Hutchinson
Affrontò nuovamente il folto della foresta. Il fogliame, i rami, le rocce e la terra compatta non sembravano poterlo rallentare. Pregò Iddio di giungere in tempo per salvare Sonja da qualunque pericolo incombesse su di lei. Aveva già perduto una persona cara quel giorno e non voleva che succedesse nuovamente, senza lottare per poterlo impedire.
Corse senza sentire la stanchezza e il dolore che il vuoto profondo, lasciato dalla morte di Lesley, doveva avergli procurato. L’odio e la voglia di vendicarsi di Alan si scioglievano come neve al sole davanti al suo senso di responsabilità nei confronti della piccola Sonja. L’unica creatura rimastagli, ora, e per la quale valeva la pena vivere. Peter affrontò la discesa, sempre seguendo il suono della voce della bambina. Saltò sulle rocce, ampie e piatte, che stavano velocemente sostituendo il folto della foresta. Se avesse riflettuto solo un poco, Peter si sarebbe certo reso conto che si stava avviando verso la spiaggia.
Tutto gli fu chiaro qualche secondo più tardi, quando si accorse di appoggiare i piedi su di un tappeto di sabbia. Davanti a lui, c’era qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere. cinque bambini del Clan, legati a grappolo per entrambi i polsi, venivano trascinati sulla sabbia da due Fuochi Fatui che stavano per raggiungere il loro gruppo, formato di un’altra ventina di alieni, in attesa a poche iarde di distanza.
In mare aperto, la visione risultava ancor più apocalittica. Le quattro navi da guerra ed il sottomarino stavano bruciando e le fiamme si propagavano alte nel cielo. Fasci di luce azzurra si spostavano rapidamente sull’acqua. Dovunque si assisteva a morte e distruzione. I marinai venivano falciati come mosche. Era in atto una cruenta battaglia che sembrava perduta in partenza.
Reso folle dall’orrore e dal dolore, Peter prese le pistole da duello con doppia canna e, urlando con tutto il fiato che aveva in corpo, corse verso il nemico. Sparò due colpi, i quali centrarono entrambi gli alieni nel collo e i due, dopo una brevissima agonia, si accasciarono sulla sabbia. Con lunghi balzi, Peter raggiunse i bambini ansimanti e in lacrime. Cercò di trovare la serenità d’animo sufficiente e le parole giuste per indicare loro la via di fuga. La lentezza proverbiale dei Fuochi Fatui permettevano loro un lieve vantaggio che l’uomo era estremamente deciso a sfruttare.
Dopo aver liberato i bambini dalle corde, li sollevò di peso e li riportò indietro. Li sospinse per alcuni metri verso il folto fogliame, ordinando loro di seguire il percorso da lui tracciato e chiaramente riconoscibile. Quindi, tornò sui suoi passi e si incamminò nuovamente sulla spiaggia ben deciso ad affrontare gli alieni e a dare ai bambini un po’ di tempo di vantaggio per poter sperare di raggiungere sani e salvi il resto del Clan. Peter era armato con un coltello e due vecchie pistole da duello con due soli colpi da sparare. Mentre cercava di formulare un piano per riuscire a sopravvivere all’impari scontro, un fascio di luce lo avvolse e percepì un forte dolore al costato. Era stato colpito da una sputa fuoco aliena.
La sensazione di dolore durò alcuni secondi. I suoi occhi rimasero come accecati ma solo per poco. Riprese sensibilità e vigore. Si alzò in piedi con la forza della determinazione e con il probabile sbigottimento degli alieni. La forma dubitativa si rendeva necessaria per tutto ciò che riguardava le loro capacità emozionali, siccome era quasi impossibile notare qualche differenza in quei volti deformi e inespressivi. Peter prese a correre e si lanciò, urlando come un ossesso contro il folto del gruppo, avendo cura di colpire in modo particolare il collo di quelle odiose e letali creature, da tempo riconosciuto quale loro unico punto debole.
