Donne...Donne...Donne.

In via Placida a Messina, in una palazzina a due piani abitavano due famiglie di marocchini, ormai erano alla seconda generazione ed i maschi si erano integrati in quanto a lavoro. Ahmed da semplice muratore era diventato costruttore sia perché lavoratore indefesso sia perché riusciva  ad eseguire costruzioni a minor prezzo della concorrenza  perché si riforniva di materiali presso negozi arabi. Ultima furbata, disonesta, quella di pagare meno del previsto gli operai, tutti paesani, facendosi restituire in contanti parte dello stipendio ufficialmente erogato. Altra peculiarità, che non aveva nulla a che fare col lavoro era quella di ‘avvicinare’ donne  italiane che, sia per curiosità che per l’avvenenza del marocchino ben volentieri lo facevano usufruire delle loro ‘grazie’. Allora tutto bene? Non proprio:  Un dio non  della sua religione, Hermes, pensò bene di ostacolarlo facendolo cadere dal quinto piano di un palazzo in costruzione con ovvia conclusione. Le forze dell’ordine e l’Autorità Giudiziaria non ritennero opportuno far eseguire l’autopsia al cadavere, sembrava un  incidente di lavoro come purtroppo ne succedono tanti in Italia ma Malika, la moglie, per istinto pensò che qualcuno interessato alla sparizione del marito lo avesse spinto nel vuoto per motivi…ce ne potevano essere vari: da concorrenti nel campo del lavoro od anche da parte di mariti che non avevano apprezzato gran che le corna arabe. Ahmed oltre che con la moglie  conviveva con una concubina a nome Naima e con la figlia Amina diciassettenne di rara bellezza, sembrava un’indossatrice per altezza, comportamento e faceva la sua bella figura anche perché, vestiva all’occidentale e si era sempre rifiutata di indossare il burqa come le donne di casa sua. Amina frequentava la seconda classe di un liceo di via Cavour. Inutile dire che i compagni di classe erano come i mosconi sulla marmellata ma la ragazza se ne faceva beffe, i giovani non la interessavano anche perché non avevano le possibilità di far a lei raggiungere gli obiettivi che si era prefissa. Leggendo Platone aveva compreso il concetto che ‘chi più sa più vale’ ed allora, oltre ad impegnarsi sui  libri di testo si recava spesso in biblioteca per farsi prestare romanzi per migliorare la sua cultura. Il giovane bibliotecario, molto volentieri, le forniva i libri dei vari autori: gli italiani  Moravia, Svevo, Pirandello e Flaiano,i francesi Camus e Yourcenar, l’ungherese Szabó, gli americani Steinbeck e Cronin, il russo Dostoevskij.  Amina  così impegnata non usciva di casa se non per frequentare le lezioni.  La madre Malika, che nel suo paese non aveva frequentato la scuola era preoccupata: “Figlia mia non studiare troppo, a che ti serve, sei una donna!” “Mamma non voglio diventare una schiava come te e come Naima, in Italia le donne posso far carriera in qualsiasi campo, dovresti essere orgogliosa di avere una figlia come me.” Malika dopo la morte del marito era stata avvicinata da Said capo cantiere di Ahmed  che abitava al piano terreno del suo stabile e che le aveva proposto di firmare un atto per delegarlo a seguitare il lavoro del marito, le avrebbe dato metà degli intrioti. Malika accettò, non aveva altre forme di guadagno e  strinse amicizia con Said che aveva circa la sua età. Vedendo le donne italiane che si godevano la libertà di far quello di loro gradimento, prese anche lei a vestirsi all’occidentale seguita da Naima, erano rinate a nuova vita. Ovviamente in fatto di maschietti non se ne parlava proprio,  le due donne rimpiangevano  certe buone prestazioni  sessuali di Ahmed. Stavolta Hermes, ormai diventato, sua sponte, protettore delle due signore pensò come aiutarle in quel campo…il candidato più indicato era  Said  il quale, però’  non aveva mai avuto il coraggio di avanzare proposte alle due dame anche se dal suo sguardo di poteva capire che…Hermes ancora una volta si diede da fare: Malika una mattina si risvegliò con un febbrone da cavallo, Naima non sapeva a chi rivolgersi ed interpellò Said il quale fece venire in casa un medico amico che sentenziò un forte