Elena e Dick Ottavo Capitolo
Elena si incamminò verso la famosa piazza dove ogni sabato, è quasi un obbligo, andare in giro fra le bancarelle. Ricordava quante volte, da piccola, con la mamma e a volte con le amiche, si era persa in mezzo ai vestiti colorati appesi agli ombrelloni, alle lunghe file di scarpe e le cassette di frutta e verdura freschissima raccolta al mattino e venduta prima di mezzogiorno. Più avanti, sulla destra, una piazza dedicata esclusivamente ai prodotti caseari dove l'odore dei formaggi stordiva i nasi sensibili. Le piaceva andare su e giù dai vestiti alle scarpe ai banchi di casalinghi e ferramenta, subiva il fascino delle cose nuove e colorate . Persino il gran vociare dei commercianti, che suonava alle sue orecchie come una musica, un ritmo sempre nuovo e le veniva voglia di cantare.
Il locale che aveva scelto era un posticino molto elegante, non tanto grande ma con un bel dehor delimitato da fioriere di ligustro come una siepe che creava un po' di intimità fra i tavoli. Si sedette ad un tavolo d'angolo predisposto per due persone, ma il cameriere le confermò che era libero.
Stava consultano il menù quando entrarono quattro uomini e occuparono vociando i tavoli vicini. Le bastò un'occhiata per capire che erano, gradassi e spacconi, prepotenti in cerca di guai, e fra loro quello che sembrava il capo : Federico !
Proprio lui, era qui per incontrarlo e pensava che ci sarebbero voluti molti giorni e invece era lì davanti a lei. Daltronde, Dick l'aveva avvertita che la stavano tenendo d'occhio. Finse di non vederli, si concentrò sul menù e fece cenno al cameriere di avvicinarsi, ordinò risotto all'ossolana, e insalata mista di stagione. Mentre aspettava si concesse il lusso di guardarsi intorno e vide la sua 'scorta' disposta in vari punti strategici, intorno a lei : un turista svedese, con in mano una cartina, controllava le vetrine di un libreria. Dall'altro lato, a meno di due metri, un ballerino di flamenco si allacciava una sciarpa rossa in vita e dalla via Briona stava scendendo un nero che vendeva tappeti . Questi li conosceva però sapeva che intorno vi erano altri poliziotti in borghese.
Era assorta a gustare il meraviglioso risotto profumato di funghi freschi, quando l'ombra di Federico si fermò davanti al suo tavolo :‐ Tu sei Elena‐ esordì l'uomo‐ non posso sbagliare sei proprio tu‐ Inutile negare. Gli mostrò il suo miglior sorriso :‐ Federico ! che piacere rivederti dopo tanti anni !‐
:‐ Davvero ti fa piacere , di solito i vecchi amici mi evitano‐
:‐ Avranno i loro buoi motivi. Io non ti vedo da quasi vent'anni e sono felice di averti incontrato‐ pensa fra se <<<< stavolta vinco il pinocchio d'oro per come racconto bene >>>>>>
Senza chiedere il permesso l'uomo sei sedette di fronte a lei mentre i compari, nel tavolo vicino erano stranamente silenziosi.
:‐ Che mi racconti di bello‐ chiese lui
:‐ Nulla di particolare, ho tre figli, una casa e fino a un mese fa avevo anche un marito . Ti basta ? E tu che mi racconti ?‐
:‐ Mi fa piacere che non ci sia un marito fra i piedi, avrei dovuto ucciderlo. Che dici vieni a cena con me stasera?‐
:‐ Mi spiace ma non posso, di sera ceno in albergo perchè aspetto la telefonata delle mie bambine, se vuoi domani a mezzogiorno sono libera. ‐
:‐ Va bene per domani allora . Sei ancora più bella di come ti ricordavo. Che bei tempi quelli della scuola . Certo che ne abbiamo combinate di belle.‐
:‐ Parla per te. Io non ho mai combinato nulla, anche se più volte mi sono presa colpe non mie. Ti ricordi la maestra Genoveffa, che era sempre incavolata con me ?‐
:‐ La ricordo si quell'arpia , Se la prendeva con te perchè eri l'unica che sapeva tutte le poesie e le lezioni a memoria , e a lei non stava bene. Non ho mai capito perchè. A me non dava mai brutti voti anche se ero un somaro .‐
:‐ Ti sei mai chiesto perchè ? Allora te lo dico io : tu sei figlio del signor Olmi,ricco proprietario di non so cosa. Sempre ben vestito, lavato e stirato e anche profumato di colonia, a volte. Elena al contrario era figlia di un povero operaio che stentava ad arrivare a fine mese. Sempre malvestita, lacera come una mendicante che in compenso rideva sempre perchè era felice di vivere. Questa era la differenza tra noi.‐
