Il giardino di Astarte
Il giardino d’Astarte
Astarte era la regina di Byblo; aveva la pelle bianca come la neve e fiammanti capelli rossi, che le arrivavano fin quasi ai piedi, tanto che al mattino non poteva muovere un passo, prima che le sue ancelle li raccogliessero in lunghe trecce, ma la sera li faceva sciogliere, perché Adone li adorava e lei era gelosa … persino dei suoi capelli.
‐ Non mi ameresti, se non avessi questo manto di capelli fulvi! – lo rimproverava.
Adone rideva: ‐ Quando diventeranno bianchi come la neve – scherzava – e non si distingueranno più dalla tua pelle, io ti dimostrerò il mio amore, continuando a preferirti a tutte le altre. –
Già! Ce n’erano altre e lui non glielo nascondeva neppure.
D’altra parte era il più bel giovane che si fosse mai visto e si raccontava che non fosse neppure un essere umano come tutti, ma fosse nato da un albero di mirra … chi diceva che il re in persona, sentendolo piangere, avesse trafitto la corteccia con la spada e chi invece raccontava di un cinghiale … nessuno in ogni caso sapeva chi fosse sua madre. L’avevano allevato le ninfe … che poi ne erano anche diventate amanti. E lei, che era la moglie, soffriva in silenzio, perché sapeva che fra le sue rivali c’erano addirittura delle Dee … forse se non fosse stata una regina, non l’avrebbe neppure considerata una moglie, ma come si diceva … un’amante, adultera, concubina e tante altre cose che non si conoscevano ancora.
Ma la morte sì, purtroppo, ed il bellissimo Adone fu fatto a pezzi da un cinghiale mentre andava a caccia nei primi giorni della Canicola. Forse era lo stesso cinghiale che lo aveva fatto nascere!
Glielo portarono ferito e sanguinante e volle lavarlo lei, alla sorgente nel centro della città, che rendeva Biblo giustamente famosa in quelle terre aride. L’acqua divenne rossa di sangue e non si poté bere fino a sera, ma di fronte alla disperazione della regina, nessuno osò protestare. Adone era sempre bellissimo e le sue ferite sembravano quasi un ornamento in più … ma era morto.
Che restava ad Astarte, se non piangere e lamentarsi?
Eppure a lei qualcosa venne in mente. La terra era così arida che sulla tomba non poté mettere i fiori. E dire che le rose candide dei suoi giardini erano famose in tutto il Mediterraneo!
Ma adesso la vampa calda del sole aveva consumato anche il più piccolo stelo d’erba e nell’aria si sentiva soltanto il profumo di resina esalato dai pini e dai cedri.
Così piantò i semi in ceste e vasi, che innaffiò con acqua tiepida (o forse erano tutte lacrime?) e pose al riparo dalla vampa del sole. Erano semi poveri: grano, orzo, lattuga, finocchi, qualche semente di fiore selvatico raccolto e conservato per le sue proprietà officinali … poi si fece tagliare le splendide trecce in segno di lutto e restò chiusa nei suoi appartamenti per tutto l’inverno. Pareva quasi che il dolore si fosse un po’ sopito; ma un giorno di primavera, uscendo, vide che in giardino le rose non sbocciavano più bianche, com’erano sempre state, ma di un rosso cupo, quasi nero ed i prati erano pieni di anemoni rossi e viola, il torrente sotto casa era diventato rosso come il sangue del suo signore e questo riaccese improvvisamente il ricordo e lo strazio della sua morte. Di nuovo riempì le ceste di semi e lacrime e questa volta le sistemò bene esposte alla luce della primavera … e poi li scaraventò con rabbia nell’acqua rossa!
Allora accadde il miracolo: la tomba si scoperchiò ed il bellissimo Adone le fu restituito, più sano ed innamorato di prima e vissero per sempre felici e contenti.
Un po’ di storia.
