Dio non parla napoletano
Dio non parla napoletano: è un dio troppo difficile, astruso, ascoso, senza volto, né immagine da appendere a un altarino. Non sorride, non parla, non colloquia tra loro.
Il paganesimo è ancora una nebbia densa, pesante, che non dirada da vicoli e bassi. Virgilio, mago per Napoli, attese per anni, in caverne di tufo, di passare lo scettro a S.Gennaro. Il bisogno del sacro ha mille rivoli, siano sembianze, avvenimenti o altre magie. A ciarlatani o santi, si chiede, si prega, si inveisce. L’immaginetta o l’adesivo creano congreghe virtuali di appartenenza. L’importante è mostrarle comunque. I santi gareggiano, tra loro, nella magnificenza del miracolo. Il sangue, vita liquida, è preferito sul palcoscenico del quotidiano. Il miracolo non avviene una sola volta, nella sua storia, come evento unico, fragorosamente soprannaturale, ma ha una sua ripetitività, un appuntamento popolare, atteso, dovuto. E’ un vaticinio, interpretabile da tutti. Un miracolo semplice, facilmente verificabile. Un sì o un no, un testa o croce, dotato di sacralità. Quale aiuto avrebbe dovuto avere questo popolo, martoriato nei secoli, se non l’accorrere del miracolo, magia di pensiero, dolce e irrinunciabile lenimento.