:‐ Non l'avevo mai vista sotto questo aspetto. So solo che una volta non mi hai tradito e hai rischiato di finire in punizione al posto mio . E' stato allora che mi sono innamorato di te.‐
:‐ Ma smettila, non ti passa mai la voglia di fare il pagliaccio . Adesso, se permetti ,vado dove avevo intenzione di andare prima di pranzo.‐ Si rivolse al cameriere per il conto :‐ E già tutto a posto, signora.‐
:‐ Perchè lo hai fatto ? non mi piace che altri paghino per me, ormai è fatta e ti ringrazio, ma che la cosa non si ripeta.‐
Federico finse di non aver udito :‐ Dove hai intenzione di andare oggi ?‐
:‐Cappuccina, vecchi ricordi che riaffiorano‐
:‐Posso venire con te ? oggi sono libero‐
:‐ Preferirei di nò, non credo tu voglia visitare una vecchia chiesa . Riesco a liberarmi di te ?‐ disse Elena sorridendo, per fargli capire che sarebbe stata disposta a farsi accompagnare. Lui fece un cenno ai suoi scagnozzi, stranamente tranquilli e silenziosi e si avviò al suo fianco verso la mitica via Briona. Da sempre è una strada elegante di negozi di vario genere, il passeggio pomeridiano delle signore che fanno acquisti nei negozi eleganti.‐ Chiacchierando del più e del meno, risalirono la via Sempione, la vecchia strada napoleonica coperta di ciottoli dritta, che arriva fino a Preglia e a Crevoladossola, passando sul ponte che Napoleone fece costruire per passare col suo esercito sopra il Diveria, il fiume che nasce svizzero e muore italiano nel Toce
Arrivarono alla Cappuccina ed Elena non ritrovò nulla di quel che aveva lasciato. Tutto intorno, lei ricordava prati ed ora si innalzavano palazzi alti sette o otto piani. Trovarono la piccola chiesetta, antichissima, dedicata alla Madonna della Neve. Purtroppo era chiusa e Federico si offri per cercare il parroco e farsi aprire.
:‐ Non ci provare , non voglio disturbare nessuno. A quanto ne so la chiesa è dei frati cappuccini e posso visitarla in orario di messa.‐Elena si incamminò verso la famosa piazza dove ogni sabato, è quasi un obbligo, andare in giro fra le bancarelle. Ricordava quante volte, da piccola, con la mamma e a volte con le amiche, si era persa in mezzo ai vestiti colorati appesi agli ombrelloni, alle lunghe file di scarpe e le cassette di frutta e verdura freschissima raccolta al mattino e venduta prima di mezzogiorno. Più avanti, sulla destra, una piazza dedicata esclusivamente ai prodotti caseari dove l'odore dei formaggi stordiva i nasi sensibili. Le piaceva andare su e giù dai vestiti alle scarpe ai banchi di casalinghi e ferramenta, subiva il fascino delle cose nuove e colorate . Persino il gran vociare dei commercianti, che suonava alle sue orecchie come una musica, un ritmo sempre nuovo e le veniva voglia di cantare.
Il locale che aveva scelto era un posticino molto elegante, non tanto grande ma con un bel dehor delimitato da fioriere di ligustro come una siepe che creava un po' di intimità fra i tavoli. Si sedette ad un tavolo d'angolo predisposto per due persone, ma il cameriere le confermò che era libero.
Stava consultano il menù quando entrarono quattro uomini e occuparono vociando i tavoli vicini. Le bastò un'occhiata per capire che erano, gradassi e spacconi, prepotenti in cerca di guai, e fra loro quello che sembrava il capo : Federico !
Proprio lui, era qui per incontrarlo e pensava che ci sarebbero voluti molti giorni e invece era lì davanti a lei. Daltronde, Dick l'aveva avvertita che la stavano tenendo d'occhio. Finse di non vederli, si concentrò sul menù e fece cenno al cameriere di avvicinarsi, ordinò risotto all'ossolana, e insalata mista di stagione. Mentre aspettava si concesse il lusso di guardarsi intorno e vide la sua 'scorta' disposta in vari punti strategici, intorno a lei : un turista svedese, con in mano una cartina, controllava le vetrine di un libreria. Dall'altro lato, a meno di due metri, un ballerino di flamenco si allacciava una sciarpa rossa in vita e dalla via Briona stava scendendo un nero che vendeva tappeti . Questi li conosceva però sapeva che intorno vi erano altri poliziotti in borghese.
