Furoba

 
F  U R O B A
Amici lettori ed amiche lettrici, non  vi fate impressionare dallo strano titolo di titolo di questo racconto, è un termine giapponese di cui in seguito capirete il significato, si tratta di contrastare i problemi quotidiani del corpo e della mente che assillano la maggior parte di noi, causa il lavoro e gli impegni quotidiani siamo sottoposti a stress che ci condizionano la vita. Leggendo un articolo che trattava l’argomento, Alberto Rocchegiani pensò di trarne spunto per sistemare alcune stanze arredate in modo particolare per combattere (e vincere) i problemi che ci assillano. Stanco del suo lavoro di titolare di una Scuola Guida, lasciò le redini dell’azienda al suo fac totum Riccardo Fantoni e ne parlò con la consorte Annamaria Settineri la quale, da brava e razionale qual era  gli espose i problemi pratici a cui sarebbero andati incontro, soprattutto finanziari ma Alberto, convinto della bontà della sua idea non si lasciò smontare e prese contatti con un suo compagno di scuola impiegato all’Ambasciata giapponese a Roma. Conoscendo l’indole ‘mignottara‘ di Alberto, Valerio De Luca pensò che l’amico volesse ‘metter su’ una casa di appuntamenti. “Non hai capito un c…o, è una cosa seria anche se fuori del comune e proprio per questo che avrà successo. Le giapponesi hanno per noi europei un fascino particolare soprattutto per la loro unicità e per il loro comportamento, in questo caso della professionalità e della gentilezza. Debbono solo aver frequentato una scuola di massaggiatrici ed essere giovani e possibilmente belle, ci riesci a far pubblicare in tal senso una inserzione in un giornale giapponese?” “”Tira fuori duemila Euro e affare fatto.” Alberto per il conquibus ricorse a papà Armando il quale conoscendo a fondo suo figlio, che fra lì’altro gli assomigliava moltissimo all’inizio fece finta di non capire ma, alle insistenze di Alberto: “D’accordo rompiballe, ho centomila Euro da parte, i risparmi della mia vita…” Nel frattempo Alberto aveva affittato una villetta situata sulla via Appia a Roma, per risparmiare sulle spese si trasferì con la consorte all’ultimo piano, chiamò l’architetto Manlio Mancini vecchio della professione rimasto vedovo con figli sistemati al nord Italia. Il tale all’’inizio rimase perplesso ma poi prevalse in lui l’idea della novità, una novità piacevole nella sua vita monotona niente affatto appagante. “Molto probabilmente sarai a corto di soldi, io del mio gruzzolo non so cosa farne, i miei figli si sono sposate due polentone spocchiose e snob, lo ho conosciute quando sono passate da Roma, non beccheranno un soldo dei miei risparmi, anzi, sai che ti dico, te li metto a disposizione, potrò anche rispolverare la mia antica professione, servirà a togliermi un po’ di ruggine del cervello! Alberto una mattina fu chiamato al telefono dall’amico Valerio: “Figlio di un cane la tua inserzione ha funzionato, cinque giapponesi si sono fatte vive, ora sono a Roma in una pensione, se vuoi le accompagno a casa tua.” “Ho cambiato abitazione, sono in una villetta in via Appia 396, ti aspetto oggi pomeriggio.”
Tre delle nipponiche parlavano italiano, Alberto ne scartò una e scelse Aiko Tanaka e Emiko Nakamura. Fu fatto loro presente che occorreva del tempo prima che i locali, col progetto dell’architetto  fossero sistemati, le due ragazze si guardarono in viso e: “Se per voi bene noi abiteremo con voi.” Alberto rimase benevolmente sorpreso, lui non aveva pensato a quella soluzione abitativa. Fra l’altro le due giapponesi fecero comunella con Annamaria, insomma filava tutto liscio. Ci vollero quindici giorni prima che le tre stanze fossero completate. Manlio era contento ed orgoglioso di quello che aveva potuto realizzare, in ognuno dei locali un’ampia vasca da bagno. Programma: per primo uno dry brushing per esfoliare dolcemente la pelle, poi venti minuti di immersione in acqua calda poi tiepida in una nuvola di schiuma,  per i meno freddolosi passaggio in acqua fredda per stimolare  il tono e riattivare la circolazione. Una maschera sul collo e sul viso, poi un  panno in microfibra sopra la maschera per un effetto occlusivo. Per finire un massaggio su tutto il corpo piedi compresi con aloe, mela verde e yogurt. Finale: risciacquo sotto una doccia tiepida. Aiko ed Emiko indossavano reggiseno e slip color carne, sopra un tunica leggerissima trasparente. Pian piano si sparse la voce di quel locale particolare dove ognuno poteva rilassarsi il corpo e la mente, il costo non era accessibile a tutti questo sia per recuperare il denaro speso che per evitare troppi clienti alcuni dei quali uomini, alcuni, feticisti si innamorarono dei piedi delle due nipponiche e venivano spesso a trovarle. Erano due molto ricchi e spendaccioni con gran gioia di Alberto. Un fatto imprevisto: Annamaria si annoiava mentre Aiko ed Emiko erano al lavoro,  chiese Ad Alberto di affiancarle tanto più che c’era una stanza in più addobbata. Alberto era molto perplesso, a sua moglie potevano capitare dei maschietti, previsione azzeccata: vari giorni dopo  si presentò in villa un signore in Bentley tale Oberto Palatino che erta stato invitato a pranzo da Annamaria, un pranzo alla giapponese con cibi preparati  dalle due ragazze. Il nobile, quarantenne aveva un eloquio brillante e trascinatore tanto che Annamaria lo guardava con occhi sognanti fino alla confessione alla fine  del pranzo della richiesta di Oberto di far diventare una castellana Annamaria, si era innamorato di lei ricambiato. Stavolta la doccia fredda metaforica colpì in pieno Alberto, Annamaria riempì una valigia di vestiti e sparì col suo spasimante. Alberto si sedette sul divano con lo sguardo nel vuoto, ancora non riusciva a rendesi conto della situazione. Conclusione stavolta inaspettata ma piacevole, Aiko ed Emiko consolarono, ambedue, un Alberto che in fondo capì che ci aveva guadagnato, due al posto di una…Poi nei momenti di stasi del lavoro Alberto usufruiva della ‘Furoba’ ossia stanza da bagno in gergo giapponese con contorno di delizie sessuali.