mal di gola e prescrisse delle medicine che Said andò a comprare in farmacia a sue spese. “Dimmi quanto ti debbo dare.” “È un mio omaggio anche se tu potresti sdebitarti…” Il ghiaccio era rotto, in due giorni la febbre di Malika diminuì sino a scomparire, madame si era ripresa in piena forma ed una sera: “Said mi son finite le pillole contro il mal di gola, che ne dici domattina per andare in farmacia?” Malika al ritorno di Said si fece trovare abbigliata con una vestaglia trasparente e… ‘sotto il vestito niente’ come da film di Carlo Vanzina, conclusione: un ‘approccio’ sessuale durato tutta la mattinata con Naima che controllava la situazione per accertare  che Amina non rientrasse in casa prima del tempo. L’eredità sessuale di Ahmed era stata doppia e quindi anche la concubina, alternativamente usufruiva delle ‘grazie’ del focoso Said. Anche se la situazione era gestita dagli interessati con la massima discrezione, le frequenti assenze dal lavoro di Said erano state notate dagli operai che sparsero la voce ed il pettegolezzo si diffuse fra gli abitanti della via fino a giungere alle orecchie di Amina la quale, benché non accettasse le severe leggi islamiche era preoccupata che qualche fanatico islamico  potesse fargli fare la fine di suo padre. Anche l’Imam intervenne e, con molta diplomazia ricordò ad Amina i principi indissolubili della religione musulmana. Amina ricordò all’Imam un pensiero filosofico di Nietzsche per cui ‘fra religione e scienza non esistono parentele né amicizia né inimicizia, essi vivono in sfere diverse’, lei con lo studio aveva compreso ed applicava questo principio. Aggiunse anche che era amica di una maresciallo dei Carabinieri a cui avrebbe fatto riferimento in caso che dovesse accadere qualcosa di spiacevole alla sua famiglia. L’Imam sicuramente non gradì la spiegazione della ragazza ma non lo fece comparire, ormai considerava quella famiglia ‘perduta’ per quanto riguardava la fede ma non trovandosi al paese di nascita…. Amina convocò la madre e Said e fece loro comprendere che la miglior soluzione era per loro quella di sposarsi in maniera laica al comune e così finalmente sarebbero cessate le chiacchiere anche se qualcuno si domandava che ruolo potesse avere Naima in quella famiglia…il maligno c’aveva azzeccato nel senso che la ragazza riprese il ruolo di concubina quando era vivo Ahmed. Amina malgrado i molti pretendenti alla sua mano si dedicava solo allo studio. Una mattina nella sua classe entrò il bidello: “La direttrice desidera parlare con la signorina Amina.” La ragazza si domandò quale potesse essere il motivo di quell’incontro, a scuola era brava in tutte le materie, non aveva problemi disciplinari…”Carla, la preside le andò incontro sorridendo: “Cara eccellenti notizie per te, il notaio Ruggero ti ha convocato perché tu prenda visione del  testamento di tuo zio  Nabil recentemente deceduto in Algeri. Il signore era un paperone in senso finanziario, récati appena possibile dal notaio, auguri.” Amina ricordava che da piccola il padre Ahmed le aveva parlato di un suo fratello ricco ma con cui però non aveva rapporti e allora…” La ragazza, eccitata dalla notizia preferì usare un taxi per raggiungere viale Europa, aprì al secondo piano una porta a vetri con la scritta ‘Matilde notaio’ e si trovò dinanzi ad un donnone. “Signor notaio io sono Amina, ha notizie per me.” Il donnone aveva poco di femminile, a parte l’altezza superiore alla media aveva una mascella quadrata, poco seno, capelli corti ed espressione piuttosto maschile. “Novità stupende per lei, Hassan un mio collega di Algeri mi ha trasmetto via fax il testamento di suo zio Nabil, ora è lei molto ricca, è divenuta proprietaria di raffinerie, centrali elettriche, stabilimenti balneari ed altro, legga lei stessa il fax e poi prepari un viaggio ad Algeri, le ci vorrà una guardia del corpo per allontanare i mosconi, lei è così bella…” Lo sguardo della professionista era diventato languido, probabilmente  avrebbe voluto tramutarsi lei in moscone… Amina rientrando in casa voleva dare lei  alle due signore la buona notizia ma fu