Elezioni

Tullio si svegliò alla buonora. Il suo umore era alle stelle. I pensieri e tutti i dubbi della sera prima erano stati calmierati.
La rasatura del mattino, perfettamente eseguita, aveva dato un’ennesima riprova che quel giorno si apriva nel migliore dei modi. Convincere lo strano Professore ad accettare l’incarico sarebbe stata una pura formalità. Se lo sentiva. Avvertiva una forte sensazione che non avrebbe incontrato alcun ostacolo nel suo cammino. La colazione servita da Romana era ottima e abbondante. Tullio era solito terminare il pasto mattutino con un caffè nero come la pece, bollente e senza zucchero. Lo sorseggiò con calma. Aveva tutto il tempo che voleva.
I compiti di quella mattina erano: recarsi nella sede del Partito, telefonare al Professore e fissare con lui un appuntamento. Tornò in bagno per lavarsi i denti e terminare di prepararsi. Quando uscì, Romana strabuzzò i suoi delicati occhioni.
Il marito si presentava in forma veramente smagliante.
Come sto? Chiese Tullio.
Sei raggiante. Esclamò convinta Romana. Se non ti avessi già sposato ti farei di nuovo il filo.
Si, mi hai sposato e benedico quel giorno… disse Tullio in assoluta buona fede …perché è stato il giorno più bello della mia vita.
Romana arrossì. Si lanciò verso il marito e lo baciò teneramente. Tullio sorrise compiaciuto. Aveva un altro buon motivo per pensare che quella sarebbe stata una giornata propizia.
Uscì di casa e si recò alla sede del Partito. Si trattava di superare un paio di isolati. Non valeva la pena di andarci in auto e Tullio approfittava di occasioni come queste per fare un po’ di moto. A dire il vero, in qualità di Consigliere Comunale e Presidente di Commissione, camminava moltissimo ma un conto era farlo tra gli uffici del Municipio ed un altro tra le vie della sua città. Pinerolo soffriva, come Torino, dello smog prodotto dalle automobili e dalle fabbriche. Ad esso andavano ad aggiungersi i cattivi odori provenienti dalla discarica del Torrione a Baudenasca. A mitigare l’atmosfera c’era la brezza fresca e profumata che proveniva dalle montagne della Val Chisone. Tullio, però, preferiva di gran lunga passeggiare divincolandosi tra le auto in sosta e quelle in viaggio, che non “macinare chilometri” tra assessorati o angusti e polverosi uffici. Arrivato in sede all’ora prefissata fu accolto con un applauso da tutti i colleghi che lo attendevano. Con lieve imbarazzo, invitò tutti alla calma, a sedersi e ad attendere l’esito della telefonata.
Abbiamo lavorato febbrilmente.
Sì. Eravamo talmente eccitati che non siamo nemmeno andati a dormire.
Il programma elettorale è praticamente fatto. Aggiunse un altro.
Sempre che… tu dia il tuo benestare.
Tullio diede un’occhiata a tutti i suoi colleghi e sentenziò.
Concentriamoci sul fissare un appuntamento col Professore.
Giusto.
Sì. Giusto.
E’ la priorità.
Tullio si tolse la giacca per essere più libero nei movimenti e si sedette sulla sua seggiola preferita. Inspirò profondamente riempiendo di aria i suoi polmoni, poi, afferrò con la mano la cornetta del telefono. Con uno sguardo ed un cenno del viso chiese ai suoi amici di dettargli il numero da comporre. Glielo suggerì la signora col tailleur bianco: 0121/0055791. Attese di prendere la linea. Nessuno dei colleghi fiatò, nemmeno per un istante. Dall’altro capo del filo rispose una voce squillante e allegra. Era il Professor Marco Calcagno.
Sì? Pronto?
Buongiorno, mi chiamo Tullio Cirri.
Oh, proprio come il Consigliere Comunale!
Sono il Consigliere Comunale.
Oh, quale onore…
Il membri del Direttivo dei Democratici di Centro si sfregarono le mani. Con un inizio così non poteva che essere fatta. L’investitura del candidato rimaneva una pura formalità.
Avrei piacere di fare due chiacchiere con lei... quando i suoi impegni glielo concederanno.
Oh ma va benissimo. Quando vuole. Le porte di casa mia sono sempre aperte.
Anche oggi?
Sì!
Diciamo verso le 16,30?
Sì!
E’ fatta, pensarono tutti.
Allora a questo pomeriggio.
A questo pomeriggio.
Tullio ripose la cornetta del telefono ed un urlo di giubilo si levò dalla saletta. Lui si limitò ad abbozzare un sorriso. Per i suoi colleghi del Direttivo i giochi erano praticamente fatti e la febbre elettorale cominciò a divorarli. Ognuno si lanciò in qualche preparativo. C’erano gadget e materiale pubblicitario da preparare, persone da incontrare, soldi da trovare. Il Partito si mosse forte della sicura adesione del candidato. All’ora prefissata Tullio si recò dal Professore. Venne accolto con tanti complimenti e tè coi pasticcini. Quando si lasciarono, l’impressione che i due avevano l’uno dell’altro era cresciuta.
