Il lestofante
Anche questa volta era soddisfatto dell'affare appena concluso. Truffare le persone oneste e credulone non lo infastidiva minimamente, se non l'avesse fatto lui ci avrebbe pensato qualcun altro e ciò lo faceva sentire più tranquillo. In realtà la sua famiglia, in particolare il padre, lo aveva educato all'onestà e al sacrificio. "Meglio un umile lavoratore onesto, che un ricco ladrone" Diceva sempre il padre. Lui, gli altri fratelli e sorelle avevano seguito questi insegnamenti, riuscendo persino ad innalzare l'asticella del proprio ceto sociale. Tutti, attraverso lo studio, il duro lavoro e l'impegno costante erano riusciti ad ottenere lavori che permettevano loro di condurre una vita piuttosto agiata. Il fratello grande aveva uno studio da avvocato e si era inserito nel mondo forense con prepotenza, quello minore aveva aperto un negozio d'abbigliamento rivolto ai giovani ed era diventato il punto di riferimento per tutti i teenager della zona. Le due sorelle invece avevano rilevato una piccola palestra trasformandola nella migliore della città e infine lui, che aveva aperto una sorta di bazar dove la gente veniva a scambiare o a far riparare articoli vecchi o fuori mercato; fin da piccolo aveva la mania del lavoro manuale e dopo aver frequentato una scuola d'arte e aver conseguito varie specializzazioni, era riuscito a coronare il suo sogno.
Tutti loro avevano beneficiato dell'aiuto dei genitori che per anni avevano sgobbato nella loro officina meccanica pur di garantire un futuro ai propri figli. Presto però si resero conto che a nessuno di loro interessava insozzarsi le mani nell'olio e li indirizzarono negli studi ricavandone ottimi risultati. Oggi mamma e papà erano in pensione e con il ricavato della cessione dell'attività si erano garantiti una tranquilla vecchiaia.
Con il passare degli anni però lui si accorse che, mentre i fratelli ampliavano il loro giro d'affari e continuavano ad aumentare i loro profitti, il suo negozio rendeva sempre meno e negli ultimi due anni aveva dovuto rimetterci dei soldi per continuare a tenere aperto; a sua moglie la cosa non andava bene.
"Non capisci niente. Guarda i tuoi fratelli come sono ricchi e noi dobbiamo sempre star qua a fare i conti per arrivare a fine mese" Rimarcava sempre più spesso lei.
"Hai ragione, ma noi ci amiamo"
"Non si mangia con l'amore"
Lei era una donna bellissima. A 40 anni aveva ancora il fisico da pin‐up e quando passeggiava per la città i maschietti cinguettavano nel vederla. Le piaceva la bella vita e nei primi anni di matrimonio non c'erano stati problemi economici, lei lavorava come assistente presso lo studio legale di un notaio; lì aveva conosciuto il futuro cognato avvocato che in un'occasione le presentò il fratello, suo attuale marito.
"Io voglio tornare a fare la vita di prima, spendere senza dover sempre fare i conti e tu con il tuo lavoro di merda non me lo permetti"
Lui la amava ed era consapevole del fatto che la sua attività non avrebbe mai garantito delle entrate tali da soddisfare le sue richieste, forse però aveva una soluzione e un dì si decise a fare quella chiamata.
"Si, certo che conosco le condizioni di lavoro, me le hanno già sottoposte. Esatto, deve essere una cosa conveniente per entrambe le parti. Ovviamente, si si, un vostro incaricato verrà a stipularmi il nuovo contratto. Benissimo, lo aspetto oggi pomeriggio allora, la ringrazio" La telefonata era servita a qualcosa, come gli avevano assicurato, adesso si trattava di aspettare.
