Grazie
Grazie ai medici radiologi e medici specialisti che mi hanno diagnosticato prima una piosalpinge poi corretta in sactosalpinge.
La conclusione comunque era la stessa: intervento in laparoscopia.
Grazie al medico specialista, luminare della provincia di Salerno, che ha aggiunto: “C’è anche una ciste all’ovaio destro”.
Grazie al mio medico curante che quando procrastinavo l’intervento mi ha avvertito, favorendo la mia successiva ipocondria: “Se non ti operi muori di peritonite”.
Grazie a mio fratello, persona molto in gamba e capace, circondato da donne ancora più in gamba e capaci che, informato, invece di interessarsi e capire di cosa si trattasse, si limita ad ironizzare col mio medico curante sulla mia paura di operarmi.
Grazie a mio marito, meno in gamba e meno capace, anche se 7 anni prima aveva evitato che mio padre venisse squartato da due chirurghi che volevano levargli il duodeno (fu poi operato in laparoscopia per eliminare un grosso calcolo della colecisti), e comunque stanco dei miei tira e molla, che quando gli dico che il chirurgo non mi sembra sia tanto convinto e sono sicura che non mi leverà niente, non mi appoggia nel firmare ed andarmene.
Grazie al professore ed alla sua assistente che si presentano a me dopo l’intervento, ancora con le mascherine, e con gli occhi che ridono dicono che non hanno trovato niente.
E meno male che chi mi aveva mandato da lui ne aveva parlato come di una persona molto umana!
Grazie al mio medico curante che mi prescrive un’ecografia addominale un mese dopo l’intervento da cui risulta due polipi alla coleciste. “Ecco!” comincio a pensare io “mi hanno operata per niente ed ora devo rioperarmi per la colecisti”.
Grazie a tutti i medici che, un mese dopo, non mi dicono che la mia irritazione alla gola, il senso di peso sulle spalle, i miei capogiri nel piegarmi e nel sollevare le braccia o pesi ed infine il mio svenimento che sembrava un attacco di cuore fossero dovuti a ernia iatale e reflusso.
Grazie al medico radiologo che un anno dopo mi dice: “Signora, lei ha detto che si è operata ma non hanno trovato niente. Qui c’è una neoformazione”. Grazie alla nuova specialista ed al nuovo tecnico radiologo che concludono la stessa diagnosi dell’anno prima: sactosalpinge.
Informati dell’intervento dicono: una, potrebbe essere di origine intestinale; l’altro, il professore ha sbagliato l’intervento. E dicono che devo rioperarmi in laparoscopia. “Sentite”, faccio io, con quel poco di cervello che mi era rimasto, “questa cosa ce l’ho almeno da un anno e non mi dà problemi. La tengo sotto osservazione e se cresce ne riparliamo”.
Grazie alla compagna di mio fratello, persona sempre molto in gamba e capace, con cui avrei voluto parlare di quello che mi era accaduto, ma io per lei non sono nessuno, anzi sono una nemica, e poi lei era venuta per fare pasquetta alla casa al mare dei miei genitori, non per essere seccata con i miei problemi.
Grazie allo specialista di Pisa al quale il mio nuovo medico curante inviava i casi dubbi che mi conferma: Sactoslpinge. E come gli altri dice che devo risottopormi a laparoscopia.
Grazie al medico ecografista che un anno dopo fa: “Signora, ma che tiene qua! Io non riesco nemmeno a vedere l’ovaio, ma che dice il suo specialista?”
Grazie allo specialista che vede un palloncino nel mio addome e conclude che siccome il professore non aveva visto niente deve avere altra origine e che mi consiglia di rivolgermi ad un altro luminare.
Grazie a mio fratello, sempre molto in gamba e capace, interessato solo che io vada a firmare dal notaio per acquisire l’eredità paterna che, quando gli dico che devo scegliere dove ricoverarmi per accertamenti, mi dice: “Io ti faccio dichiarare incapace di intendere e di volere”. Caro fratello, ma se io ero incapace di intendere e di volere, non avresti dovuto interessarti della situazione invece di preoccuparti solo che andassi a firmare dal notaio?
Grazie allo staff che mi induce all’intervento mostrandomi la formazione che si appoggia alla vescica, al colon e sposta l’ovaio verso l’alto scrivendo “potrebbe essere di origine peritoneale, al momento non ci sono processi infiltrativi” ed aggiungono può crescere ancora, diventare inoperabile, può degenerare.
Grazie a mio marito che non mi dà ascolto quando gli dico: “Questi hanno deciso di operarmi prima ancora di vedere i risultati delle analisi”. Non sapevo che l’avevano terrorizzato dicendo: “Non sappiamo cosa troveremo, potremo dover levare l’utero”.
Risultato? Mi sottometto ad un intervento “massivo” per levare quello che risulta poi essere un tumore benigno, passato in due anni dalle dimensioni di cm10xcm3 a 12cmx8cm, che, a mio parere, non dava fastidio a nessuno, tranne potermi causare urgenza urinaria quando si poggiava sulla vescica o stitichezza poggiandosi sul colon.
Grazie al professore che quando gli sottopongo i risultati del suo intervento e di quello del suo collega per prima cosa dice: “Se mi fa causa, la perde”.
Poi aggiunge: “Io ho levato in laparoscopia tumori anche più grandi del suo. E’ uscito pure sul giornale. Perchè non avrei dovuto levare anche il suo?”
Già perchè? Perchè quel giorno aveva troppi interventi in programma e non ha avuto il tempo di guardare bene?
Grazie al professore che mi conferma che quel tumore si individua con semplice palpazione. Sì, sono sicura che Giuseppe Moscati senza ecografia e senza risonanza magnetica all’inizio del ‘900 sarebbe stato in grado di individuarlo e rassicurarmi.
Ed infine soprattutto grazie alla mia depressione e scarsa autostima, che proprio all’inizio di questa storia, causate dalla decisione più sbagliata e vigliacca della mia vita, che andava contro tutti i miei principi, hanno fatto capolino facendomi diventare facile preda dell’ipocondria e diventare sottomessa alla volontà altrui.
Aggiungo grazie ai parenti e vicini che con la loro gioia nel vedermi in difficoltà hanno aumentato la mia depressione ed ipocondria.
[Racconto da integrare con https://www.aphorism.it/liliana_landri/racconti/resilienza/
in particolare <<Un'altra precisazione. Come mai a 33 anni una dottoressa che mi aveva diagnosticato qualcosa di brutto al seno non mi ha fatto scema ed invece a 45 anni mi sono fatta fare scema da un'amica (medico radiologo), con la quale avevo cenato tante volte a casa sua, oltre che da ben due specialisti del settore, uno ex‐primario (in pensione) del più grande ospedale di uno dei capoluoghi della Campania, un altro (attualmente ancora primario) del più grande ospedale di un altro capoluogo della Campania, che mi è stato venduto come il numero 2 in Italia del settore?
Perché a 33 anni non ero in depressione, non avevo contratto regolare matrimonio, e le mie decisioni le prendevo da sola (ed anche perché il Signore mi ha fatto incontrare il dottore Silvio Pignata che mi ha salvato).
etc.>>