le stelle". Diciamo che questa è solo in parte una citazione della O'Brien: a quella originaria (non ricordo quale sia, però) vi ho aggiunto delle mie parole (non ricordo quali, invero)...a latere scrissi il seguente mio pensiero: ‐ Io, allora, provengo sì dall'inferno ma giammai giungerò sino al paradiso, in quanto sempre prima mi fermerò ossia al di quà dei cancelli del cielo (e vivamente spererei che essi restino sempre aperti ‐ anche nottetempo...visto che spesso dimentico le chiavi di qualche porta da qualche parte!).
‐ Le anime (varie specie)
Quelle dei dannati e dei pazzi (da stramonio) gravitano intorno agli inferi: nell'attesa di ardere in eterno, esse stanno sotto una caterva di fango putrido ai confini della "caina vociante" (oh! oh! mi sa tanto che ho parafrasato un certo Alighieri...?!); quelle dei beati (beati loro!) placidamente dormono in un limbo soffice e profumato (proprio come se fossero avvolti nei pannolini Lines: tal quale, direi!), anzi, profumato e soffice: nell'attesa...; le anime dei morti, invece: hanno smesso di attendere.
‐ A proposito di attesa...
Aspettare è bello...il suono delle campane a festa meno dispiace del rintocchio macabro di quelle a morto. Spesso, quando si sente quel rintocchio, ci si pone la seguente domanda: "Per chi stanno suonando quelle campane?". La risposta, in genere, non è facilissima da aversi; tuttavia, ricordo che tanto tempo fa un tale (mai saputo chi fosse, in vita mia: diciamo, allora, ch'era il tal dei tali) a domanda così rispose: "Non preoccuparti, un giorno quelle campane suoneranno anche per te!". La risposta fu chiara e precisa, veritiera ed alquanto "cruda"; propriamente non sibillina né, tanto meno, eufemistica...di certo, però, io non mi sono mai dato pena o preoccupato (più di tanto) per essa! 
‐ Passato e futuro
Sostengono in molti (troppi, forse?!) che non si può vivere nel ‐ e del ‐ passato, ma che si deve andare avanti (sincroni con la vita?!); si deve guardare avanti e farlo cogli occhi rivolti al...futuro. Ora, io non obietto su ciò né sono in grado di dare perentorie ‐ e definitive ‐ risposte: dico solamente che per quel che mi riguarda il "passato è il mio futuro!".
‐ Strano dilemma, anzi, divertente assai...
Vado leggendo in un mio vecchio notes del duemilasedici gli appunti che seguono.
E' meglio esser felici o esser contenti? A mio parere modesto sarebbe meglio essere tanto l'una, quanto l'altra cosa: ovvero, nessuna delle due!
Il perché è presto detto; tali stati d'animo dell'essere umano, infatti, esplicitamente nascono sì d'improvviso ma poi pur svaniscono nel volgere breve d'un attimo: cioé, entrambi hanno la concreta e bellissima quanto però pur ineffabile durata d'un battito d'ali di farfalla...non a caso la vita delle farfalle dura poco più di un nonnulla (molte specie restano al mondo il solo tempo necessario a procreare). Tutt'al più, quindi, converrebbe esser malinconici. La malinconia, infatti, può trovarsi insita nell'uomo sin da prima ch'egli cammini a "quattro zampe", ovvero fin da prima che esso esca dall'utero materno ed emetta il primo suo vagito; e può durare, a volte, anzi, diciamo che può accompagnarlo vita sua tutta natural durante: adunque, senza mai lasciarlo solo. E sapete che bello essere accompagnati per mano da una siffatta compagna? Nulla al mondo può essere paragonato a tutto ciò, credetemi...mi vengono in mente, a chiusura del paragrafo (molti si domanderanno se centrino come i cavoli a merenda?) le parole del titolo di una canzone inglese, l'inno ufficiale del Liverpool FC.: "You'll never walk alone". Infatti, coloro i quali camminano fianco a fianco con la malinconia nel corso della loro esistenza non saranno mai soli: proprio come i  "reds" (così sono conosciuti i giocatori che militano nella squadra della città della Mersey, tanto nel Regno Unito, quanto altrove), a cui i propri tifosi intonano l'inno ogni qualvolta entrano in campo prima che cominci la partita. 
‐ Il "ciclo del vino" (mia teoria)...
Nel novembre del 2015 scrissi una poesia e in alcuni versi citai il "ciclo del vino", una mia teoria che qui vado ad esporre. Ossia, esso avrebbe inizio quando le foglie cominciano a cadere dagli alberi in autunno; quando, cioé, le suddette cadono ed il contadino, contemporaneamente, comincia la mescita, la decantazione ed infine arriva all'imbottigliamento del vino stesso. Il primo vino, ovvio, non si scorda...è sempre il novello, ovvero il primo della stagione nuova.
