Dio li fa e fra di loro...
Ero passato da Giacomo per vedere se fosse a casa. Avevo proprio voglia di vederlo.
Più unico che raro il tipo. Pacioso, tranquillo, magro come un manico di scopa. Con quella sua poesia particolare capace di vedere la bellezza anche nelle cose più piccole. Parlare con lui era un toccasana, specie per uno con le fiamme nel cervello come me.
Ad aprire venne una tipa che non avevo mai visto. "Giacomo è in giro per il mondo", disse, "ci sono solo io".
Che ci faceva quella in casa di Jako? Che fosse una parente? Guardandola, riuscivo ad accostarla a lui con la stessa facilità con cui si associa un bacio ad una martellata sui denti.
Indossava dei blue jeans aderentissimi e una t‐shirt bianca tanto‐stretta‐al‐punto‐che‐m'immaginavo‐tutto. Ammetto che rimasi colpito dalla sua… espressività!
"Resti lì o ti decidi ad entrare? Non posso mica stare tutto il giorno sulla porta!
La sua voce mi colse impreparato (e distratto!) ed automaticamente feci un passo avanti. Nel chiudere la porta, più che passarmi accanto mi spinse contro la parete del corridoio.
Era piuttosto scostante, per usare un eufemismo. Ogni parola, ogni sillaba, era come una scarpa che ti arrivava in testa. Il suo tono, i suoi gesti, il suo intero modo di atteggiarsi sembrava ripetere con insistenza "chi diavolo sei? Che vuoi? Perché non te ne vai?", pur invitandomi apparentemente a sedere in salotto.
Cercando di resistere a quell'incoerente bombardamento e nel contempo di mantenere la calma, sedetti e azzardai un tentativo di conversazione. Avrei solo voluto sapere se c'era la possibilità di vedere il caro Jako entro la giornata. E avevo anche aperto bocca per chiederglielo, quando lei sparì in direzione della cucina, per tornare dopo un paio di minuti con un bicchiere d'acqua, colmo fino all'orlo.
"Bevi!", ordinò perentoria e nel porgermelo me ne rovesciò metà sull'inguine.
Calda! Era bollente! Scattai in piedi con un urlo, cercando di scuotermi di dosso, se non l'acqua, almeno il calore! E avrei dovuto berla, quell'acqua, anche quando avessi avuto sete?
Mi volsi verso di lei con‐moto‐ondoso‐tendente‐al‐molto‐mosso… E lei rideva! Era piegata in due dal ridere, si stava letteralmente sganasciando! A momenti le cascava il bicchiere di mano.
Cominciai a sentire una specie di calore in fondo alle viscere. "Male!", pensai. "E' dal basso che la pentola comincia a bollire!"
"Senti…", sbottai, e stavo per dar seguito ai miei pensieri quando lei, messo al sicuro il bicchiere, mi si piazzò davanti, piantandomi gli occhi negli occhi, sebbene la superassi in altezza di un palmo abbondante. Quindi ripartì col suo show, girandomi attorno e squadrandomi con la stessa espressione di ribrezzo che, probabilmente, avrebbe usato guardando un enorme escremento puzzolente.
Il calore mi si stava propagando allo stomaco, lo sentivo arrampicarsi verso la gola come la creatura del film "Alien".
Ma lei si fermava? Cercava di salvare il salvabile? Di correre ai ripari? Ma che! Mi puntò il seno piccolo e sodo contro il petto e spinse in avanti come se avesse potuto farmi volar via come un fuscello.
Prima che potessi formulare il pensiero, la mia mano era già partita verso il suo viso. L'impatto generò il più sonoro ceffone che avessi mai sentito.
Per qualche secondo il tempo parve fermarsi, ebbi l'impressione che l'eco dello schiaffo sfumasse in dissolvenza spandendosi per le stanze. La sua testa era rimasta girata e quando tornò a rivolgersi verso di me lo fece lentamente, come se si muovesse al rallentatore.
Guardai la mia mano come fosse quella di un altro, sebbene la sentissi ancora pulsare di calore. Non era possibile che avessi reagito in modo tanto impulsivo… Non era da me! La fissai con lo stupore di chi ha appena visto una bomba scoppiargli in faccia. I suoi occhi di un azzurro pallido, fino a poco prima quasi glaciali, esprimevano ora uno stupore molto simile al mio. Mi aspettavo di lì a poco un'espressione di vendetta. Invece…
Il colorito roseo della guancia non toccata contrastava visibilmente col rosso porpora dell'altra. In quel momento mi sembrò quasi una bambina che avesse ricevuto un'inaspettata punizione.
Mi sentii un verme. Avrei dato non so cosa per essere lontano le mille miglia da quella stanza. Aprii la bocca per scusarmi in qualche modo di quel gesto che io stesso non sapevo spiegarmi, approfittando del fatto che i suoi occhi non si erano ancora staccati dai miei, finché sentivo di avere la possibilità di farlo.
