I nuovi Kouroi
I nuovi Kuroi ateniesi sono ugualmente belli, nelle loro linee di estetica prassitelica. Sembrano essere uno stuolo di gemelli, assimilati da una misteriosa generazione, che li ha procreati per un’unica azione, che so riconoscere. Casco nero, divisa nera, fasciante carni e ossa agili, stivali impeccabili. Cavalcano, due per volta, moto ugualmente nere, possenti. Due corpi allacciati come su di un delfino nero. Al primo, scorgi una grossa pistola nella fondina, al secondo, una coda in erezione, più che un manganello, è una mazza. Fermi sotto i portici, a squadriglie, lanciano sorrisi freddi alle loro colleghe, di cui stenti a individuarne il sesso, attraverso la scura armatura. Guardano, gli altri, lontano, sorvegliano, scrutano, intimoriscono. Li trovo di prima mattina a raccogliere, sotto un porticato in disuso, una decina di barboni, cenciosi e assonnati. Una fila, diseguale e triste, che, a fatica, si regge con le spalle al muro. Sguardi miseri si contrappongono a sguardi severi, duri, cattivi. Dove mai li porteranno? Discendo il viale del Partenone, estasiato da ciò che ho visto, da ciò che ho provato. Una parete di ville lussuose si contrappone agli ulivi della collina. E’ spiovuto da poco. Odore di legna bagnata. Poche persone. Il rombo, lo riconosco. Eccoli, arrivano. Mi passano davanti veloci, bui come incubi. Non mi degnano di uno sguardo, tesi a un fine che ignoro. Salgono ingoiati dalla boscaglia, verso il Partenone. Auguri Grecia!