Fatti che non mi riguardano.
Nel corso degli anni, da quando ho messo i piedi per la prima volta qua dentro, ho maturato un comportamento, soprattutto mentale, che a mio parere si dimostra il migliore per resistere a lungo alla monotonia deprimente data dallo scorrere di giorni lavorativi identici l’uno all’altro, come tante fotocopie. Annullo me stesso, osservo le cose con gli occhi degli altri, ed anche se resto tutto il mattino nella mia solita postazione lungo il corridoio del piano terra di questo liceo, incoraggio sempre i ragazzi delle varie età che frequentano la scuola, nel venirmi a dire delle cose, anche le più sciocche o qualche volta anche assurde, che passano dalla loro testa. Conosco i liceali quasi tutti per nome, e certe volte chiedo a qualcuno come gli vadano le cose, tanto che quelli con cui ho più confidenza passano da me di propria iniziativa per parlare dei loro guai, oppure per confidarmi le storie che vivono, i loro problemi scolastici, o di famiglia, e molte volte anche per parlarmi degli attriti che purtroppo si registrano in classe tra loro e i compagni. Per tutti sono Mario, il bidello sempre presente in questa scuola, che forse ha un’età anche maggiore di quella dei loro genitori, ma che si comporta con ognuno dei ragazzi come fosse un fratello maggiore. Perché sono loro il mio mondo, ed io mi lascio assorbire interamente da quello che vengono a confidarmi.
Durante l’orario delle lezioni, quando resto da solo al mio tavolo per rispondere ogni tanto al telefono, rifletto sugli aggiornamenti recenti che magari sono venuto a conoscere, senza che mostri mai interesse al pettegolezzo oppure ad una eccessiva curiosità, fornendo comunque ogni tanto, quando mi vengono richiesti, persino dei buoni consigli. Con qualcuno dei ragazzi naturalmente sono più in sintonia che con altri, ma ciò non toglie che nutra affetto per tutti, nessuno escluso. Il nostro istituto non è enorme, e gli alunni totali delle sezioni rientrano in un numero abbastanza contenuto. Certe volte viene Lorenzo da me, specialmente quando esce dalla sua aula per riprendere fiato durante l’orario di qualche insegnante pesante, e così, lungo il nostro corridoio un po’ anonimo, mi confida sottovoce quali siano gli ultimi sviluppi delle sue sperimentazioni musicali che affronta assieme al proprio gruppo di jazz. L’ultima volta poi mi ha spiegato che probabilmente entrerà nel loro quartetto un nuovo componente, una pianista con esperienza di musica classica, e che lui si sente addirittura entusiasta di questa possibilità, anche se mi ha riferito subito che non è una ragazza di questa scuola, e quindi non la conosco.
A me fa molto piacere l’entusiasmo che Lorenzo mostra nelle cose che affronta, e spero davvero che tutto per lui proceda per il meglio. Non mi reputo molto intelligente, però ho un cuore e dei sentimenti, e certamente faccio il tifo per i ragazzi come lui, soprattutto per la loro intraprendenza. Ma oggi arriva questa ragazza, la signorina Neri, come la chiamo io, una tra le più timide e riservate che siano mai passate sopra questi banchi scolastici, e mi chiede se per favore io possa riferire a Lorenzo che lei sta ancora aspettando una sua risposta. <<Mi scusi>>, dico io, <<ma non potrebbe dirglielo di persona, visto che se non ricordo male siete anche vicini di banco?>>. Lei sorride senza guardarmi, dice che è soltanto un piccolo favore quello che mi chiede, giusto per evitarle di affrontare l’argomento in modo diretto con lui. Annuisco, anche se non comprendo del tutto il problema, però, mentre la ragazza si allontana, inizio a riflettere su quali possono mai essere le risposte che Lorenzo ha promesso di darle. Decido infine che proprio non lo so, o non ci arrivo, anche se alla prima occasione riporto al ragazzo esattamente quanto richiesto.
Lui mi ringrazia, anche se sembra confuso, ed io naturalmente non pongo alcuna domanda, anche nell’attesa che sia direttamente Lorenzo, come è suo uso, a chiarire qualcosa su tutto quanto. Invece no, se ne va e poi basta, lasciandomi soltanto un grosso punto interrogativo. E’ soltanto questione di qualche giorno, penso tra me, poi in una maniera o nell’altra verrò certo a sapere tutto quanto, come sempre succede. E se proprio non sarà direttamente Lorenzo a venirmi a confidare cosa stia bollendo nella sua pentola, sarà magari qualcuno tra coloro che conoscono bene lui o la Neri a venirmi a dire qualcosa. E comunque non sarà certo Mario ad andare in giro a fare delle domande e a mostrarsi entrante, o peggio, curioso, dei fatti degli altri.
Bruno Magnolfi