Il fidanzato immaginario
Da bambina ne avevo molti. Bambine, bambini, cagnolini ecc. Ci giocavo a tutte le ore del giorno. Dormivo con loro, mangiavo con loro, ridevo con loro. La mamma non si era mai preoccupata più di tanto. Diceva che c’erano perché non avevo altri amici con cui giocare. Il pediatra l’aveva rassicurata dicendole che era un fenomeno normale durante l’infanzia. Da quando ho compiuto sedici anni fino ad oggi, n’è rimasto solo uno al mio fianco. Si chiama Daniel, ma io l’ho sempre chiamato Danny. Non è bello, ma carino. Un gran chiacchierone e spesso e volentieri dice cose che non hanno senso, specialmente quando vuole tirarmi un po’ su di morale. Ci riesce sempre sin da quando, a sei anni, caddi dalla bicicletta e mi ruppi un polso. Nessuno riusciva a calmarmi in nessun modo. In ospedale, mentre mi mettevano il gesso, Danny mi teneva la mano. Danny è molto dolce, ma anche tanto imbranato. Ha sempre in repertorio battute fuori luogo e un senso dell’umorismo tutto suo. Darebbe la vita per me (in un certo senso deve farlo) e c’è sempre quando ho bisogno di lui. C’è la mattina quando mi sveglio e faccio colazione prima di correre a prendere la metropolitana per andare in biblioteca, dove lavoro. C’è anche durante il weekend quando non ci sono le mie amiche, le sere che guardo la TV da sola. Si sveglia con me. Mi guarda con i suoi occhioni teneri, mi da un bacio e mi tiene stretta fino a quando decido di alzarmi. Perché non riesco a fare a meno di lui da quando esiste? Per quel suo modo unico di guardarmi e dirmi sempre che mi vuole bene, specialmente quando ne ho veramente bisogno. Per il solo fatto che quando sono a terra e non vedo alcuna ragione per tirarmi su, lui è vicino a me ad elencarmene una quantità industriale. Mi fa sentire bella, interessante, amata, ma soprattutto capita. Capisce tutto quello che mi passa per la testa. Qualunque mio dubbio o paura. Gioisce con me dei miei successi ed è pronto a confortarmi in caso di insuccessi. L’unico neo nella nostra storia è che lui compare soltanto durante i periodi più brutti della mia vita, mentre quando sto bene e sono felice… scompare. Vi faccio un esempio. Due anni fa eravamo la coppia più felice del mondo. Sempre insieme come due gemelli siamesi, ci lavavamo i denti insieme, passavamo anche lo stesso filo interdentale. Guardavamo gli stessi film, ci commuovevamo per i loro finali, ci piacevano gli stessi cereali. Ci guardavamo e ci leggevamo nel pensiero. Praticamente comunicavamo senza pronunciare una sillaba. Ogni tanto si discuteva di quando avrei comprato un appartamento tutto mio e lui sarebbe venuto a stare da me. Era al settimo cielo, anche perché si era stancato di questa situazione: i continui bisbigli e le risate sotto il piumino perché i miei non ci sentissero, le uscite con i miei amici, che ovviamente non lo consideravano, le cene rubate e portate in camera per stare un po’ da soli. Avevo ormai deciso di trovare un piccolo locale. Magari in centro città. Volevo anche dei bambini (almeno tre ed un cane) e lui, come sempre, diceva di sì a qualunque mio desiderio cercando allo stesso tempo, però, di farmi riflettere sui pro e i contro. Era la mia coscienza. Il giorno che incontrai Samuel pioveva a dirotto. Mi era rimasto impigliato un tacco sul marciapiede ed avevo dimenticato l’ombrello in biblioteca. Era un vero gentiluomo. Mi aiutò a liberare la mia scarpa e poi mi invitò a pranzo in un piccolo, accogliente ristorante all’angolo. Si offrì persino di ordinare mentre io, nella toilette, mi asciugavo i capelli con l’aggeggio con cui ci si asciuga le mani. Danny non era affatto geloso, nemmeno quando abbiamo cominciato a frequentarci più assiduamente. Ascoltava tutti i miei resoconti sul suo rivale, però più continuavo ad uscire con Samuel e meno vedevo Danny. Finché, come il suo solito, un bel giorno è scomparso. Stare con Samuel mi rendeva felice. Era come vivere un gran bel sogno. Romantico, dolce, sensibile, sembrava perfetto. Mi ero trasferita da lui, nel suo piccolo appartamento in centro città. Ero innamorata al punto tale che vivevo per un suo respiro. Restavo ore ad osservarlo mentre dormiva. Tutte le volte che si svegliava la mattina, lo guardavo e lo stringevo stretto a me fino a quando non decideva di alzarsi. Non smettevo mai di dirgli quanto gli volevo bene. I suoi colleghi architetti lo bombardavano di telefonate a tutte le ore. Quando uscivamo con loro non mi consideravano ovviamente, pensavo io, essendo una semplice bibliotecaria. Circa un anno fa, pranzando, gli confessai il mio sogno di avere dei bambini, almeno tre ed un cane. Da quel giorno che le cose degenerarono gradualmente. Passavano i mesi e tra i suoi colleghi, che lo bersagliavano di telefonate, c’era anche Valerie, la sua nuova assistente. Premetto che non sono mai stata gelosa, di norma, ma questa volta c'era puzza di bruciato, di corna bruciate… Il giorno in cui Samuel mi confessò che mi avrebbe lasciato per Valerie il mondo mi crollò letteralmente, sottoforma di