Elena e Dick Nono Capitolo

Elena era alquanto delusa dello stato del piccolo villaggio, nato come propaggine della città, costruito con molta fatica nel tempo libero, dagli operai frontalieri,
arrivati dal meridione, in prevalenza dalla Calabria, con un carico di figli e di tradizioni difficilmente comprensibile per i valligiani, che, tuttavia li accoglievano generosamente, se non trovavano lavoro in città andavano in Svizzera Erano gente onesta e dignitosa che si spaccava in quattro per mantenere la famiglia. Appena possibile compravano un pezzo di terreno agricolo, a poco prezzo e non c'era tanta burocrazia quindi potevano cominciare subito a costruire la casa che veniva su velocemente perchè tutti davano una mano. Quando compariva sulla sommità di un tetto appena terminato, un grande mazzo di alloro decorato con nastri colorati era il segnale che alla sera tutti gli operai avrebbero partecipato alla grande festa con grigliate di maiale e agnello, grandi bevute . C'era sempre uno che suonava l'organetto o la zampogna e cantavano le canzoni del paese piene di nostalgia.Tutto questo apparteneva oramai ad un passato lontano. Tutto il quartiere era nato intorno alla chiesa dei frati cappuccini per merito di un grande e generoso fraticello Padre Michelangelo, che molti ancora ricordano e amano.
Federico la guardava con interesse, :‐ Sembri delusa, che ti aspettavi ?‐ chiese
:‐ Nulla. Sapevo che erano cambiate molte cose, o forse il tempo ha distorto i miei ricordi. Così è la vita. Tutto cambia, ma dimmi di te che fai per vivere ? Vai a pescare le trote nel Toce?‐
:‐ AhAhAhah ! morirei di fame. Sono commerciante e faccio sempre buoni affari.‐
<<<< eccolo,‐ pensò la donna‐ ci siamo, se si vanta dei suoi traffici sono a posto. >>>>>
:‐ Devo tornare verso l'hotel, aspetto una telefonata tra un po e voglio esserci quando chiamano‐
:‐ Chi ti chiama , tuo marito, il tuo amante o chi altro?‐ il tono di lui era secco, perentorio
:‐Non ti hanno insegnato a farti gli affari tuoi?. comunque è solo il mio ufficio . Sono lontana da tre giorni e sentono già la mancanza. Ricordati che sei un ficcanaso‐
:‐ Voglio sapere tutto di te devo recuperare il tempo perduto‐
:‐ Hai avuto tutto il tempo vent'anni fa, ma sei sparito e non ti ho più visto.‐
:‐ Se ben ricordi al tempo c'era la signora Olmi a comandare e non si poteva contrariarla, quando il diavolo se l'è presa era troppo tardi e ognuno aveva fatto la sua strada.‐ evidentemente aveva un tenero ricordo della madre. Anche Elena la ricordava bene , era una megera più larga che lunga con una lingua capace di trinciare l'acciaio.
:‐ Che ti sei messo in testa ?. Non ci vediamo da vent'anni e ti comporti come se ci fossimo lasciati ieri mattina . Lasciami andare, voglio tornare in albergo fare una doccia e riposare un po prima di cena.‐
Federico non fece altri commenti, l'accompagnò per un tratto di strada fino alla via Sempione :‐ Ti lascio qui tanto il tuo albergo è in fondo alla via mi sono ricordato di un impegno. Domattina passo a prenderti verso le dieci e andiamo a mangiare qualcosa di buono dove vorrai tu ‐
:‐ Va bene, a domani allora.‐
Si incamminò spedita sulla nota via che ben conosceva, passò davanti al bar Aurora e ad altri negozi che non riconosceva più. Finse di non accorgersi del tipo che la seguiva, ma si fermò davanti ad una vetrina per tenere sotto controllo la situazione. Era un tipo basso, dall'aspetto truce da bullo . Teneva le mani in tasca e una sigaretta spenta in bocca. Poco lontano Pablo, con una vistosa macchina fotografica a tracolla : <<<<< accidenti, ‐ pensò‐ non ho praticamente mai usato la macchia fotografica>>>>> si fermò davanti ad un portone in ferro battuto e scattò alcuni flash .
In albergo, fece una doccia e le sembrò di lavarsi via una patina di sudiciume . L'incontro con Federico le aveva lasciato un'impressione di sporco come se lui fosse un sacco di carbone unto e avesse rilasciato lo sporco su di lei.
Si sdraiò sul letto dopo aver tolto il prezioso copriletto di seta verde e oro, e dopo due minuti dormiva. Fu un sonno di breve durata funestato dal suo incubo ricorrente : sognava sempre allo stesso modo lo stesso incubo. Si trovava in una casa di pietra, quasi distrutta da un'alluvione di anni e anni prima, dentro un lungo corridoio che lei doveva percorrere tutto fino in fondo e lì doveva entrare in una stanza coperta interamente di foglie secche di castagno . Si sdraiava per dormire, ma accanto a lei le foglie si muovevano scrocchiando e una figura si alzava a sedere allungava le mani verso di lei. Si alzava, terrorizzata,e fuggiva cercando l'uscita che era sparita. Continuava a correre urlando mentre dietro di lei uno zombie, spaventoso, o uno spaventapasseri coperto di foglie secche tentava di raggiungerla e lei sapeva che l'avrebbe mangiata . Si svegliò bruscamente, saltando sul letto. Come sempre si era spaventata per nulla ma il sogno era premonitore, non presagiva nulla di buono. . Si sentiva stranamente intorpidita, stanca senza aver fatto niente di particolare, si sdraiò e si rimise a dormire, stavolta l'incubo la raggiunse dopo un sonno di piombo durato mezz'ora. Riguardava Dick e lei e un grosso pitone birmano che si avvolgeva su di loro stingendoli in un abbraccio mortale. <<Ci mancava il pitone,‐ pensò. Non aveva paura dei serpenti, anzi li considerava dei portafortuna‐ ci manca solo che tra me e il fustaccione nero nasca qualcosa . Non ci devo pensare nemmeno per scherzo. Ha dieci anni meno di me, sarebbe uno scandalo. Ho paura che mi sto innamorando. No, non sia mai. Devo tenerlo lontano. In questo momento devo concentrarmi su Federico e farlo arrestare e poi addio Dick. Chiederò a Gina di non invitare più Hawa, no ma che dico, che figura ci farei. Hawa è una cara ragazza, devo stare attenta a non far trasparire i miei sentimenti . >> Si vestì con la solita cura e scese in sala da pranzo dove trovò Pablo ad attenderla. Il giovane indossava una giacca bianca da sera e venne a sedersi al suo tavolo. I camerieri la trattavano con insolita deferenza merito della scenata mattutina di Chris.Una volta sceso dal Sacro Monte, si era precipitato in albergo raccontando a chi aveva voglia di ascoltarlo che la signora era intrattabile e lo aveva cacciato come un bambino :‐ Mi ha intimato di starle alla larga, che lei di figli ne ha già tre. Capisci‐ disse al cameriere‐ mi ha scambiato per un ragazzino,. Ah ma gliela farò vedere io a quella, come si permette di trattarmi così.‐ andò avanti un bel po' con le rimostranze da bambino viziato e quando fu sicuro che avessero capito, si chiuse nella sua stanza, cambiò la camicia e indossò un camiciotto blù di jeans e scese dalla scala di servizio senza essere visto da nessuno.