Fenomologia di G.

“Ci racconta il riposo del
pellegrino stanco; che legge
agiografie e libri di preghiere,
che copia antiche storie, ci dice
il suo dettato, e intanto fuori emana
la luce del suo cuore”.
Antonio Machado, I miei poeti.
G. è un ritardatario! Basti dire che G. è un apparente nome composto, apparente in quanto nessuna pausa divide i due nomi ‐ l’attesa che sarebbe nata da una possibile separazione risulterebbe eterna ed inaccettabile per il nostro umile concetto di tempo. G. è un nome che non possiede né sdruccioli né tronchi… è un nome in linea retta; in definitiva, la lungimiranza dei suoi genitori depositò all’anagrafe, come una profezia, il tenace e guerreggiante futuro del Nostro contro ogni clessidra… di sabbia o acqua non conta!
Chi ha il piacere e l’onore di conoscere G. e la sua voce, tanto altisonante quanto nobile resa amabile da modi d’altri tempi, non si lasci ingannare dalla sua gentile presenza; G. è un novello San Giorgio in eterna e vigile lotta contro un  drago che rigetta incandescenti ed inafferrabili attimi, questo nemico si nutre d’ ansia, di modernità e ci riconsegna infuocato tempo, con un alito insalubre, fetido e pericoloso per le nostre dormienti difese immunitarie. Ma G. contro questo oppositore ha una calma e luminescente armatura coniata in quella lega ottenuta dal suo nome in linea retta, senza sdruccioli o tronchi. La sua serenità infrange i vetri di ogni clessidra e restituisce ai deserti ogni sabbia, ai mari tutta l’acqua!
G. – come il sottoscritto, ma con un’algebra per me inaccessibile – è paradossalmente amante degli orologi, ne stima gli abili e ingegnosi meccanismi, da buon esteta ne percepisce il futile fascino, ne apprezza gli scintillanti ticchettii come un’ esoterica e continua novità; intravede nelle sovrapposte ruote dentate, un giardino miniato di petali assoluti e geometrici piegati ad una legge – per lui ‐ inutile e carceriera! Non mi stupirei se, nella sua fervida immaginazione, G. stesse progettando un segnatempo nel quale ogni meccanismo è libero da qualsiasi prigionia, un orologio iperbolico ed arabescato dove ogni ruota sia libera di orbitare in tutti gli angoli di questo universo, senza che venga meno quel preciso e scintillante ticchettio che tanto lo incanta, ed una volta concluso…  allacciarlo soddisfatto al polso di Dio come una preghiera.
Tutto questo a noi, semplici corpi dimentichi dell’eternità delle nostre anime, non può che stupirci ed irretirci.
I ritardi di G. hanno del leggendario, il suo concetto di tempo ‐ ammesso per beneficio d’inventario che ne abbia uno ‐ è dilatato al parossismo… quando chiunque di noi, nell’attenderlo, ha perso ogni umana speranza ‐ e si rifugia, a seconda del carattere, nell’orazione o nella bestemmia ‐, il Nostro emerge come un Deus ex‐machina, hieròs ed eusebés, sacro e pio; come un Lare ormai inutilmente atteso nella tesa disperazione  dei nostri nervi!
Ed è qui che si affaccia inaspettato un miracolo della psiche! Il disperante ritardo diviene epifania! Cristallina, semplice, manifesta liberazione … i suoi modi gentili e sempre affabili poi, precipitati della sua straordinaria intelligenza, rendono definitivamente netti e rassicuranti i confini di questa Itaca insperatamente e felicemente raggiunta!  È paradossale affermare che  un inverosimile ritardo possa poi tramutarsi in una sorta di felice liberazione, ma è ciò che accade! È come se le nostre nervature disperatamente tese come le corde di un’arpa ansiose di incantare il pubblico, inizino a vibrare al tempo giusto distendendosi in melodia. G. retroattivamente rappresenta il kairos del ritardo… il tempo opportuno del ritardo!  Invito chiunque a far esperienza di questa celata geometria che ha solo la maschera del caos.
G. è un accordatore del tempo… esercita i legamenti della nostra sopportazione dilatando con un agognato sorriso la nostra pazienza, e forse anche la sua.  Indicativo forse è il fatto che queste parole le ho scritte senza fretta, “con calma” come ama sempre intercalare ogni suo discorso il Nostro G. Io intanto anticipo gli appuntamenti con lui almeno di due ore, in modo tale da ottenere un onesto ritardo.