Quel pomeriggio si presentarono in 2 presso il suo negozio e in 10 minuti raggiunsero l'accordo. Niente firme, niente carta, nessun documento: lavoravano sulla parola. Appena se ne furono andati pensò di aver fatto una cazzata, però era curioso di vedere come sarebbero andate le cose. Il primo mese faticò parecchio a capire come muoversi e se non fosse stato per il consigliere che gli avevano affiancato non c'è l'avrebbe fatta. Dopo un mese era padrone delle sue azioni e si disinmpegnava con disinvoltura; il consigliere aveva finito il suo compito, adesso toccava a lui.
1,2,3: i mesi passavano rapidamente e lui era sempre più abile, deciso e il lavoro cresceva sempre più. Dopo quasi 6 mesi, come avevano pronosticato i suoi nuovi soci, fu costretto ad assumere un aiutante e dopo altri 6 mesi il secondo. Dopo circa un anno i suoi affari filavano lisci come l'olio, gli assistenti sapevano il fatto loro e lui poteva dedicarsi interamente all'acquisizione di nuovi clienti e gestire gl affari con i suoi protettori.
"Bene" Disse il suo contatto "Gli affari procedono molto bene. Ti stai rivelando un ottimo investimento e se continui così fra un anno ritoccheremo la tua percentuale di profitto. Nel frattempo lavora sodo e tieni la bocca chiusa!" "Come sempre" Rispose lui in modo servile. Quella sera rincasò di buon umore, aveva promesso alla moglie di portarla fuori a cena e restò sorpreso di non trovarla in casa. D'altronde anche il lavoro di lei a volte era imprevedibile, decise allora di farsi la doccia e prepararsi, la moglie non avrebbe tardato troppo. Quando fu pronto, dopo circa mezz'ora, lei non era ancora arrivata così provò a rintracciarla al cellulare ma risultava irrangiungibile. Inutile agitarsi pensò e si preparò un drink. Dopo circa un'ora la moglie fece ritorno a casa, visibilmente agitata.
"Serata di straordinarie, cara?" Lei ci mise alcuni secondi per focalizzare la scena: il marito era visibilmente su di giri e vestito impeccabilmente, stava dimenticando qualcosa? Adottò la tattica infallibile di tutte le donne "Giornataccia caro, giornataccia e ho un mal di testa! Devo correre subito a farmi un bagno" Lui non cambiò espressione e parlò con delicatezza.
"Allora cara niente uscita a cena, devi riguardarti se sei così stanca" Lei non abboccò all'amo e proseguì spedita verso il bagno "Un'altra volta caro, un'altra volta"
Non avevano figli e a suo modo lui l'amava ancora, aveva però il forte sospetto che lei lo tradisse e pensava ad una relazione sul posto di lavoro, ma per il quieto vivere non aveva mai sollevato l'argomento.
A tavola regnava il silenzio, stavano mangiando della pasta al sugo di pesce preparata al microonde accompagnata da un prosecco freddo al punto giusto. Bevvero tutta la bottiglia senza pensare alle conseguenze: infatti non reggevano molto l'alcol e dopo pochi minuti cominciarono i fuochi d'artificio.
"Certo che ultimamante fai sempre un mucchio di straordinario. Quando il mio lavoro andava male ti dava fastidio lavorare, adesso che potresti permetterti di stare a casa lavori più di prima"
"Forse mi trovo meglio al lavoro che qui in casa con te" Ecco, l'aveva detto e lui colse l'occasione.
"Ti fai scopare da un altro, è evidente" Lei non rispose subito, si stava gonfiando come un palloncino, pronta ad esplodere; poi rispose secca.
"Io non mi faccio scopare da nessuno, io faccio quello che mi pare, sono io che decido se e con chi farlo. Ma visto che voi maschietti non capite niente te lo spiego in modo chiaro e semplice: si, ho un'amante, una splendida amante, una ragazza di 25 anni che mi regala una gioia immensa che tu nemmeno puoi immaginare, sei contento? O sei stupito? Dimmi, adesso cosa farai? La casa è nostra non puoi sbattermi fuori, capito? Io resto qui, fattene una ragione"
Lei urlava talmente forte che faticò a capire alcune parole e il suo cervello comiciò ad elaborare una serie di scenari completamente fuori dai suoi schemi:
adesso mi alzo con lei che sbraita e la afferro per il collo, la strozzo talmente forte che non si accorge di morire tra le mie mani; no, banale.
