Il duro mestiere di cognato
Più che un mestiere la definirei una missione, la missione del
cognato. Che mestiere è quello del cognato? Il più duro del mondo,
a mio parere. Scordatevi i luoghi comuni: i minatori, gli
scaricatori di porto, i camionisti, gli infermieri al tempo delle
pandemie, tutte balle. Il mestiere più faticoso è il mio, ne
volete una prova? Prima le presentazioni, come da etichetta:
Alberto da Roma, primogenito di sei figli, l’unico di sesso
maschile all’anagrafe. Provate a immaginare cosa significhi
crescere con cinque sorelle cinque, al tempo della dittatura del
matriarcato. Eppure sono sopravvissuto, anche se per farcela ho
dovuto mimetizzarmi con l’ambiente, imparare l’arte della cucina,
del trucco e del parrucco e specializzarmi in chiacchiericcio e
gossip. E sapeste quanto m’è servito!
Poi le sorelle hanno raggiunto l’età da marito. Tutte da dieci in pagella come bellezza, per passare il tempo nelle serate d’inverno di tanto in tanto si organizzava una sfilata, una Miss Italia in salsa familiare, un concorso di recitazione. Non ricordo quando ho deciso di fare il cognato a tempo pieno: non so nemmeno, anzi, se posso esibirlo come mestiere sul biglietto da visita.
Cognato di Tizio e Di Caio, di Sempronio, di Gianfranco e di Antonio: le feste di famiglia vanno convocate dal presidente del Senato, visto che quello della Camera, vi partecipa di diritto? Il sabato e la domenica prima delle elezioni, le riunioni di famiglia possono essere indette senza incorrere nelle sanzioni previste dalla legge?
Procediamo con ordine: da giovane ero un ribelle che si occupava di politica; manifestazioni, dazebao, slogan, scontri con la polizia erano il mio pane quotidiano. Mi sforzavo di fare opera di proselitismo, con poca fortuna: solo le sorelle più grandi mi davano retta, seguendomi alle manifestazioni, per convinzione o per rimorchiare qualcuno; il leader del movimento, un aitante poliziotto della Celere, un vip di passaggio incuriosito dai colori del corteo.
Una mattina ero davanti a Montecitorio, per protestare contro l'ennesima stangata di fine anno, la solita finanziaria lacrime e sangue: i deputati attraversavano la piazza alla spicciolata; quelli della maggioranza con il bavero alzato per non farsi riconoscere e la coda tra le gambe, quelli dell'opposizione col sorriso a trentadue denti stampato sul volto, in gruppi di dieci a fare la ola come allo stadio.
Massimo era un peones ossia un esordiente della politica che volle concedersi un bagno di folla come un leader affermato: trovatosi davanti le curve e le grazie della maggiore delle mie sorelle, però, non poté fare altro che arrossire come un liceale dinanzi alla ragazza dei suoi sogni. Balbettò, incespicò sulle parole, farfugliò qualcosa, ma riuscì ugualmente a fornire a Marcella‐questo il suo nome‐ indirizzo mail e numero del cellulare. Corteggiamento, fidanzamento e matrimonio seguirono in rapida sequenza e fu così che ebbe inizio il mestiere di cognato.
I passi successivi furono più facili: ben introdotta nei salotti della politica, grazie al matrimonio, a Marcella non fu negato di farsi accompagnare a turno da sorelle non meno attraenti e appariscenti di lei. Le proposte fioccarono: gli onorevoli già sposati promisero attici in centro e auto di grossa cilindrata, ma solo per una relazione clandestina. Non mancarono gli imprenditori prestati alla politica che proposero ville ai Caraibi o in Costa Smeralda, comparsate in televisione e cessione di quote consistenti di azioni della propria azienda.
Il consiglio di guerra fu riunito in seduta permanente per vagliare le candidature dei futuri consorti: chi spingeva per scegliere i pretendenti più ricchi, chi come me si sforzava di preferire coloro che avevano maggiori probabilità di fare carriera e di arrivare ai vertici della politica.
