Festa in maschera
Tra la gente mascherata notai un personaggio che indossava il costume di Diabolik. Lo avvicinai incuriosita, ansiosa di smascherarlo; Eva Kant non teme le sorprese. Nella sala, dimenticati in un angolo, i panni logori d’un cieco vennero alla luce di quell’attimo buio, in cui strappai il nero cappuccio del mio compagno d’avventure, scoprendone l’identità. Era l’uomo dei miei sogni... Lo attendevo, pervasa dal timore d’incontrarlo. Le sue parole vennero coperte dall’incessante rumore del bastone bianco, battuto contro il muro dall’orbo in maschera, deciso ad impersonare se stesso, celando quello che gli straziava l’anima: l’indifferenza.
Lo show continuò, allietato dalla diabolica musica d’un’orchestra invisibile, mentre io e Diabolik indirizzavamo lo sguardo verso l’uscita, avvedendoci dell’assenza del non vedente. Al suo posto il candido bastone, appoggiato alla parete; simbolica e smisurata bacchetta magica, pronta a trasformare i presenti in comuni mortali. Il panico, allora, si sostituì alle risate, inducendoli a rifiutare il probabile rischio di pensare, di comprendere, d’appartenere al genere umano!