Con il coltello, che aveva saldamente legato alla sua mano utilizzando i brandelli di corda sottratti pochi istanti prima alla prigionia dei bambini, Peter menò fendenti a destra e a sinistra, ferendo mortalmente e uccidendo almeno 8 alieni. Nonostante ciò, la situazione di svantaggio non mutò minimamente in quanto dal mare arrivarono rinforzi. 30, forse 40 Fuochi Fatui si incamminarono lentamente verso la cruenta battaglia.
Capendo che la sua salvezza da fortemente improbabile si stava trasformando in quasi impossibile, Peter tentò la fuga verso la foresta, avendo però cura di penetrarvi da una zona differente rispetto a quella utilizzata dai bambini per raggiungere il Clan. Urlò, si sbraccio, mosse i rami e le foglie per farsi inseguire e quando fu certo di esser riuscito nel suo intento cercò di seminare gli inseguitori.
Egli si nascose dietro un roccione ed attese. Quando il primo Fuoco Fatuo gli arrivò abbastanza vicino, lo afferrò per il collo e deviò la sua mano all’indietro, costringendolo a sparare ai propri compagni. Morirono in parecchi. Fu un gentile omaggio di Peter agli invasori, prima della fuga. La sua corsa fu, però, di breve durata. Si fece largo tra il fogliame e procedette quasi saltando, come mai aveva fatto prima, tra le rocce e l’erba verde. Quando per lo slancio della sua folle corsa finì per uscire dalla foresta, si ritrovò nei pressi di un casolare e di un capanno, posti su di un lieve pendio e di una distesa erbosa, il tutto completamente all’aperto. Ad attenderlo, a circa una quarantina di iarde, vi erano altri alieni schierati. Nonostante il suo naturale ottimismo, Peter pensò seriamente che fosse giunta la sua ora.
Era letteralmente stremato ma non cedeva e continuava a reagire ad ogni avversità. A spingerlo a combattere non era la paura di soccombere o il terrore di morire, bensì la consapevolezza che avrebbe speso volentieri la sua vita se fosse riuscito a donare un po’ di tempo e di speranza in più per il suo Clan. Ed era disposto a far pagare ai Fuochi Fatui, per la sua morte, il prezzo più alto possibile.
In lontananza, vide Alan e il suo manipolo di traditori e rinnegati fuggire su dei gommoni verso sud. Per nulla contrastati dagli extraterrestri. Probabilmente, quel farabutto e la sua masnada di sciagurati si sarebbero nascosti nell’isolotto meridionale dell’atollo. Peter non poteva sinceramente escludere che il Clan non fosse stato tradito. Forse erano stati proprio loro a contattare gli alieni ed a preparare quel massacro. Ripensandoci, non gli era nemmeno chiaro perché Alan avesse assistito alla morte di Zlatan senza muovere un dito e perché avesse ucciso Lesley. Dopotutto, ci avrebbero pensato gli alieni.
Mentre si trovava tra la vita e la morte Peter si chiarì le idee sulla dinamica che aveva portato alla distruzione del Nuovo Eden. Alan aveva venduto il Clan agli alieni. Da tempo si era costituito un gruppo interno con il quale intendeva riprendere la supremazia. Resosi conto che non sarebbe più riuscito a riprendersi il potere si era sbarazzato di quella che riteneva essere una sua creatura, usandola per ottenere chissà quale sorta di armistizio con i Fuochi Fatui.
E’ probabile che, non conoscendo la disponibilità attuale delle forze nemiche si sia preparato un piano alternativo. Uccidendo Zlatan davanti agli occhi di tutti, Peter si era giocata la possibilità di guidare il Clan nel caso fosse sopravvissuto all’assalto finale. Dopotutto, l’uccisore di alieni era già stato in grado di sorprenderlo più volte e avrebbe potuto, in qualche modo, salvare nuovamente gli scozzesi.