‐ Guida Pan Am, Webster e...un proverbio indiano
Quando lessi la prima volta ciò di cui vado a scrivere pensai mi si fosse offuscata la vista, anzi, pensai proprio d'aver all'improvviso perduto decine e decine di neuroni; quanto letto allora e poi riletto in seguito, molte altre volte, è però tutto vero! Nei primi mesi del 1982 acquistai nella libreria "Leone" di Taranto, sita in via Di Palma (la più fornita libreria che mai ci sia stata in città: al suo posto vi è ora un negozio di scarpe, credo), la "Guida Pan Am" degli Stati Uniti, edizione 1980 (la più recente, all'epoca, pubblicata dalla Calderini, casa editrice bolognese). La suddetta era in quegli anni (e lo è stata anche dopo, invero, per molto tempo ancora!) il non plus ultra tra le guide turistiche nonché la bibbia dei viaggiatori (virtuali o "reali" che fossero). La comprai perchè avevo in programma un viaggio coast to coast negli States (di cui ho già scritto in altre occasioni), mai svolto ‐ purtroppo ‐ e pensando che mi sarebbe stata utile durante lo stesso: di quelli da farsi a bordo dei Greyhounds, i famosi autobus extra‐urbani che trasportano passeggeri ad ogni ora del giorno e della notte, toccando anche il più sperduto buco di culo della provincia americana...oppure "on the road", come affermava un certo Jack Kerouac, facendo cioé l'autostop. All'epoca la casa editrice emiliana aveva già pubblicato, oltre a quella sugli Stati Uniti, altre guide importanti come quella ai "Musei d'Italia"; aveva anche in preparazione la "Guida ufficiale della Repubblica Cinese", quella di Macao (che per decenni fu territorio battente bandiera portoghese) e quella di Hong‐Kong (sotto controllo britannico sino al 1997): oggi entrambi territori autonomi ma amministrativamente "regioni speciali" cinesi. Ebbene, sfogliando la Guida, a pagina centonovantaquattro (la ottava del capitoletto dedicato allo stato del Massachusetts, senza ombra di dubbio il più "letterario" tra i cinquanta che annovera il vastissimo territorio americano) i miei occhi posero lo sguardo sulle seguenti parole: A Webster, centro di sci d'acqua, c'é il più vasto lago naturale del Massachusetts. Il nome è indiano: Lago Chargoggagogmanchaugagogchaubunagungamaung. Tradotto significa: "Tu peschi dalla tua parte, io dalla mia e nessuno in mezzo". Davvero impressionante, direi: senza ombra di dubbio trattasi del lago più "insolito" al mondo, ma anche quello col nome più lungo...mostruoso, anzi, mostruosamente lungo; nonché molto saggio: il titolo indiano (ho scoperto dopo che si tratta di un proverbio della tribù nativa dei Nipmuc, discendente dagli indigeni Algonchini che popolavano anticamente la regione) racchiude in sé una morale abbastanza semplice seppur precisa, la quale si potrebbe racchiudere in queste parole: "Vivi e lascia vivere!". E' da dire infine che Webster è una piccola quanto amena località della contea di Worcester, situata nella zona centro meridionale dello stato, a ventinove chilometri dalla omonima città, vicino al confine col Connecticut. Fu fondata intorno al 1713 e nel 1832 prese il nome attuale dallo statista ed oratore Daniel Webster. E' famosa anche per un'altro precipuo motivo: fu frequentata spesso e volentieri da una certa Emily Dickinson, a detta di molti la più grande poetessa americana d'ogni epoca; lungo le rive del lago la stessa Dickinson solea trascorrere ore tranquille e da quel luogo trasse ispirazione per molti suoi scritti. 
‐ Detti&frasi celebri...con commento (a modo mio)
Vedi Napoli e poi muori ‐ Meglio sarebbe, però, che ciò avvenisse dopo aver fatto l'amore (non importa se con una donna etero o una donna trans, con un uomo oppure con una puttana da quattro soldi: purché venga fatto seguendo le proprie voglie liberamente), o magari ‐ chissà ‐ dop'aver mangiato del salame di Felino (notissimo salume col marchio Igp, prodotto nel comune parmense ed in altri limitrofi della valle del Taro) o bevuto un bel quartino di buon rosso (magari un Barbera dell'81 o un Castelvetro Grasparossa del 2004), oppure...anche se, in fondo, penso che morire non sia mai meglio! (di nulla o di niente altro: che poi è la stessissima cosa!).

Taranto, 18 marzo 2020.