Come accennai a scandire la prima balbettante sillaba lei mi coprì delicatamente le labbra con una mano, poi avvicinò le sue alle mie mentre vedevo i suoi occhi farsi sempre più grandi… Un attimo prima avrei dato un braccio per farmi perdonare, ora non chiedevo altro che perdermi in quello sguardo improvvisamente dolcissimo… Non capii più nulla…
Quando mi svegliai fuori s'era fatto buio. Mi alzai per andare in bagno, dopodiché avevo tutta l'intenzione di coccolarmi la mia strana e sconosciuta guerriera. Solo ora infatti mi rendevo conto di non conoscerne neanche il nome. Stavo per tornare da lei quando, uscendo dal bagno, sentii un rumore di chiavi all'ingresso.
In un attimo immaginai la mia "bellissima" figura. Raccolsi alla rinfusa tutta la mia roba, disseminata per la stanza, e mi richiusi in bagno. Non so se vi è mai capitato di avere allucinazioni. Io credetti di averle in quel momento.
Udii distintamente la voce di Giacomo chiamare "Linda, amore, ci sei?" e sentii le mie mani sudare di colpo. Poi udii la voce di lei (Linda?) rispondere "si, sono qui tesoro. Mi cambio un attimo e arrivo. Sai, è venuto un tuo amico a cercarti e mi ha tenuto un po' compagnia. Adesso credo sia in bagno". Sentii la pelle d'oca su tutta la schiena.
Con la faccia più accomodata di questo mondo feci capolino dalla porta del bagno. Avrei voluto strisciare. Ai miei occhi l'evidenza si poteva tagliare col coltello. Invece…
"Andrea, vecchio vagabondo! Come stai?" E mi abbracciò fraternamente, in quel modo che solo lui possiede. Poi, insieme ad una pacca sulla spalla, mi diede il colpo di grazia, "allora hai già conosciuto mia moglie!" Avrei voluto sprofondare sotto terra, esplodere in mille pezzi… "Ci siamo sposati un mese fa e non lo abbiamo ancora detto a nessuno degli amici. Tu sei il primo"
"Beh", risposi, mangiandomi un po' le parole, quasi potesse essere una giustificazione, "questo veramente Linda non me lo aveva detto"
"Hai ragione", intervenne lei, che nel frattempo aveva indossato una tuta ginnica ed un body. Un velo di trucco leggero ma ben dosato attenuava di molto i segni della colpa, "ci siamo messi a chiacchierare e abbiamo dimenticato le cose più importanti. Ora, però, scusatemi ma devo proprio scappare in palestra". E schizzò via, baciando il marito al volo e lanciandomi nel contempo un'occhiata più che significativa.
Mi sentii abbandonato al mio destino, di fronte al mio tribunale. Chiusi gli occhi in attesa della successiva domanda di Giacomo, quella che certamente mi avrebbe inchiodato. Invece…
"Sai, Linda ha appena iniziato a dirigere un corso di Comunicazione Psicocorporea", esordì il mio ignaro amico, "ah, si? Che roba è?" chiesi con l'animo di Giuda dopo il tradimento, "una roba stranissima!" continuò lui, apparentemente imperturbabile, "pensa che la teoria su cui si basa questo corso sostiene che imparando a trasmettere le giuste emozioni si può portare gli altri a reagire secondo i tuoi desideri. Una sorta di persuasione occulta. In teoria potresti far fare a chiunque tutto ciò che vuoi, agendo col tuo comportamento sulle emozioni più elementari e profonde dell'altra persona e senza che l'altro neppure se ne accorga. Ma ovviamente tutto questo è solo teoria"
Mi volsi a guardare in faccia Giacomo per la prima volta da quando era entrato, mentre un sospetto nasceva e si faceva rapidamente strada nella mia testa… Quella strana sensazione di essere sballottato da uno stato d'animo all'altro, quasi non potessi evitare di agire come avevo fatto, come se non avessi altra scelta… Le strane provocazioni di Linda, i suoi comportamenti irritanti ed assurdi, finché non avevo perso il controllo… E quando mi sarei aspettato una reazione, ecco comparire l'esatta opposta, con tutto quello che era seguito…
Finalmente compresi. Compresi che Giacomo non era l'unico ad essere stato ingannato, anche se sentivo che, anche per vigliaccheria, non gli avrei detto nulla. Avrebbe visto il suo sogno andare in pezzi e non volevo essere io a svegliarlo. Rifiutai quella responsabilità. Si vedeva che amava davvero quella donna. Doveva arrivarci da solo. Anche se mi sembrava di abbandonarlo. E quando, o se, fosse successo, allora sarei stato lì ad aspettarlo, pronto a dargli una mano a raccogliere i cocci, se necessario. Ma non in quel momento.
Di una cosa però ero certo: avevo ritrovato il mio amico e per quanto mi sentissi un pugno nello stomaco, non lo avrei fatto soffrire. No, non sarei stato io. Qualcun altro ci stava già pensando. E se un giorno avesse scoperto cosa c'era stato fra me e sua moglie, allora avrei fatto i conti con lui. Ma solo con lui. Faccia a faccia.
"Beh? Non dici niente?" la voce di Giacomo mi distolse dai miei pensieri. Aveva appena finito di parlarmi della più grande novità della sua vita e si stupiva della mia momentanea indifferenza.
Gli gettai un braccio sulle spalle, provando in un attimo tutto l'affetto che si può provare per un vero amico "ma dai! Sul serio?" e allargando la bocca in un sorriso amaro, "Chissà com'è brava..!"