Sonja, tuttavia, correva un serio pericolo e certamente era all’oscuro di tutte le macchinazioni di quegli uomini arroganti ed ambiziosi. I Fuochi Fatui, i quali intanto si erano accorti della sua presenza, lo costringevano ad arretrare ed a raggiungere un pianoro sottostante in cui si trovavano i ruderi di una vecchia cappella cristiana. La situazione era disperata. Non c’era alcuna possibilità di fuga. Alan aveva pianificato tutto alla perfezione. Con questo gesto si era finalmente liberato di un suo avversario alla guida del Clan e di tutti coloro che ne avevano avversato il comando sino a quel dì.
Peter si voltò e cambiò repentinamente direzione, spiazzando i suoi avversari. Corse tra le piante della foresta ben deciso a ritornare tra i suoi compagni per quello che gli pareva essere diventato il sempre più probabile epilogo della loro esistenza. Giunto nella radura dove aveva ucciso Zlatan, vide i segni inconfondibili della battaglia in corso. Il Clan e gli extra‐terrestri stavano ingaggiando un mortale duello senza esclusione di colpi. Quello che avrebbe dovuto essere, nelle intenzioni degli scozzesi, il nuovo Paradiso dell’Uomo, si stava trasformando in una revisione dell’anticamera dell’Inferno.
Kurt e Sean sembravano degli indemoniati e sul loro volto si era dipinto un macabro sorriso. Il fumo delle navi in fiamme stava raggiungendo il luogo dello scontro e il fatto rendeva ancor più surreale quel poco che si riusciva a scorgere. Hugh difendeva come un forsennato un piccolo avvallamento del terreno e Peter capì che quello doveva essere diventato una trincea‐rifugio per i bambini. Reso pazzo dal dolore, si precipitò verso l’ultimo baluardo prima della capitolazione. Raccolse da terra il mitra di un marinaio ucciso e falciò una decina di avversari con la prima raffica.
La battaglia infuriò ed i contendenti combatterono ravvicinati gli uni contro gli altri, dando origine quasi ad una lotta corpo a corpo, orribile, spaventosa. Le carcasse dei caduti venivano calpestate dalle opposte fazioni che, anzi, le usavano come scudi per ripararsi dai colpi sparati dagli avversari. I membri del Clan scannavano i cadaveri sanguinanti dei Fuochi Fatui, spaccando pietre aguzze e robuste nel collo degli extraterrestri. Gli alieni morivano come mosche ma continuavano a giungere in forze sul luogo della battaglia. Dal mare arrivavano nuovi avversari che sostituivano quelli caduti. Era una lotta senza quartiere.
Raggiunto il fianco di Hugh, Peter diede un’occhiata alla buca dove pensava fossero nascosti i bambini. Vide alcuni di loro, infreddoliti ed impauriti e, poi, scorse la sagoma di Sonja. Era accasciata in terra, senza vita, con la nuca rivolta verso l’alto e una chiazza di sangue sotto di lei. Folle dal dolore, si precipitò verso la piccina e la voltò. Cercò di rianimarla e domandò agli altri bambini che cosa fosse successo ma non ebbe alcuna risposta, se non strilli di puro terrore. Fu Hugh ad implorare il suo aiuto.
‐Peter, aiutami.‐ Disse il professore in palese difficoltà a reggere l’urto degli invasori.
‐Moriranno tutti se non mi dai una mano.‐ Concluse con affanno.
Peter posò in terra la bambina, delicatamente, e si voltò verso il centro della battaglia. I ragazzini che lo avevano guardato in viso si ritrassero spaventati. Non avevano mai visto un volto umano ridursi in quel modo. Ciò che Peter era diventato non aveva più nulla a che fare con la sua vita precedente.
Folle, assetato del sangue dei suoi nemici, l’uccisore di alieni si lanciò con impeto e rinnovata energia verso il folto gruppo di assalitori. Scampò miracolosamente al loro fuoco e si avvinghiò al collo di uno di loro. Con un sorriso ed una risata non più umana, strappò dalle sue mani le sputa‐fuoco. L’alieno si contorse sotto i suoi piedi. Lui, che ora aveva due potenti armi, non pensò nemmeno lontanamente di finirlo. Desiderava ardentemente vederlo soffrire e agonizzare. Non gli bastava più la sua morte, voleva assaporare la sua sofferenza come se fosse un nettare prelibato.