La campagna elettorale durò 4 mesi. Il Professor Marco Calcagno si presentò in ogni cantone di Pinerolo. Non ci fu una sola attività commerciale, o istituzionale, che non ebbe una sua visita. I numerosi palazzi della città vennero perlustrati con la stessa cura con cui gli artificieri bonificano i terreni in zona di guerra e il candidato entrò in ogni abitazione delle oltre diecimila famiglie pinerolesi.
Il pacifico, candido ed imperturbabile, Professore dava l'impressione di essere una macchina robotica. Sembrava non avvertire la fatica per la campagna elettorale ed era lui a spronare continuamente il suo nutrito comitato elettorale, a non cedere mai alla stanchezza. Il suo programma, studiato a tavolino con Tullio ed il Direttivo del Partito, prevedeva una serie di novità economiche ed una convincente attenzione ai problemi delle donne, dei senza lavoro, dei senza tetto, di tutti quegli operatori della parte sana dell’economia locale. La sua ricetta era semplice, comprensibile, e si basava sui principi senza tempo della Costituzione Italiana.
Era sua ferma convinzione che la risoluta attualità di quel testo fosse ancor più dimostrata dalla crisi economica mondiale. Il piccolo mondo pinerolese non aveva bisogno di essere liberato dalle regole, occorreva tutt’al più applicarle per ognuno e vigilare su di esse affinché non vi fossero pericolose eccezioni. Il modello a cui si ispirava Tullio, non lo aveva mai nascosto, era quello della “zero tolerance” di Rudolph Giuliani e del New Deal di Franklin Delano Roosevelt.
Il Professor Calcagno credeva fermamente che l’Italia dovesse uscire dalla stagnante logica bipolare della “destra” e della “sinistra” che tanti danni aveva fatto e stava ancora facendo. Il problema di tutti i governi che si erano succeduti sino ad allora era che una volta decisa una regola comune attraverso una legge, si preparava la “scappatoia” ad hoc per questa o quella lobby di potere il cui unico merito era quello di portare voti, consenso o denaro alla coalizione. Per ridurre ed abbattere il pericolo di questa manipolazione, il Programma Elettorale descriveva un contratto con il Partito che pretendeva, in caso di incriminazione per reati di Mafia e quelli contro il patrimonio, l’immediata dimissione da ogni incarico parlamentare, la rinuncia ad ogni pretesa economica fino al raggiungimento di una sentenza definitiva, l’impegno a sostenere in modo palese l’obbiettivo di ridurre i tempi giudiziari fornendo agli operatori del settore i mezzi più adeguati ed in linea con gli altri paesi europei per svolgere le indagini del caso. La sua onestà intellettuale, cristallina simpatia, lucidità, gli permisero di ben figurare nei vari confronti pubblici susseguitisi per iniziativa dei settimanali locali.
Il 10 Giugno 2011 Marco Calcagno stravinse le elezioni venendo eletto Deputato al Parlamento Italiano. Gli sfidanti, insieme, non riuscirono a superare la percentuale del 10 per cento delle preferenze. Tullio ed il Direttivo furono ampiamente soddisfatti da questo risultato. Erano riusciti ad eleggere un Deputato. Da parecchi anni tale impresa non era più riuscita a nessuno. Quando giunse la notizia ufficiale la sede del Partito si gremì di supporter festanti. Il vino spumante zampillò a fiumi nei bicchieri di carta preparati per l’occasione. Pacche sulla spalla, strette di mano, abbracci e sorrisi furono elargiti a profusione. Il Professore era rimasto a casa, per sua scelta. Pare che dovesse consultarsi con una donna... forse la sorella. La mamma o la fidanzata considerato che ancora non si era sposato, e Tullio, gonfio di orgoglio, aveva preteso di essere il primo a dargli la buona notizia.
Siamo stati grandi. Esordì Tullio.
Sì. Abbiamo spaccato. Aggiunse il vice Presidente.
Senti. Te lo devo proprio dire. Sei in gamba. Sei anche maledettamente simpatico... ma hai proprio rotto con questo modo di esprimerti. E nota che ho usato il verbo rompere e non “spaccare”.
Non importa. Abbiamo vinto e solo questo conta.
Abbiamo vinto. E’ vero. Adesso viene il difficile. Replicò sornione Tullio.
Che vuoi dire?
Intendo dire che dobbiamo seguire il candidato ed aiutarlo. Non sa ancora in che gabbia di matti lo stiamo mandando.
Poverino. Non ci avevo pensato.
Vorrà dire che lo aiuteremo. Sostenne un’attivista. Lo seguiremo. Passo a passo.
E’ quello che mi aspetto. Da tutti noi. Concluse Tullio con determinazione.
Il cellulare squillò. Era Germana, la moglie di Tullio. I due stettero qualche minuto a conversare. Tullio sbiancò in volto e prima di riattaccare disse: Dio mio, che cosa abbiamo fatto…