un secchio di colore verde che stava sulla scala in camera da letto. Stavo, infatti, cercando di tinteggiare con un tono un po’ più allegro quella camera così monotona. Valerie. Non l’avevo mai vista fino a quel giorno. Lei aspettava in macchina fiduciosa che io avrei fatto una scenata e me ne sarei andata con tutti i miei stracci e la coda fra le gambe. E invece no! I miei stracci non li ho impacchettati quel giorno… Sono tornata circa un mesetto dopo, con una valigia vuota e il cuore letteralmente tritato. Continuavo a pensare a cosa avesse lei che non avevo io. Un cane l’aveva, ma non voleva marmocchi. Nel frattempo ero tornata a vivere dai miei genitori tra un “te l’avevo detto”, un “quello lì non mi è mai piaciuto” e un “morto un papa se ne fa un altro”. Poveretti anche loro: cercavano di tirarmi su come potevano. Ho pianto per giorni chiusa in camera. Uscivo solo perché ero costretta a mangiare e per via di altri bisogni fisiologici che tutti conoscono. Una mattina, credo due settimane fa, mi sono svegliata senza cominciare a piangere. Danny era vicino a me. Sentivo il suo calore e le sue mani che mi accarezzavano dolcemente. Lo aspettavo. Mi ha dato un bacio sul collo e poi ha esordito con una delle sue solite battute per sdrammatizzare e, baciandomi, mi ha ripetuto quanto ero bella e quanto mi voleva bene. Come sempre, ci siamo giurati di non lasciarci mai più e io sono corsa a comprare il giornale e ho sfogliato gli annunci immobiliari. Oggi è il giorno del trasloco. I miei amici mi stanno dando una mano e Danny osserva silenzioso. Sorride perché sa che fra qualche ora saremmo finalmente soli. Riempirò la vasca con acqua bollente e sali profumati. Accenderò un incenso e sceglierò uno dei CD che ci piace tanto. Dopo il bagno ci sdraieremo sul divano a guardare un bel film romantico. Alla fine piangerò come solo un salice sa fare e lui mi bacerà. Finalmente parleremo senza più bisbigliare. Lo sa che ho conosciuto Christian. Come sempre, mentre gli raccontavo i particolari, mi ha sorriso guardandomi un po’ preoccupato. Mi ha ricordato, come una lista della spesa, tutti i ragazzi che mi hanno spezzato il cuore, raccomandandomi di fare attenzione. L’ho baciato e gli ho detto che lo amo e che non amerò mai nessuno quanto lui. E’ sera, sto preparando il nostro bagno. Ho acceso la TV così Danny si può rilassare un po’. Ci sono cartoni dappertutto. In camera da letto ci sono due materassi per terra, due piumoni e due cuscini. La casa profuma di nuovo o forse solo di muffa, ma sono felice. Tranquilla. Con una mano controllo l’acqua seduta sul bordo della vasca. Intravedo Danny che guarda la TV. Il suo sguardo e il mio sono identici. Pensiamo alle stesse cose, lo so. Suonano alla porta. Mentre gli passo davanti per andare ad aprire, mi sorride. Siamo proprio una coppia felice. Apro la porta. Davanti a me c’è Christian con un mazzo di fiori e una bottiglia di Champagne. E’ venuto per festeggiare e, dando uno sguardo in casa, siccome sono da sola, mi chiede se può entrare. Gli sorrido e gli dico di mettersi comodo sul divano mentre vado a chiudere l’acqua in bagno. Ripasso davanti al divano e provo una strana sensazione. Cosa mi sono dimenticata? Torno e mi siedo vicino a Christian. Mi accorgo che uno dei cuscini è umido. Forse si è bagnato con la pioggia oggi in strada mentre lo caricavo con le altre cose in macchina. Parliamo del più e del meno. Mi chiede se può darmi una mano domani con gli scatoloni. Ci raccontiamo le rispettive giornate. Qualche battuta stramba che mi fa ridere, qualche sorriso. Mi sento proprio a mio agio con lui. Come se lo conoscessi da quando ero bambina. Christian mi prende la mano e, guardandomi negli occhi, mi dice che si è innamorato di me dal primo momento che mi ha vista. Mi bacia. La sensazione che provo è indescrivibile. Aspettavo tutta la vita un bacio così. Aspettavo Christian da tutta la vita. Ma dov’era fino ad ora? Non importa, ora è qui e io non sono più da sola. Qualcuno un giorno mi aveva detto che quando la mia anima gemella mi avesse baciato, me ne sarei accorta in un secondo. Fino ad oggi credevo si trattasse della solita frase da film, che ti rifila la tua amica felicemente sposata per darti una piccola speranza di non finire vecchia e zitella con uno di quei cagnolini sulle ginocchia. Fino ad oggi. Da oggi tutto ha un senso. Le sue labbra, i suoi occhi, le sue mani. Il paradiso. Parliamo tutta la notte fino ad addormentarci davanti la TV. Christian non è bello, ma carino. E’ molto dolce, ma anche tanto imbranato. Stanotte dormo serena. Sogno Danny. I suoi occhi sono umidi. Mi abbraccia e mi bacia teneramente sulla fronte. Spera che questa sia la volta buona, anche se ciò significa non rivedermi mai più. Lo abbraccio forte e lo stringo a me, gli sussurro in un orecchio che lo amo e che un giorno lo sposerò. Mi guarda, sorride e mi bacia. È proprio vero: non capita tutti i giorni che uno degli amici immaginari durante l’infanzia si trasformi in un fidanzato immaginario in età adulta.