Le dico che non me ne frega niente, anche io ho un'amante e adesso che le carte sono in tavola risolviamo tutte le questioni in sospeso; neppure, oltre che banale, inverosimile.
Le lascio la casa, mi faccio liquidare e me ne vado dall'altra parte del pianeta a rifarmiuna vita; ma che cacchio dico? Rifarmi una vita? E con chi?
"Senti, se questa ragazza è così importante per te, insomma, se la ami, ecco.. se vuoi puoi farla venire qui con noi, con te. La casa è grande io non vi darei fastidio, magari potremmo diventare amici, che ne pensi?"
Lei socchiuse gli occhi e la rabbia lasciò il posto alla rassegnazione, aveva sperato di scuoterlo, di farlo arrabbiare, voleva vedere una reazione da uomo vero e invece niente, come al solito.
"No, mi trasferisco da lei, ma questa resta anche casa mia, capito?"
"Va bene, vieni quando vuoi" Si avvicinò a lei e la baciò sulla guancia bagnata da una lacrima.
I mesi seguenti furono redditizi, gli affari procedevano a gonfie vele e l'assenza della moglie gli lasciava ampio raggio d'azione. I suoi soci lo avevano informato di essere prossimi a chiudere un affare importante; che si trattasse di droga, merce da piazzare, truffare o altro ancora, a lui non interessava. Stava diventando ricco, molto ricco e adesso le donne che prima non lo degnavano di uno sguardo, facevano la fila per uscire con lui.
Quella sera stava rientrando a casa, da solo, dopo aver cenato in un locale alla moda. Aveva declinato l'invito di quella biondina che lo voleva accompagnare, voleva starsene da solo. Ormai la moglie veniva sempre più di rado e comunque avvisava prima di arrivare. Era a pochi isolati da casa quando fu costretto a frenare bruscamente, in mezzo alla strada c'era qualcuno disteso in terra e un secondo individuo chinato su di lui. Sapeva di nuovi metodi per rapinare automobilisti che in simili situazioni si fermavano e scendevano dall'auto per prestare soccorso; non voleva fare quella fine. Fece la retro e ripartì piano sfilando in fianco a quei due, ma quando fu alla loro altezza osservò meglio la scena; distesa a terra c'era una ragazzina e chi la sorreggeva era un ragazzo non molto più grande e qualcosa lo costrinse a fermarsi, abbassò un po' il finestrino e chiese, quasi sottovoce:
"State bene?" Il ragazzo si voltò come una bestia ferita.
"Ma sei cretino? Sta malissimo, aiutami a portarla all'ospedale, presto!"
"Chiamo un'ambulanza se vuoi"
"Chiama chi cazzo vuoi! Fai quello che vuoi! Sta malissimo, ti prego, aiutami!" Il ragazzo era disperato.
Contro ogni suo principio aiutò il ragazzo a mettere la giovane sul sedile posteriore e poì partirono a razzo verso l'ospedale in periferia.
Adesso tirano fuori le armi e mi rapinano, stava pensando lui, invece niente, arrivarono all'ospedale ed immediatamente un paio di addetti presero in consegna la ragazza e la portarono nei reparti.
"Grazie, grazie. Lei è stato molto gentile a portarci fin qui" Il ragazzo era stravolto.
"Tranquillo, non ho fatto nulla di eccezionale"
"Lei si sbaglia" Alle sue spalle una donna, una dottoressa per la precisione come riportava il suo cartellino identificativo, si stava avvicinando a loro.
"Come dice?"
"Ho detto che si sbaglia. Adesso un infermiere si prenderà cura del ragazzo che a quanto vedo non è in se, sono suoi parenti?" Lui voleva andarsene ma non poteva esimersi dal rispondere.