preceduta dalla madre che abbracciandola: “Cara una novità bellissima, diventerai zia…” A dir la verità la novità della madre non era stata di suo gradimento, la vecchia (per lei una quarantenne era vecchia) poteva starci attenta, rimandò a più tardi fornire le sue novità, nel frattempo  compose il numero telefonico del notaio Nabil: “Dottor Nabil sono Amina, ho letto il suo fax.” “Carissima le faccio innanzi tutto le mie congratulazioni e poi le chiedo di venire appena possibile ad Algeri  per sistemate le pratiche burocratiche.” “Egregio dottore, non è mia intenzione ritornare in Marocco per dei fatti accaduti a ragazze tornate in patria, fatti di cui lei  è  sicuramente a conoscenza quindi la prego di contattarmi tramite  la notaia Matilde di Messina,.” “Mi dispiace avrei voluto conoscerla, mi risulta che lei è molto bella…” ‘Si ed anche molto ricca.’ pensò Amina. Malika ed Naima avevano  appreso  della fortuna capitata a Amina ma non fecero commenti. La ragazza incaricò Hassan di vendere i suoi beni, ci vollero due mesi prima che il suo conto corrente  si gonfiasse a dismisura con lo stupore del direttore e degli impiegati della sua banca con la conseguenza che quando Amina entrava nell’istituto di credito la ossequiavano con un inchino. Alberto,  il nome del dirigente era un classico impiegato di banca: elegante ma non pacchiano, cravatta in linea con il colore della giacca, camicia con risolti, scarpe in pelle e non come quelle di moda che sembravano scarpe da tennis, insomma un tipo piacevole anche fisicamente. Quello che più Amina apprezzò in lui era l’eloquio brillante ma non esagerato, lo sguardo serio e soprattutto il fatto che le aveva dato dei consigli come investire il denaro lasciandone poco nel conto corrente. “Signorina non vorrei essere considerato invadente, se lo desidera potrei invitarla a pranzo in un ristorante qui vicino ma qualora…”Amina lo scrutò a lungo, voleva rendersi conto di che tipo fosse il direttore poi: “Mi sembra che il nome Alberto voglia significare illustre e famoso, lei lo è?” “Non penso proprio, i miei genitori erano agricoltori, hanno fatto molti sacrifici per farmi studiare, li ho ricompensati con una laurea in economia e commercio con 110 e lode, purtroppo sono deceduti, il nome Alberto era quello del padrone del terreno coltivato dai miei.” Il proprietario del ristorante era un signore anziano, ex pescatore aveva messo i remi in barca, come si dice in gergo ed aveva aperto quel locale famoso per il pesce freschissimo, lui se ne intendeva. “Allora Salvatore che ci propina oggi?”  “Di propina non ne ho posso servirvi saraghi, gamberi, polipi, seppie, un brodetto misto o, se avete qualcosa da festeggiare ho un’aragosta viva che ancora sta  nuotando nel mio piccolo acquario.” Alberto guardava in faccia il padrone del locale senza ordinare, era in panne, venne in suo aiuto Amina: “Signor Salvatore vada per il brodetto come secondo, per  primo fettuccine al sugo di gamberi, poi un’insalatona mista mi raccomando senza cipolla!” Alberto era diventato rosso in viso, se ne accorse Amina che volle venirgli in aiuto ma mettendosi a ridere  peggiorò la situazione. “Io ho diciott’anni, sto frequentando il terzo liceo classico, in questo momento m’è venuto in mente un verso di Dante: ‘Un picciol fiumicello la cui rossore ancora mi raccapriccia’, mi scusi se l’ho messa in difficoltà, di solito non sono invadente, non so cosa mi sia successo.” “Io sono un vecchietto di trentadue anni, voglio stupirla con dirle il significato del suo nome appreso in passato da una sua conterranea: vuol dire ‘che dice la verità ed anche moglie fedele’.” “Io le rispondo citando Telemaco figlio di Ulisse: ‘l’onore degli uomini dipende dalla lor fedeltà verso le loro mogli.’”  “Ora che abbiamo fatto sfoggio di cultura caro il mio direttore che ne pensa se riempiamo il pancino che sta gorgogliando?” Consumato il primo piatto  Amina: “Vado in bagno.” Bugiarda, la signorina si era diretta in cucina ad ordinare l’aragosta che quando giunse in tavola, Alberto…”Salvatore non ti ho ordinato l’aragosta, non ho nulla da festeggiare.” “Dottore si metta d’accordo con la sua fidanzata!” “Allora sei stata  tu ad ordinare l’aragosta cara la mia fidanzata!” “Che ne dice se la innaffiamo con un buon Prosecco!” “Mi vuoi far ubriacare ma te lo puoi dimenticare…”Alberto non riuscì a finire la frase, la sua bocca era stata occupata dalle labbra di Amina. Quando il direttore era riuscito a riprendersi: “Dicono della riservatezza delle donne musulmane, a me sembra il contrario…” “Ti assicuro che è la prima volta che mi succede, non ti chiedo scusa, spero ti sia piaciuto.” “In passato ho avuto una triste esperienza con una ragazza e per questo sono…sono…”  “Ormai sei mio, mi sei piaciuto dal primo istante, non ti mollo, le donne marocchine hanno un carattere forte, lo proverai a tue spese, bello mio.” “Salvatore il conto…”Questa volta offro io per festeggiare dottore il suo fidanzamento, auguri.” “Ormai hai sparso la voce, cosa dirò alle mie amiche?” “Non fare il buffone, io sono possessiva con le persone che amo, attento a te, non ti illudere, la cosina te la dovrai conquistare!” Il direttore con la sua Golf accompagnò a casa Amina che trovò le due donne in apprensione:”Che t’è successo?” “Mi sono fidanzata ma non vi dico con chi, buona notte!” Gli esami di stato furono superati senza problemi, ora c’era l’università ma Amina non aveva ancora deciso in quale facoltà. Alberto ‘non stava più nella pelle’ ma pensò ad una tattica dilatoria per far arrabbiare la ormai fidanzata, dopo due giorni: “Stai facendo il furbastro, ti pagherò con ugual moneta anzi pensandoci bene ti farò fare un figura di c…o davanti ai tuoi dipendenti. E così fu, Amina una mattina di agosto si abbigliò in modo provocante: camicetta senza reggiseno scollatissima, minigonna abissale con slip dello stesso colore della pelle per far sembrare che…, tacchi vertiginosi, andatura ondeggiante, entrata trionfale in banca. Il direttore era nel suo ufficio nel retro, fu avvisato dell’entrata  della ragazza da un suo dipendente. Alla vista di Amina Alberto quasi svenne, la portò di corsa dentro il suo ufficio questa volta pallido in viso. Nessuno dei due profferiva verbo ma Alberto questa volta decise di reagire: prese Amina per mano e la condusse al centro della sala: “Signori impiegati questa è Amina che si dichiara mia fidanzata e addirittura vorrebbe sposarmi, giudicate voi se potrei mai convivere con un clown di tal genere, meglio farmi frate francescano…” La ragazza cercò di imitare il romanesco appreso leggendo i versi del Belli e di Trilussa ed in tale dialetto gli rispose: “A cocco nun te dimenticà la mia origine marocchina, se ce ripensi e nun me metti l’anello ar dito farai la fine di quell’americano… sui giornali apparirà  n’articolo così concepito: ‘anche in Italia abbiamo il nostro Bobbit per mano di una bellissima ragazza marocchina, si chiama Alberto ed è un direttore de banca o meglio era perché senza attributi nun potrà più esserlo’, che me dichi?” Il vicedirettore: “Alberto  mi sa che è meglio che te la sposi, se la lasci me la prendo io!” “Tu t’attachi  come il Taracchi, forse ci stò ripensando, siete tutti invitati alla cerimonia in Comune poi pranzo afrodisiaco da Salvatore.” Grande battuta di mani, dopo un mese la cerimonia:  Malika con in braccio il neonato Hassan seguita da Said e da Naima testimoni. Il ristorante era stato prenotato tutto per neo sposi e invitati che poterono dar la stura ad un casino indiavolato. La sera, a casa: “Anche se non ne abbiamo parlato ti debbo dire che sono vergine.” “Vergine in senso zodiacale o quella dai candidi manti?” “Dì un’altra spiritosaggine e…” L’amore fisico prevalse, Alberto fu molto delicato cosa  apprezzata da Anima che finalmente comprese che Alberto era ‘l’omo suo’. Nei giorni seguenti Alberto e consorte erano in salotto dinanzi alla TV quando passò dinanzi a loro Naima, Alberto: “Lo sai che quella ragazza non è male, ci sto facendo un pensierino.” “ Dicono che i marocchini ce l’abbiano più grosso degli italiani, vorrei provare se è vero, chissà com’è quello di Said…”Alberto finalmente comprese che per lui ‘non c’era trippa pè gatti!’