Fu deciso di valutare le candidature di parlamentari di maggioranza e opposizione, in modo da proteggersi dai capricci dell'elettorato e dalla pratica dello spoiler system. La scelta cadde su un deputato del Fdi, uno della Lega per il centrodestra, uno del Pd e uno della sinistra radicale.
E furono cerimonie sfarzose, quasi matrimoni di Stato, per il numero di deputati e senatori, di generali delle forze Armate, di ambasciatori e di alti funzionari presenti. A me toccò la regia degli eventi e mettere d'accordo cognati tanto diversi e diffidenti richiese capolavori di diplomazia.
Il bello, però, venne dopo, servì un lungo lavorio ai fianchi delle sorelle per farmi rivelare quelle confidenze e quei retroscena di cui si nutrono giornali e riviste e che sono disposti a pagare a peso d’oro.
Nel tempo restante, poi, c’erano case da visitare e costruttori da contattare: fosse stato per loro, i miei cognati intendo, mi avrebbero liquidato con due stanze male arredate a Canicattì o a Soresina.
Poi soffiò forte sul nostro paese il vento dell'antipolitica e fu l’inizio della disfatta: senza più sorelle da sposare, con i cognati in fase di avanzata rottamazione, divenne problematico persino sbarcare il lunario. Per me cui non spetta un generoso vitalizio o una pensione d'oro capace di farmi dormire sogni tranquilli per l'intera vecchiaia.
Urgevano soluzioni originali, per non essere costretto a imparare il mestiere di barbone, dopo quello più redditizio di cognato dei potenti.
Decisi di cambiare mestiere, in fondo anche quello di suocero pensai, non era male. Come fare, però, senza avere figli e meno ancora figlie in età da marito? Adottare una figlia vicina alla maggiore età, ecco la trovata geniale… magari una ragazza carina e sveglia, da far convolare a nozze, a ridosso delle elezioni, con un candidato dei grillini, scegliendolo tra i più giovani e ingenui del lotto. Bastò una raccomandazione in fondo per accelerare le pratiche di adozione, pratica ancora in auge anche in tempi di furori anticasta.
Consultai mia moglie, tornai a riunire il consiglio di guerra, cognati di grido compresi: per elaborare un piano e per adottare strategie adeguate alla nuova realtà della politica.
La Dea bendata non mi abbandonò: nella lista delle adozioni scovai due gemelle diciassettenni, l’ideale per sposarne una con un deputato di maggioranza e l'altra con un rappresentante dell'opposizione, ammesso che si riesca a distinguerle maggioranza e opposizione, a queste latitudini.
Il piano riuscì alla perfezione: ungendo le ruote giuste, scucendo fior di bigliettoni, battei il record mondiale di velocità delle adozioni. Poi ecco pronto il nuovo piano: le gemelle, due ragazze belle e sveglie, senza peli sulla lingua, disposte a tutto per raggiungere ricchezza e popolarità, lo avrebbero eseguito alla perfezione. La scrematura dei candidati non fu semplice, quello che fu disastrosa fu la gestione dei contatti e delle trattative. Come potranno fare questi figuranti a rappresentare gli interessi della nazione? Gente senza cultura, preparazione e persino identità sessuale.
Pur abbassando l'asticella il risultato fu lo stesso: sembra che in certi ambienti, ormai, imbattersi in un eterosessuale sia come cercare un ago in un pagliaio.
E le gemelle? Con chi avrei potuto sposarle se anche dalle parti di Arcore, ormai, si trovavano veline in mobilità, soubrette che tiravano avanti col sussidio di disoccupazione e consigliere regionali in svendita su Ebay?
Mi guardai intorno demoralizzato: cosa sarà mai successo a questo paese nel giro di qualche anno appena, per costringermi a fare ciò che non avrei mai pensato. Andare a lavorare.