"No, li ho trovati così, in mezzo alla strada. Lui mi ha chiesto di portarli all'ospedale ed eccomi qui"
"Ha capito perché le dicevo che si sbaglia? Di questi tempi poche persone avrebbero raccolto due giovani chiaramente sballati e portati fin qui"
"Ma stanno male, la ragazza soprattutto mi sembra messa malissimo e.."
"Ha ragione, lei è il padre?" Li interruppe un medico tutto sudato.
"No, non li conosco, perché?"
"La ragazza è morta, non abbiamo potuto far nulla, per fortuna siete arrivati presto perché forse il ragazzo riusciamo a salvarlo" Quelle parole, quell'ambiente, il vino bevuto a cena. La testa cominciò a vorticare, gli mancava il respiro e una stretta al petto lo stava soffocando, poi cadde a terra svenuto.
"Buongiorno. Ha dormito bene?" Alla luce del sole la dottoressa appariva in tutto il suo fascino. Voleva rispondere ma si rese conto di essere pieno di tubi e cannette che uscivano ed entravano dal suo corpo.
"Che cosa è successo?" Chiese a fatica.
"Lei aveva in corso un infarto, fortuna vuole che si trovasse qui quando si è sentito male, fosse stato da solo non so come sarebbe andata a finire" Un infarto! Ma lui non fumava, non si drogava e non beveva, eccetto in alcune occasioni.
"Già, per fortuna. E io cosa ci facevo qui?" La dottoressa cercò di essere delicata.
"I due ragazzi che ha portato qui, ricorda?" Ci volle un momento poi tutto tornò alla mente e fu assalito dallo sconforto. "La ragazza, è morta. E il ragazzo?"
"Lui si è ripreso. Con il suo gesto lei ha salvato due vite l'altra sera, la sua e quella del ragazzo"
"Ma la ragazza è morta!" Urlò fino a diventar rosso rischiando di strapparsi tutti i tubicini dal corpo.
"Basta, le ricordo che lei è qui in veste di paziente, quindi si dia una calmata"
Aveva gli occhi umidi, stava piangendo per la morte di una ragazza che neanche aveva visto bene in faccia.
"Se vuole adesso parliamo un po' di questa faccenda" Disse seria la dottoressa. "Lei fa uso di droghe?" La domanda diretta lo spiazzò, ma rispose deciso
"No, assolutamente"
"Eppure hanno trovato della droga sulla sua macchina, un quantitativo che può far pensare anche allo spaccio in piccole quantità" Lui cercò di riordinare le idee.
"Da quanto mi trovo qui?"
"Due giorni. Gli inservienti hanno dovuto spostare la sua auto e siccome non siamo riusciti a rintracciare nessun parente o amico che avesse a cuore la sua sorte, abbiamo avvisato le autorità e loro hanno trovato la droga"
Certo, ne teneva sempre qualche dose per le giovani svampite che rimorchiava anche se a lui faceva schifo. Roba di ultima generazione, i suoi soci ne commerciavano quintali.
""Io posso spiegare"
" A me non deve spiegare niente. Io l'ho vista arrivare quella sera e credo a ciò che ho visto, ma i militari si sono fatti tutt'altra idea. Vede, c'è un particolare che la mette nei guai fino al collo, i due ragazzi avevano assunto lo stesso tipo di droga che lei teneva in macchina e siccome è una sostanza da poco in circolazione hanno tratto le loro conclusioni"
"Ma io non ho dato la droga a quei ragazzi"
"Io le credo, ma farà fatica a sostenere la sua storia. I primi esami hanno escluso che lei faccia uso di stupefacenti e sono sicura che esami più approfonditi riveleranno che lei non ne ha mai fatto uso quindi la domanda è: se non ne fa uso perchè aveva l'auto piena di droga?" Lui sbuffo mentre un dolore al braccio gli ricordava di essere attaccato ai flebo"
"Piena di droga, c'erano alcune dosi, tutto qua"
"Si chiama detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio"
"Non vendo quella roba lì. La regalo a qualcuno, ogni tanto"
"Certo, comprare qualche migliaio di euro di droga per regalarla,semplice.Comunque non è questo il punto, la ragazza è morta e il ragazzo se la caverà, ma non è attendibile"
"Che vuol dire?" Chiese lui per poi tossire violentemente.
