Editing
Rossi mi stressava, seguivo le sue mani piccole piccole sottolineare, tratteggiare, cerchiare.
Vedevo la sua penna rossa scrivere ai lati del foglio: questo non va, questo toglilo, per noi non esiste, la nostra casa editrice questa cosa non te la stampa, etc., etc. Insomma un calvario!
Avevamo già fatto incontri sulla coerenza, sulla compatibilità, Rossi aveva già fatto le sue segnalazioni sul climax, sull’aderenza degli stili alle varie situazioni, controllato che questi fossero in linea con quelle descritte. Pensavo fosse finita, ma quella mattina nel suo ufficio successe l'irreparabile.
Eravamo ad un piccolo tavolo tondo, di lato alla sua grossa scrivania ricoperta di libri, fogli A4 battuti a computer , manoscritti attaccati con grosse spille, libri, depliant e due computer, uno portatile e uno fisso, due cellulari e un telefono a spina, una calcolatrice, un vaso di fiori vuoto, due tazze di caffè anch'esse vuote ma sporche di zucchero raggrumato sul fondo, due cornici con foto di bambini, un cavalluccio a dondolo di ferro che si manteneva per miracolo su un'asticella per via di un contrappeso.
Per cui la scelta di sederci l'uno affianco all'altro al tavolo e non di fronte non era dovuta ad ospitalità, non era stata fatta per farmi sentire più a mio agio, era semplicemente l'unico ripiano vuoto del suo ufficio, perché ovviamente i mobili, le mensole e quant'altro erano ricoperti di carta, di una enorme quantità di carta, scritta, rilegata, piegata.
Ci eravamo infognati, già poco prima mi aveva detto che la tensione non attanaglia, ma al massimo invade, per cui dovevo cambiare la frase. Ok, va bene, gli avevo risposto.
Ci eravamo infognati su quel che accadde, accadde: non gli piaceva, lo trovava ripetitivo , quasi cacofonico, andava sostituito con un soggetto e un solo verbo, tipo: quel fatto, quella cosa, l'evento accadde.
« Ma perché? A me piace così, che differenza fa? Mi piace, crea movimento, il pensiero vi si aggancia e il lettore segue meglio il percorso...»
« Ma che dici, cambialo!» Si alzò, anche quel giorno avevamo finito senza finire tutto, si avanzava lentamente.
Mi sentii sfibrato e prese a montarmi la rabbia, sentivo che lui ci godeva a rompermi i coglioni, il potere che aveva lo ingigantiva, lui che era quasi un nano.
Sbottai: « Vaffanculo Rossi, tu saresti capace di editare anche un elenco telefonico, pensi di sapere tutto, ma chi cazzo sei?» Me ne andai sbattendo la porta.
Per le scale mi prese lo scoramento, e ora? Pensai: cavolo era un anno che aspettavo di pubblicare quel cazzo di romanzo, ci avevo speso soldi e rimessoci quasi la salute e mettersi contro Rossi era stata una vera stronzata!
Gli telefonerò per scusarmi, conclusi, ma non riuscivo a rasserenarmi, la verità vera era che non mi andava di sottostare a tutto quello, che ero stufo che la gente rovistasse nelle mie cose, che mi mettesse le mani in bocca per individuare denti malati che malati non erano e piazzarmi denti finti, costosi che non erano i miei.
Fu per strada che mi folgorò un'idea, quando vidi una ragazzina distribuire volantini, affrettai il passo, dovevo attrezzarmi.
La mattina dopo mi piazzai all'angolo della strada dove erano gli uffici dell'editore, avevo stampato una cinquantina di copie delle prime due pagine del mio romanzo, ripreso nella sua versione originale, quella solo mia.
Avevo già essiccato la cartuccia della stampante ma poco male, ero contento.
Avevo scritto a stampatello, bello grande, a margine del primo foglio, sopra il titolo:
se ti piace, torna domani a prendere altre due pagine, io sarò qui, dove mi hai trovato oggi.
Incominciai a distribuire i fogli, avevo solo cinquanta possibilità , occorreva scegliere bene, non potevo mica sperperare tutti i miei risparmi in cartucce da stampante e risme di A4. Perciò cercai di dare i fogli a chi mi pareva potenzialmente più interessato al mio racconto, ma era una roulette russa.
Quando finii, tornai a casa pieno di dubbi, forse avrei fatto meglio a mettere il mio lavoro su un sito in internet, ma era come imbucarlo in una bottiglia e buttarlo a mare, certo in rete c'era un mare di persone, non di acqua, ma temevo lo stesso effetto.
Arrivai al terzo giorno, avevo ancora le cinquanta copie delle pag 3 e 4, intatte: nessuno era tornato. Cominciava a fare caldo e nessuno tornava. Quello fu un brutto pomeriggio, pensai che l'indomani avrei fatto l'ultimo tentativo, poi sarei andato da Rossi a chiedergli scusa e mi sarei lasciato stritolare dalle sue manine piccole piccole.
Ma l'alba del quarto giorno rischiarò la mia vita, due ragazzi, tenendosi per mano, si avvicinarono.
« Allora è vero, ci sei! Ci dai le altre due pagine?»
Li baciai sulle guance, forse sembravo un barbone, ma due persone erano coinvolte dalla mia storia. Mentre li vedevo allontanarsi, gonfiai il petto e mi dissi: allora quel che accadde, accadde piace a qualcuno e rimasi speranzoso ad aspettare qualche altro ritorno.