Era assorta a gustare il meraviglioso risotto profumato di funghi freschi, quando l'ombra di Federico si fermò davanti al suo tavolo :‐ Tu sei Elena‐ esordì l'uomo‐ non posso sbagliare sei proprio tu‐ Inutile negare. Gli mostrò il suo miglior sorriso :‐ Federico ! che piacere rivederti dopo tanti anni !‐
:‐ Davvero ti fa piacere , di solito i vecchi amici mi evitano‐
:‐ Avranno i loro buoi motivi. Io non ti vedo da quasi vent'anni e sono felice di averti incontrato‐ pensa fra se <<<< stavolta vinco il pinocchio d'oro per come racconto bene >>>>>>
Senza chiedere il permesso l'uomo sei sedette di fronte a lei mentre i compari, nel tavolo vicino erano stranamente silenziosi.
:‐ Che mi racconti di bello‐ chiese lui
:‐ Nulla di particolare, ho tre figli, una casa e fino a un mese fa avevo anche un marito . Ti basta ? E tu che mi racconti ?‐
:‐ Mi fa piacere che non ci sia un marito fra i piedi, avrei dovuto ucciderlo. Che dici vieni a cena con me stasera?‐
:‐ Mi spiace ma non posso, di sera ceno in albergo perchè aspetto la telefonata delle mie bambine, se vuoi domani a mezzogiorno sono libera. ‐
:‐ Va bene per domani allora . Sei ancora più bella di come ti ricordavo. Che bei tempi quelli della scuola . Certo che ne abbiamo combinate di belle.‐
:‐ Parla per te. Io non ho mai combinato nulla, anche se più volte mi sono presa colpe non mie. Ti ricordi la maestra Genoveffa, che era sempre incavolata con me ?‐
:‐ La ricordo si quell'arpia , Se la prendeva con te perchè eri l'unica che sapeva tutte le poesie e le lezioni a memoria , e a lei non stava bene. Non ho mai capito perchè. A me non dava mai brutti voti anche se ero un somaro .‐
:‐ Ti sei mai chiesto perchè ? Allora te lo dico io : tu sei figlio del signor Olmi,ricco proprietario di non so cosa. Sempre ben vestito, lavato e stirato e anche profumato di colonia, a volte. Elena al contrario era figlia di un povero operaio che stentava ad arrivare a fine mese. Sempre malvestita, lacera come una mendicante che in compenso rideva sempre perchè era felice di vivere. Questa era la differenza tra noi.‐
:‐ Non l'avevo mai vista sotto questo aspetto. So solo che una volta non mi hai tradito e hai rischiato di finire in punizione al posto mio . E' stato allora che mi sono innamorato di te.‐
:‐ Ma smettila, non ti passa mai la voglia di fare il pagliaccio . Adesso, se permetti ,vado dove avevo intenzione di andare prima di pranzo.‐ Si rivolse al cameriere per il conto :‐ E già tutto a posto, signora.‐
:‐ Perchè lo hai fatto ? non mi piace che altri paghino per me, ormai è fatta e ti ringrazio, ma che la cosa non si ripeta.‐
Federico finse di non aver udito :‐ Dove hai intenzione di andare oggi ?‐
:‐Cappuccina, vecchi ricordi che riaffiorano‐
:‐Posso venire con te ? oggi sono libero‐
:‐ Preferirei di nò, non credo tu voglia visitare una vecchia chiesa . Riesco a liberarmi di te ?‐ disse Elena sorridendo, per fargli capire che sarebbe stata disposta a farsi accompagnare. Lui fece un cenno ai suoi scagnozzi, stranamente tranquilli e silenziosi e si avviò al suo fianco verso la mitica via Briona. Da sempre è una strada elegante di negozi di vario genere, il passeggio pomeridiano delle signore che fanno acquisti nei negozi eleganti.‐ Chiacchierando del più e del meno, risalirono la via Sempione, la vecchia strada napoleonica coperta di ciottoli dritta, che arriva fino a Preglia e a Crevoladossola, passando sul ponte che Napoleone fece costruire per passare col suo esercito sopra il Diveria, il fiume che nasce svizzero e muore italiano nel Toce
Arrivarono alla Cappuccina ed Elena non ritrovò nulla di quel che aveva lasciato. Tutto intorno, lei ricordava prati ed ora si innalzavano palazzi alti sette o otto piani. Trovarono la piccola chiesetta, antichissima, dedicata alla Madonna della Neve. Purtroppo era chiusa e Federico si offri per cercare il parroco e farsi aprire.
:‐ Non ci provare , non voglio disturbare nessuno. A quanto ne so la chiesa è dei frati cappuccini e posso visitarla in orario di messa.‐