"Si calmi, o vuole far scoppiare il suo cuore? Voglio dire che la storia di averli trovati per strada potrebbe essere una sua invenzione. I ragazzi erano con lei, avete esagerato, lei con l'alcol loro con la droga e la situazione è degenerata. La ragazza sta malissimo e lei,preso dalla paura, decide di venire in ospedale e inventarsi la storiella del buon samaritano"
"Non è una storiella, il ragazzo vi confermerà tutto"
"Appunto. La sua testimonianza non sarà attendibile, era talmente fatto che può aver sognato o semplicemente raccontato quello che lei le ha detto di raccontare"
"Ero a cena quella sera, testimonieranno per me"
"Continuo a ripetere che le credo. Ma bastano pochi minuti per farsi di quella roba, un buon magistrato l'accuserà di aver fissato un appuntamento con i due ragazzi per festeggiare e poi il resto può immaginarselo"
"No, non lo immagino; io non ho fatto niente"
"Sta di fatto che fuori da quella porta c'è un militare che piantona la stanza, lei è formalmente in arresto, solo le sue gravi condizioni mediche le stanno evitando la galera"
"E' pazzesco. Devo parlare con il mio avvocato"
"Veda di farlo presto, l'opinione pubblica la sta dipingendo come un mostro. Lei ha altri scheletri nell'armadio" Calò il silenzio, lei aveva esposto i fatti, aveva preso a cuore la sorte di quell'uomo ma doveva metterlo di fronte alla cruda realtà.
"Quanti anni aveva? La ragazza, quanto era giovane?" Domandò lui.
"Lei aveva quattordici anni, lui ne ha quindici" Rispose lei ed uscì dalla stanza chiudendo piano la porta.
Il processo durò poco. Come aveva previsto la dottoressa, la pubblica accusa demolì tutti gli alibi e le testimonianze in suo favore e l'indagine si era allargata anche al controllo delle sue attività.
Alla fine gli vennero attribuiti tutta una serie di reati che l'avrebbero fatto marcire in galera. Il suo avvocato difensore fece leva sul fatto che aveva portato i ragazzi in ospedale, confermando di fatto l'ipotesi accusatoria, cercò anche di mettere in buona luce il suo assistito sostenendo che fosse vittima di una potente organizzazione criminale da cui non poteva divincolarsi e si attaccò a tutta una serie di cavilli e contro cavilli.
La condanna fu tutto sommato lieve: tre anni da scontare in carcere presso le strutture mediche e tre anni agli arresti domiciliari con l'obbligo di fare dei lavori socialmente utili compatibili con i suoi problemi di salute.
Al momento della sentenza erano presenti, oltre a tutta una serie di curiosi e addetti ai lavori, i genitori dei due ragazzini e la bella dottoressa che l'aveva accolto quella tragica sera.
Uscì a testa bassa e si avviò verso la sua nuova dimora.
Nei mesi successivi si inserì nel sistema ospedaliero del carcere fino a diventare un valido aiutante dei vari addetti e in contemporanea iniziò una fitta corrispondenza con la dottoressa. Quando poteva lei veniva a fargli visita e così, tra una cosa e l'altra i tre anni di reclusione terminarono.
Quando uscì di prigione ad attenderlo, oltre alla dottoressa, c'era un ragazzone dall'aspetto familiare.
Lei corse verso di lui e lo abbracciò, poi si girò verso il ragazzo e fece cenno di avvicinarsi. A pochi metri di distanza lui lo riconobbe, era il ragazzo di quella tragica sera: che ci faceva lì?
"Lui vuole parlarti" Disse lei mentre li invitava a salire sulla sua macchina. Appena partiti il ragazzo scoppiò in lacrime.
