Dolce&Gabbana
Amo Portofino. Ogni volta che ritorno in Liguria, prendo il treno da Genova e scendo a Santa Margherita. Poi, percorro a piedi la stretta litoranea, che porta a Portofino. In macchina o in bus sarebbe un reato. Sono passi paradisiaci, di colori, di profumi, di ricordi. Ma l'euforia delle endorfine, che il nostro cervello scatena alla visione del bello, cancella ogni fatica. Povera madre, convalescente da una colonstomia per un cancraccio da due, tre mesi, la percorse con me, costretta, a braccetto, vivendo vita vera. Non me ne pento. Si cammina al suono del frangersi delle onde dabbasso. L’occhio si stende in un azzurro confuso di mare e cielo. Vele invidiate, sono macchie candide. Il verde mediterraneo di contorti pini è quasi un tetto che ti profuma e ti dà macchie d’ombra. Giunto a Portofino, subito a comprare la fugassa in un negozietto fermo nel tempo: scelgo quella sbrodolante d’olio d’oliva che scende tra le dita. Incontro l’odore di mare, di porticciolo. Turisti in sindrome stendhaliana vagano guardando a caso, altri si attardano nelle boutiques di nome. Subito dopo amo alzarmi, a volo d'uccello, sino al castello Brown, uno stretto sentiero tra cancelli e inferriate di ville superbe, che hanno i nomi sottaciuti dei nostri ricchi, imprenditori, politici e attori. La vista è unica. Tra fiori, l'azzurro del mare, violento, quasi una macchia indelebile. Ricordo che mi colpirono, in bilico, su di un dirupo, aldilà dei cancelli di una lussuosa villa, due sdraio da giardino, dalle tele eccentriche, affiancate, strette come da un sentimento. Erano sospese su di un panorama unico. Un precipizio da estasi.
"Chi sarà mai questa coppia d'innamorati, così fortunata e doverosamente felice, da potersi unire in questa bellezza?" Dissi a mezza voce.
"Dolce e Gabbana!" Mi rispose un ragazzetto di passaggio, ammiccando un mezzo sorriso.