Il filosofo maledetto e il suono d'armonica..
L’anno lo si vede come sempre spegnere nei giorni che accompagnano il mese di dicembre. Questa volta il fine anno appare inzuppato di un umido che sale lento dalle suole delle scarpe. Ogni cosa sta per fermarsi, stupita. Capita sempre così in questo mese di festa. Dalle luci per strada ai colori natalizi. Dai presepi di cartapesta del mitico Antonio ai carion e alle barbe bianche. Per lo più finte. Il freddo oramai si addensa in una promessa di ghiaccio. Come quello lasciato sul vetro della macchina di prima mattina. Lo conserverò così per sempre. Intatto. E così che oggi ho deciso di sposare l’inverno. Poggio la penna sul tavolo smussato. Guardo il foglio di fronte a me e lo vedo pian piano sporcarsi d’ inchiostro.
Son passati pochi giorni dall’ultima volta che ho disegnato linee di inconsistenza con l’artificio della mano. Solo pochi giorni. E’ stato un parto difficile e prematuro che ha generato piccoli pensieri e discussioni. Vino rosso e parole. Fuoco a scaldare gli animi, alterati dalla vista di giorni appena passati e dall’ipocrisia politica e sociale che è sempre presente. Niente di nuovo. Solito squallore! Con la comparsa di nani, ballerine e mostri bifronti. Due giorni di costicine, bestemmie, salsicce e abbracci, di pugni nello stomaco e rabbia. Smorzata dal vento o bruciata dal fuoco. Solo fumo all’orizzonte. Olfattato lungo la strada, come semplice spiraglio d’aria. E via di fuga.
Oggi c’è un mare fantastico a Crotone…Nonostante il generale inverno alle porte c’è un sole alto e fiero che spacca la crosta terrestre e che regala squarci di vita piena. Sarebbe utile goderselo tutto, fino in fondo. Magari che ne so sfruttare la pausa di lavoro per fare una lunga camminata in spiaggia, sulla battigia, per poi rifugiarsi in un locale a mangiare fagioli neri, cucinati alla messicana, accarezzati da pane abbrustolito e accompagnati da una riserva di chianti, tatuata “Gallo Nero”….E non importa se mentre scrivo capita di fare la pubblicità alle case vitivinicole, tanto qui è tutto gratis, non paga nessuno. Sia chi scrive che chi legge. In fondo vale propria la pena fare l’amore col sole e col cibo, bevendo vino e masticando parole.
Mi sento all’improvviso precipitato nel bel mezzo della vita, a metà strada tra una carezza e un tegola in testa. Cammino adagio sul pavimento della strada . Faccio fatica a tenere saldo il piede per non scivolare. Mi accompagna solo un piccolo strumento che dirama bollettini di guerra e folate di note. Corrosive quanto bastano per saziarmi di tutto e di niente. Di vino e di parole. E di tal sazietà mi cibo e poi suono. Suono artigli d’autore seduto per terra. Note dolci, un pò malinconiche, tinte di cruda amarezza. Con gli occhi chiusi canto il mio animo disumano, il mio spirito schivo e ribelle senza cercar gente che possa udire. Sono seduto sul ciglio della strada e scrivo. E suono. Per me stesso, per le mie sensazioni e sentimenti nascosti e virluenti, tutt’altro che indifferenti, con la bozza del libro che sto per terminare, appoggiato per strada, sopra la mia ombra di piedi scalzi..Son uomo di popolo preso a prestito per strada, mal visto dagli stessi uomini “benpensanti”, ma ignaro mi abbandono al mio talento creando un rifugio per gl'occhi, per la mente, per il cuore. Il dolce suono d’armonica riempie di poesia la piazza che scorre veloce, dai soliti movimenti meccanici di chi l'attraversa giorno e notte. Con l'unica cosa che resta viva e ferma, la musica..E’ salubre pensarsi così come un solleticatore di note che scrive melodie su un pentagramma distorto. Suono, volteggio e rido. E scrivo. Lo faccio nei vicoli di questi luridi palazzi colorati di smog. Dopo aver donato un pò d'armonia con le mie leggere intonazioni, lascio i vicoli e sparisco dietro un maestoso cielo di color azzurro lucente. Non si sa chi sono, nessuno s'è mai interessato, nessuno ha ben guardato o rivolto una sola parola. E così è. Ogni giorno, alla solita ora. Il filosofo maledetto con l'armonica fa dono di musica, scritti e parole. Lancia piccoli strali nei vicoli della città. Brevi passaggi di tempo. Piccole oasi di lettura, note intonate alla memoria. In compagnia della sua armonica. E poi d’un tratto sparisce, si dissolve, dietro l’azzurro lucente.