"Io la amavo. Lei ci hai aiutato, è stato l'unico che si è fermato. L'ho ripetuto mille volte a chiunque me lo chiedesse ma nessuno mi ha mai creduto. Lei è innocente"
Lui aveva ascoltato quelle parole ma ormai aveva rimosso tutto ciò che era avvenuto e si era fatto un'idea di come stavano veramente le cose. Lo afferrò per un braccio e gli parlò serenamente.
"No ragazzo, no. Ho fatto delle cose per cui mi sono meritato la galera, ero un bastardo e ne sto pagando le conseguenze, ho chiuso con il passato. Sono però contento che tu abbia un buon ricordo di me, quella sera ho sperato di esservi utile, davvero... ci ho provato veramente" La sua mente era lontana, persa nei ricordi.
Tre anni di arresti domiciliari rinsaldarono il suo rapporto con la dottoressa. Avevano discusso su cosa fare alla fine della pena ma in realtà lui aveva già deciso. Aveva tagliato tutti i ponti, solo i suoi genitori si erano degnati di farsi sentire alcune volte.
Ora erano a tavola, lei per quella sera aveva tirato fuori tutta la sua arte culinaria.
"Festeggiamo. Domani torni ad essere un uomo libero"
"Libero. Si, per la giustizia ho finito di scontare la mia pena, ma io non sarò mai libero dai miei fantasmi. Quella ragazzina è morta per colpa mia, la droga che ha assunto la spacciavano i miei soci. Io ho truffato tanta gente, persone oneste, bravi cittadini. Ho ricettato, falsificato, nascosto e chi più ne ha più ne metta"
"Smettila" Gridò lei con gli occhi umidi "Smettila! Hai pagato per i tuoi errori, non puoi piangerti addosso per sempre, festeggiamo"
"Ho pagato, dici? Le persone a cui ho fatto del male non credo la pensino così. Chi ha subito dei torti irreparabili non può ritenersi soddisfatto di nessuna pena inflitta a chi è stato causa dei propri problemi. Non c'è giustizia che tenga, quando il danno è fatto non si torna indietro"
"Non cominciare con la tua filosofia da quattro soldi, esiste anche il perdono" Lei stava piangendo.
"Non è filosofia. La mamma di quella ragazzina non avrà mai pace, neanche se dovessero condannare a morte tutti i trafficanti di droga di questo pianeta, lei non la rivedrà più. Siamo marci, tutti, abbiamo sacrificato il sorriso dei bambini per i nostri interessi, facciamo schifo" Quando partiva con i suoi discorsi c'era solo un modo per farlo rinsavire, andare dritti al nocciolo della questione e lei sapeva farlo.
"Ok, hai perfettamente ragione, siamo marci, facciamo schifo. La mia domanda però è un'altra:da domani sei libero, cosa vuoi fare? Cosa vogliamo fare?"
Aveva la risposta pronta e parlò sorridendo "Andiamo in giro per il paese ad aiutare i bisognosi, quelli veramente in difficoltà. Senzatetto, ex detenuti, famiglie normali che hanno problemi economici, anziani, malati, tutti. Chiunque abbia bisogno di aiuto vero, senza secondi fini." Lei già sapeva di questa sua idea balzana, ma adesso voleva un altro tipo di risposta.
"Va bene, ci sto. Ti seguirò ovunque, saremo due nuovi San Francesco che si spogliano di tutti gli averi per portare conforto ai bisognosi. Vendiamo tutto e speriamo di sopravvivere a lungo o faremo la fine di chi vogliamo aiutare, dovremo pur mangiare, no?" Lui la fissò e gli occhi gli scintillarono come ai vecchi tempi, lei osservò quello sguardo sconosciuto e ascoltò la sua voce determinata.
"Tranquilla, si sistemerà tutto. Il lestofante che era in me aveva previsto qualsiasi evenienza e si era fatto un'abbondante scorta di liquidi non rintracciabili"
Si abbracciarono e baciarono intensamente, domani avrebbero cominciato la loro nuova vita.