Impugnò le due lancia‐raggi e vi inserì due chiodi ricurvi, che teneva sempre in tasca nell’evenienza di un simile utilizzo, e cominciò a sparare emettendo un gorgheggio satanico. Ormai, privato della sua umanità, egli si stava abbandonando ad uno stato primordiale, ad atteggiamenti demoniaci che si trovavano nella sua psiche, sepolti sotto millenni di civiltà.
Persino Hugh ebbe paura di questa sua trasformazione ma convenne che i risultati in termini di perdite di vite aliene, per il nemico, non erano proprio da disprezzare. I Fuochi Fatui, forse per la prima volta dal giorno dell’invasione, ebbero paura di qualcosa. Peter uccideva spietatamente e feriva ogni creatura che gli capitava davanti ai suoi occhi posseduti da una furia animalesca. Mentre avanzava e, ancor più incredibile, mentre il nemico arretrava, egli non calpestava i feriti. Strappava loro le micidiali lancia‐raggi dalle mani, per poi gettarle indietro verso Hugh. Colpisci e terrorizza. Peter sembrava avere impresse sulla fronte queste parole come se un marchio rovente gli fosse stato pigiato sulla pelle.
Su di una collina, che sovrastava il luogo dello scontro, comparve Hutchinson vestito con un perfetto kilt del Clan e con in braccio una cornamusa. Sotto di lui la scogliera battuta dal vento del nord. Il feileadh mor che indossava, e che aveva ricuperato chissà dove quando aveva lasciato per alcune settimane il Clan, nel periodo della grande pioggia, era un panno della lunghezza di circa cinque metri che veniva raccolto in vita e fermato con una cintura e che serviva a coprire anche la parte superiore del corpo. Realizzato in tartan, egli lo indossava insieme al tipico sporran, quella caratteristica borsetta di cuoio utilizzata per trasportare denaro.
Fiero, e consapevole che poteva essere l’ultima cosa che faceva nella sua vita, intonò le prime note di Scotland the brave come aveva fatto alcuni mesi prima sul ballatoio del suo Castello, nella sua Edimburgo, nel suo Paese: la Scozia. Tutti i presenti, i quali ascoltarono le note di quella ritmica melodia, lottarono intonando le parole di quella canzone con la voce, con il cuore, con la mente.
Scotland the Brave
Hark where the night is falling
Hark hear the pipes a calling
Loudly and proudly calling down thru the glen
There where the hills are sleeping
Now feel the blood a leaping
High as the spirits of the old highland men
Towering in gallant fame
Scotland my mountain hame
High may your proud standards gloriously wave
Land of my high endeavor
Land of the shining river
Land of my heart forever, Scotland the Brave
High in the misty mountains
Out by the purple highlands
Brave are the hearts that beat beneath Scotland skies
Wild are the winds to meet you
Staunch are the friends that greet you
Kind as the love that shines from fair maidens eyes
Il suono solitario, ascetico, quasi ipnotico, di quella “Piobaireachd" prodotto dalle braccia e dai poderosi polmoni del giovane membro del Clan, contribuivano a rinvigorire l’animo degli assaliti e a gettare nello sconforto gli assalitori. Sean, spuntato fuori da chissà dove, si affiancò a Peter e cominciò a sparare con le lancia‐raggi, ringhiando come un cane rabbioso.
Hugh che era rimasto leggermente più attardato e che aveva ancora una testa sulle spalle, pensò che fosse interesse prioritario difendere i bambini e cercò di attirare l’attenzione di Hutchinson verso di sé. Questi sembrava come rapito da un essere invisibile e misterioso che ne guidava le gesta e non udiva e non vedeva quanto stava accadendo nel pianoro sotto di lui. Purtroppo, sentì benissimo l’urto dello sparo di una sputa‐fuoco aliena. Un raggio lo tranciò in due. La metà superiore, forse ancora cosciente, tenne ben stretta a sé la cornamusa e l’ex addestratore di tiro a segno, emettendo un flebile gemito, perì così sul campo di battaglia.