Il calore della vita
Immerso tra i raggi del sole e le righe di “Aracoeli”, quassù, sul mio terrazzo, un coccodè, stamane, mi svela un quadro trascorso di bimbo. Nonna Amina trasaliva a queste note, qualunque cosa facesse. –“ Ha fatto l’uovo”‐ Il suo timbro forte di donna meridionale. Il volto, di natura gioioso, diveniva serio. Se si era all’impasto del pane o, sciolta, la ciocca dei suoi capelli, al lento passare del pettine sulla lunga chioma, tutto cessava. ‐“Ha fatto l’uovo”‐ Non mi meravigliava quest’aggiudicare, verbalmente, a una conoscenza particolare, quest’atto creativo, tra una quantità di polli. A sera, avevo assistito a una manovra indaginosa che suscitava sempre, in me bimbo, una strana curiosità. Afferrando la gallina starnazzante, nonna Amina se la poneva sotto l’ascella. Con un gesto senza esitazione, infilava l’indice nel sedere del povero animale. ‐”C’è!”‐ Era una sicurezza che le dava la possibilità di una previsione infallibile. La mattina seguente, sapeva dirigersi verso quell’angolo del pollaio, tra quel pugno di paglia, dove avrebbe trovato l’uovo. La seguivo, tra uno smarrimento di polli nelle gambe, in quel sentore che mi è rimasto nelle narici, negli anni. –“ Tocca, com’è caldo!”‐ Quel gesto di offerta, quella mano sospesa nell’aria, quell’oggetto sferico che mi attendeva; la mia ritrosia al nuovo, al timore infantile di un calore non sopportabile. Conservo ancora il piacere di quel tepore nella mano, un tepore di carezza, d’amore, fascinoso e tenue come la vita.