Domenica d'Agosto
Genova Pra Palmaro. C'andavo al mare con mio padre. Uno di quei casotti di legno sopraelevati tipo palafitte era il chiosco dei "Bagni Gatto". Un bar tutto di legno con piccolo saloncino, tavolini e il juke box che spandeva la sua musica. La gente ballava sulle note di Smoke gets in your eyes oppure Only You. Quanto mi struggevo quando mi perdevo a guardare il figlio del proprietario dei bagni. Si chiamava Giancarlo. Biondo, abbronzatissimo, con due occhi felini verde smeraldo e il sorriso un po' insolente di chi sa di essere bello. Il cuore mi batteva forte. Ah, se mi avesse invitata a ballare! Io avevo undici anni e mi portavo addosso la mia fragile pelle da rossa, abbondantemente ustionata dall'imprudenza, e ulteriormente torturata da mio padre che, con la delicatezza di un ippopotamo, mi spalmava senza pietà la vegetallumina un po' ovunque. Me ne stavo appoggiata, non seduta, su una sedia vicino al juke box, a gambe e braccia rigide, arrostita a puntino, attenta a che nessuno mi sfiorasse neppure per sbaglio. Sapevo che dopo la fase delle piaghe, ci sarebbe stata quella della spellatura che mi avrebbe resa vagamente leopardata, le efelidi disseminate sulla pelle troppo rossa sarebbero diventate verdi, ed io sarei sembrata una marziana. E Giancarlo? Leggevo nel suo sguardo una sorta di pietà, quella che si riserva a una bambina. Il suo divertito: come va oggi? Brucia sempre? Mi trafiggeva l'anima. E poi lo guardavo nascondersi sotto l'impalcatura dei casotti con le ragazze: belle, abbronzate, più grandi di me naturalmente. E mio padre si avvicinava, cosa vuoi? vuoi un gelato, un ghiacciolo? Andiamo a prendere la focaccia con le cipolle e i fichi neri? Anche per lui ero una bambina. Ma quella domenica d'agosto successe qualcosa. Una signora, mi sembra di ricordare fosse di Milano era nel bar mentre tutti ballavano. Appena le note di Smoke gets in your eyes invasero la saletta, lei venne verso di me e mi invitò a ballare. Fu il primo ballo della mia vita e non dimenticherò mai una donna che evidentemente aveva capito tutto il mio desiderio di ballare e di far parte del mondo dei "grandi". Fui così felice, anche se, certo, Giancarlo non mi vedeva proprio.