Forse la realtà fisica d’Astarte si perse nel culto della Grande Madre fenicia e cananea, naturalmente prima che la terra di Cana fosse conquistata dagli ebrei ed è legata alla fertilità, ma anche alla fecondità ed alla guerra e connessa con l'Ishtar babilonese. Indiscussa divinità dell’amore, sta alla più famosa dea Venere come una parente povera, che vien dalle montagne… e da quelle aride ed assolate della Siria arriva il suo culto, tanto che anche in piena età ellenistica, quando come dea dell’amore fu completamente soppiantata da Afrodite, si conservava ancora la memoria di Astarte, regina di Byblo, che amò perdutamente Adone.
Anzi, pare da qualche indiscrezione, che il famoso cinghiale fosse stato aizzato dal povero Marte, che non ne poteva più di vedersi preferire dei mortali, sia pure nati da piante di mirra!
Da allora in tutto l’Oriente la primavera fu celebrata dapprima con questa “coltura forzata” in cesti e vasi, condotti poi fino al fiume arrossato dalle sabbie sciolte nelle prime piogge, in una spettacolare processione con lamento funebre al suono del liuto, una volta giunti a destinazione le piantine venivano gettate in acqua e si cominciava a celebrare la gioia della risurrezione.
I maggiori centri di culto furono Sidone, Tiro e Biblo, ma era venerata anche a Malta ed Erice in Sicilia, dove venne identificata con Venere Ericina. il suo nome Astarte si può far derivare dal greco Astárt in ugaritico‘ttrt (anche ‘Attart o ‘Athtart, traslitterato Atirat), e in accadico As‐tar‐tu.
Quando la cultura ellenistica sentì la necessità di rappresentarla comparve spesso nuda ed in quelle egiziane con ampie corna ricurve, sull'esempio di Hathor. Suoi simboli sono il delfino, il leone, il cavallo, la sfinge e la colomba, le piante sacre il mandorlo ed il melograno, l’erba officinale l’ortica … ed il fiore, inutile dirlo, la rosa … ed a proposito va detto che a quei tempi le rose erano tutte bianche e rosse: gli altri colori li “inventarono” gli arabi nel medioevo.
Astarte entrò a far parte dalla XVIII dinastia egizia anche del pantheon egizio, dove venne identificata con Iside. In epoca ellenistica fu accomunata alla dea greca Afrodite, come Urania e Cipride (da Cipro, uno dei maggiori centri di culto di Astarte) e alla dea siriana Atargartis, la Dea Syria dei Romani.
Il nome Astarte o Ashtoret compare spesso nell'Antico Testamento. ma un'altra translitterazione è ‘Ashtart; nella lingua ebraica biblica il nome è (traslitterato Ashtoreth) La differenza di pronuncia nell'ebraico biblico (‘Aštōret invece di ‘Ašteret) deriverebbe dalla sostituzione delle vocali del nome della divinità fenicia con quelle del termine bōshet ("vergogna"). A volte, come in Giudici 10:6, si incontra la forma plurale ‘Aštērōt, termine indicante probabilmente divinità femminili di origine straniera, come i "Ba‘alim" per Baal.
Inutile dire che alla Bibbia le divinità femminili non piacevano molto, inoltre i così detti “giardini d’Adone” apparivano un inutile spreco di sementi in una terra arida e bisognosa di continue cure. In proposito va detto che anche nel più fiorente mondo ellenistico il giardino di casa era un orto, tanto che la coltivazione delle piante necessarie ai vari culti, erano esclusiva pertinenza dei templi relativi, così quest’abitudine delle fanciulle di far germinare semi alimentari e poi buttar le piantine, era tollerato come un capriccio, non veramente apprezzato e men che meno compreso. Oggi pensiamo che gettare nel fiume una provvista di piantine già germinate ha invece un effetto stimolante sull’eco sistema… ma ci sono quasi tremila anni di storia che ci dividono!
Mary Falco