Il lago di Rei

Il mattino la colse così a vestirsi di cose inutili da indossare con indifferenza e calma.
Pensieri disarmanti entrarono nei suoi luoghi segreti,senza nessun potenziale prevedibile da rivelare.
Poter confidare all’aria le sue paure, poter spegnere la voce.
Voleva smettere di urlare alla terra, al sole e al vento.
Voleva confidare agli abissi i tormenti dei suoi pianti gelati.
L’isola di Rei era un puntino solitario circondato dal mare dei silenzi.
Il lago di Rei era una pozza d’acqua incisa e circondata di pietre sulle cui sponde giaceva la sabbia sottile del tempo trascorso nell’attesa.
Il lago di Rei nacque dalle sue lacrime. Non c’era spazio topografico, non c’erano riduzioni in scala nelle mappe geografiche per il lago di Rei.
Non c’erano persone ad ammirare le albe e i tramonti sul lago di Rei.
Abiti inutili, incapaci di metterla nella condizione di decidere in libertà se lasciare quell’idea invisibile che l’attanagliava oramai da tempo.
Camicia bianca e collo coreano manifestavano l’immagine della sua metamorfosi da montagna di roccia a lago di luce.
Bottoni di vetro azzurro e spilla liberty luccicavano in sintonica armonia con gli occhi arrossati da braci mutanti.
Viso spaurito da interferenze antiche. Volto innocente, ancora bello, quasi bambino.
Pensiero.
Semplicemente bello. Semplicemente pensiero.
Nessuna mano a sfiorare il volto sfiorito di tenerezze indaganti.
Dalla fronte sgorgava l’idea ritmica del passare del giorno, gli eterei secondi i frammentari minuti e l’eternità delle ore. Il ciclo del giorno suggestionava il suo moto intimo e semplicemente capiva che il suo adesso sarebbe rimasto indisturbato per molto tempo ancora. Il campanello non avrebbe suonato.il telefono non avrebbe squillato.
Nella quiete della sua stanza c’era Nina Simona che le infilava le scarpe. Sulle strade di Rei, Charlie Parker suonava il destino delle volontà umane con un sax da bambino appeso al collo. La musica trasformava l’umore di Rei. Ogni cosa intorno diventava semplicemente cosa, ogni odore diventava semplicemente odore ed il buio diventava semplicemente buio. Lo stomaco la risvegliò dalla perfezione in cui giaceva pervasa dal senso dell’armonia. La pancia con il suo bofonchiare ristabiliva un senso con le cose concrete e razionali.
Il ventre ricordava a Rei che era tempo di pasto.
Mense apparecchiate in tempo su tovaglie di lino bianco.
Pane immacolato per pasti improvvisati ad assolo.
Per voce sola.
Allegro ma non troppo,moderatamente andante in crescendo.
Il mobile dalla luce sempre accesa ospitava un limone, anche lui solitario principio di muffa!
Chiuse la porta che alloggiava il ghiaccio, un ultimo sguardo alle cose rimaste nel suo rigido mondo e poi, voltare le spalle e uscire nel mondo della luce, delle alterazioni e delle trasformazioni.
Un leggero sorriso le mise in rilievo due rughe sottili.
Emerse in silenzio per consegnare al lago il suo dolore di melma e come un’animale in fuga annusò l’aria.
In cerca di preda una vittima scarnificava l’anima.
Voleva scivolare nel limbo per tornare a vagar tra le stelle.
Voleva scivolare nell’acqua e farsi attraversare dal freddo.
Voleva farsi investire dalla gioia. 

Non mancano le albe
in questo mondo di mattine
in cui svegliarsi.
Non sono prive di tramonti
le notti nate insonni
per assopirsi. Agli abiti bagnati consegnò la sua tristezza inzuppata.
Tutto il vestito assorbì la sua voglia d’inesistenza e accolse nelle fitte maglie del tessuto l’attimo giusto per farla tornare indietro. L’universo intimo di Rei urlò la voglia di esistere condannandola ad errare nelle sue instabilità interiori.
Una civetta sull’ultimo ramo le ricordò l’ora.
Ora doveva tornare indietro, volgere lo sguardo in un'altra direzione. Era arrivato il momento per riprendere i passi della vita con intenti nuovi.
Si tolse gli insignificanti abiti e nuda s’incamminò verso le luci della città.
Dai rami del salice amico il sussurro del vento le riportò la realtà del mondo che non l’aveva ancora sconfitta.
Non si gira nudi nel nuovo millennio.Rivestiti spudorata! Due fiori scarlatti
rimasero sul lago
a respirare vita.
Piccoli e profumati,
morirono presto
dentro lo scritto rimasto.
E Rei li guardò passare.
a lei piaceva pensare
di poter credere. Poggiò il pennello dopo aver firmato il quadro.
La donna impressa sulla tela camminava col sorriso dipinto sulle labbra.
Un vero e proprio processo mentale si espanse dal movimento continuo dell’idea. Nel colore nasceva e si sviluppava la costante ricerca di una dinamica liberatoria.
Nell’astrazione di Matilde non c’era nessun errore.