Grave turbamento
Lo so da 12 anni che non ho agito bene. Anzi "reagito" bene.
"Come loro agiscono fa parte della loro storia, come tu reagisci fa parte della tua".
Non mi sono saputa difendere.
Ero in casa mia e potevo approfittarne.
La tipa ha chiesto di entrare in casa mia perché voleva parlare con l'altro abitante della casa.
L'ho fatta accomodare.
La tipa sceglie di sedersi su una sedia di quelle intorno al tavolo invece che sul divano e questa scelta si rileva essere un guaio. Un grosso guaio.
Per me, non per lei.
Perché così la tipa ha modo di notare che al centro del tavolo c'è un nuovo oggetto rispetto a quello che c'era l'ultima volta che era entrata nel soggiorno di casa mia. La cosa evidentemente la indispettisce ("un cuore geloso sempre vede quello che l'altro ha ed io non ho" [papa Francesco, aprile 2017]) e la tipa prorompe: <<No, perché se le cose continuano così, io qualsiasi cosa ci sta su questo tavolo la prendo e la butto per terra!>>.
Secondo voi sono stata "gravemente turbata"?
La prima cosa che pensai di dire fu: <<Signora, esca>>.
O <<Signora, per favore, esca>>? Non ricordo esattamente. Con il "per favore" sarebbe stato certamente meglio
Sei anni e mezzo dopo, nel luglio 2012, partendo dal mio mal di gola, di cui stavamo parlando, andò a finire che riferii questo episodio a Mariella.
Mariella, che nonostante la situazione aveva molta più presenza di spirito di me, commentò subito con le parole: <<Signora, si accomodi fuori>>. E continuò: <<Quelli sono zingari. Tu non li devi proprio frequentare.>> [senza offesa per i veri gitani, l'uso del termine "zingari" è solo un brutto retaggio verbale"].
Perché 'partendo dal mio mal di gola'?
Perché non riuscii a pronunciare le parole <<Signora, esca>> (o meglio <<Signora, per favore, esca>>) perché la gola mi si strinse, immagino per la collera, e realizzai che la voce sarebbe uscita alterata, mentre naturalmente intendevo mostrarmi calma per padroneggiare la situazione. Se avessi fatto trapelare la collera, se le avessi chiesto di uscire con un tono di voce solo di poco leggermente alterato temevo che quella si sarebbe rifiutata e la situazione sarebbe degenerata.
Ed io ero ancora educata alla 'non‐violenza'.
Così in attesa di riprendere il pieno controllo di me, attesi troppo. Arrivò l'altro abitante della casa; quella sembrava si stesse controllando meglio ed io uscii dalla stanza senza una parola.
E fu un errore, un grosso errore.
Perché anche se credevo di avere archiviato la cosa, non era così.
Pino ha commentato un paio di anni fa questa storia con: "E tu sei cresciuta nel centro. Se ero io: "La tua mano, prima che arrivi solo a toccare il vaso, te la frantumo"." [O un concetto del genere].
Conclusione? Un anno e mezzo dopo, evidentemente essendomi dimenticata con chi avessi a che fare, risposi alla sua petulanza, anzi, precisamente, alla sua affermazione petulante e fuori luogo che avrebbe disturbato mio padre, imitai, però credendo che trapelasse la mia ironia, quello che lei aveva detto in casa mia. Evidentemente non avevo archiviato l'episodio come credevo. Forse perché ne erano seguiti altri. Non pensai che gente che si comporta in quel modo, anche se laureata, non ha cultura, e quindi ironia? O meglio, non avevo capito, come subito invece aveva capito la mia amica Mariella, che quella era gente con cui non avere niente a che fare?
E la tipa mi mise le mani addosso le ebbi veramente. Ero in una zona di proprietà comune.
Ed un anno dopo ancora le ebbi (le mani ed i piedi addosso, le mani sulla testa e sul braccio, i piedi sulla gamba).
Di nuovo in un'area di proprietà comune.
Perché erano autorizzati?
- Perché il sangue del mio sangue le mani addosso me l'aveva messe lui per primo tre anni prima. [Un anno dopo, quando gli feci notare che nostro fratello minore si era controllato molto meglio di lui, protestò: <<E quante volte è successo?!? Una volta!>>.]
- Ed al sangue del sangue di mio padre andava fin troppo bene che mi mettessero le mani addosso.
Un anno dopo la prima aggressione fisica.
Altro episodio in cui un ospite in casa mia mi ha causato 'grave turbamento'.
Viene il sangue del mio sangue in casa mia, nemmeno si accomoda, io sto seduta sul divano e lui comincia a camminare avanti ed indietro e mi fa il terzo grado. Un anno prima aveva detto all'altro abitante in casa mia: <<I fatti vostri non li voglio sapere>>.
L'altro abitante della mia casa ricorda questo episodio in questo modo: <<Io ero in bagno. Sento questo entrare e penso: "Ma che devo andare a tenerlo?". Con decenza parlando, accorro praticamente tenendomi i pantaloni che non mi ero neanche fermato ad allacciare. Entro nel soggiorno, lo abbraccio e lo bacio.>>.
E se c'è una persona che è già profondamente turbata per fatti suoi come poteva salvarsi in un ambiente del genere?
La prima cosa è la serenità e la solidarietà in famiglia.
E chi non ha approfittato dell'occasione per reagire ed eliminare chi gli/le causa "profondo turbamento" in casa propria verrà eliminato. Ne approfitteranno gli altri.
DISCLAIMER. Non è neanche il caso di dirlo. Questo è un racconto. I nomi, i cognomi, i fatti e le circostanze narrate non hanno niente a che fare con omonimi o altri che hanno potuto vivere circostanze anche lontanamente simili a quelli raccontati. E' pura invenzione. Sono solo le mie favole che prendono spunto dai fatti di cronaca. Favole per far ridere i polli. I panni sporchi si lavano in famiglia e chi non rispetta questa regola si ritrova in manicomio, come insegna "Il berretto a sonagli" di Luigi Pirandello. Ed io non mi sognerei mai di violare questa regola.
E' una favola, è solo fantasia.
[Rubo l'incipit del disclaimer al disclaimer di "Non avevo capito niente" di Diego Da Silva]
Background ovvero spunto della favola:
Ho visto il monologo di Maurizio Crozza sulla vittoria del centrodestra in Sardegna e sulla legittima difesa.
Maurizio Crozza ha espresso una preoccupazione che temevo da tempo.
Discussione decreto legittima difesa. Quello che ti autorizza a sparare dentro una tua proprietà anche se non sei sotto minaccia: basta che tu ti senta turbato.
Non è male l’idea, continua Crozza, tu inviti a cena uno che ti sta sui coglioni...
Preoccupazione che ho espresso nei miei racconti e favole:
In casa di quella gente la mia amica Liliana non ci va, ma quelli possono considerare loro proprietà la corte condominiale, le scale. "Uh, non l'avevo riconosciuta! Era buio!" E con la luce fuori il portone che di notte deve essere spenta perché si consuma corrente non è difficile.
O magari dire: "Mi aveva aggredito!", quando magari Liliana stava cercando solo di difendersi.
Liliana già si trovò afferrata per il braccio che le fu torso e lei spintonata verso le scale e dopo l'autore del gesto andò a piagnucolare che era stato picchiato e che aveva paura e così poi i figli dell'autore aggredirono ancora Liliana prima verbalmente e poi fisicamente. E di nuovo rivoltarono la frittata.
I miei racconti esprimono la paura attuale di essere aggrediti in casa propria in questo clima di odio, di rancore, di frustrazione e di 'garantismo' e 'complicità'.