Il lungo viaggio di una cicogna genovese
“Gentile cicogna Giovanna, la presente per comunicarLe l’assunzione presso la nostra Società “Infanzia felice” con la mansione di: “Addetta al trasporto di neonati sul territorio nazionale” …
…La invitiamo pertanto a fare quanto prima un volo presso la nostra sede centrale, posta sul lungomare di Genova – Pegli, per la firma del contratto…”
Che velocità! Pensò. E dire che ho presentato domanda solo alcuni giorni fa.
In parte quella rapida risposta se l’aspettava: sapeva che la società era in affanno per carenza di personale.
Da quando avevano esteso le consegne a tutto il territorio nazionale, il lavoro si era fatto molto più faticoso e diverse cicogne avevano rassegnato le dimissioni.
Quel nuovo lavoro un po’ la spaventava, soprattutto per il fatto che lei non era mai uscita dal territorio genovese; ma era talmente stanca di quel vivere che aveva deciso di dare una svolta alla sua carriera lavorativa.
Sino ad allora lei aveva lavorato al mercato del pesce di Genova, con l’incarico di consegnare il pescato alle trattorie, bettole e cantine della città che ne facevano richiesta.
Quel lavoro però negli ultimi anni era diventato terribile: troppi gabbiani in giro.
Questi si univano in formazione paramilitare e attaccavano strappandole dal becco il fagotto con il pesce: impossibile cercare di sfuggire.
Un vero incubo e ogni volta che succedeva lei doveva portare una giustificazione scritta che, ovviamente, diventava sempre meno credibile e aveva fatto nascere nei titolari della società per cui lavorava il sospetto che il pesce se lo mangiasse lei.
Cosa non vera perché la sua dieta era molto parca, fatta di piccoli insetti e poco più, al massimo qualche acciuga che i ristoratori genovesi le regalavano, giusto per non mettere mano al portafoglio per una seppur minima mancia.
E poi, per dirla tutta, il pesce nemmeno le piaceva più, soprattutto da quella volta che, alla trattoria “A cantina du Basciu”, la moglie del proprietario le aveva offerto una porzione molto abbondante di brandacujun (principalmente perché rimasta invenduta da diversi giorni).
Lei aveva mangiato con appetito e gusto quel pasticcio di stoccafisso ammollato e patate, impregnato di olio d’oliva e con l’aggiunta di una quantità industriale di aglio rosso; ma poi, dovendosi subito rimettere in viaggio, aveva finito con il sentirsi male, sino al punto di dover ricorrere alle cure del veterinario aziendale.
Da quel giorno era tornata alla sua stretta dieta quotidiana e aveva detto basta al pesce: cotto o crudo che fosse.
Si, a volte le era venuta la tentazione di affondare il becco in quel ben di Dio che trasportava, ma poi, pensando alla tragica abbuffata di Brandacujun, tornava impermeabile alle tentazioni.
Al primo trasporto, vista la sua poca conoscenza del territorio, le regalarono una cartina stradale delle località turistiche d’Italia, edita dal Touring Club di Livorno nel 1935.
Cominciamo bene! Pensò. Devo seguire delle rotte aeree e mi regalano una cartina stradale; e poi, belin, io mica devo andare in villeggiatura!
La sua prima e unica consegna fu un vero disastro.
Doveva recapitare il pargolo in una località a lei sconosciuta, le indicazioni sulla bolla di consegna erano molto sintetiche, quasi telegrafiche: “Famiglia Barozzi ‐ Somma “Va”.
Lei, abituata ad ubbidir tacendo, andò!
Prima di partire però si fermò sulla spiaggia di Pegli, appoggiò con delicatezza il fagotto con il bambino e poi di fianco distese la cartina geografica; la studiò per parecchi giorni, dall’alba al tramonto, alla fine, seppur con molte incertezze, decise di fare rotta per Somma Vesuviana.
Partì di notte per evitare i gabbiani; loro la conoscevano fin troppo bene, ma non potevano certo sapere che aveva cambiato lavoro e non trasportava più pesce.
Meglio cercare di evitare un infanticidio al primo incarico, pensò, facendo in simultanea gli scongiuri e il segno della croce.
Quella di partire con le tenebre e di farsi guidare dalle stelle non fu però una scelta felice, principalmente perché di stelle quella notte non c’era traccia; quando cominciò ad albeggiare si rese conto di trovarsi in mare aperto senza alcuna vista della costa all’orizzonte.
Non si lasciò scoraggiare e pensò: Se dal mare Cristoforo Colombo, è riuscito a trovar la terra ferma, ci posso riuscire anch’io che sto in cielo e ho una vista migliore.
Dopo alcune settimane, forse mesi di giri a vuoto, una mattina intravide una grande isola.
Planò in una zona umida dove stazionava una colonia di fenicotteri; si avvicinò e chiese loro informazioni.
I fenicotteri, sentendo la sua storia, cominciarono a sganasciarsi dalle risate, poi fattisi seri le indicarono la rotta aerea che doveva seguire e le consigliarono, per quanto possibile, di tenersi distante dalla costa, per via dei gabbiani, ma questo lei già lo sapeva.
Sono molto belli i fenicotteri, pensò, però anche un po’ stronzi!
Ripartì, ritrovò la rotta, la perse, la ritrovò, la riperse e così per innumerevoli volte.
Dopo diverse stagioni, forse anni, riuscì ad arrivare a Somma Vesuviana, ma una volta lì, nonostante una ricerca durata settimane, non riuscì a trovare traccia della famiglia che cercava; anche all’anagrafe, a cui in un estremo tentativo si era rivolta, non seppero aiutarla.
Volò via da quel paese e si fermò a riposare in una zona umida dove stazionavano i figli di quei fenicotteri un po’ stronzi che tempo prima aveva incontrato.
‐Ancora qui? ‐ le chiesero sghignazzando. ‐Ti conosciamo per sentito dire, i nostri genitori ci hanno raccontato spesso di te, e ogni volta era un divertimento.
Tali genitori tali figli, pensò lei.
Fattisi seri le chiesero di mostrare la bolla di consegna.
‐Potrebbe essere Sommacampagna e non Somma Vesuviana! ‐ esclamò uno dei Fenicotteri.
All’udire quelle parole, lei si rasserenò e senza nemmeno ringraziare riprese subito il volo verso la nuova meta.
Dopo diversi mesi, forse stagioni, forse anni, riuscì a raggiungere il paese di Sommacampagna, ma anche lì tutto inutile: nessuna traccia della famiglia che cercava.
Scoraggiata uscì dal paese, decisa a riposarsi perché era un po’ stanchina.
Si fermò in una zona umida, lì trovò un campo scout dei figli dei figli di quei primi fenicotteri belli ma un po’ stronzi.
Questi però non risero di lei, anzi cercarono subito di aiutarla e le chiesero di mostrare la bolla di accompagnamento.
Lessero attentamente e dopo un po’ uno di loro esclamò: ‐Ecco svelato l’arcano! E’ stato tutto un equivoco Signora: quel Va’ dopo Somma non è l’imperativo presente del verbo andare, seconda persona singolare, ma è la sigla della provincia in cui quel paese si trova. Lei deve raggiungere Varese e una volta lì chiedere la rotta per Somma Lombardo.
Grazie di tutto! – disse loro.
In coro le risposero: ‐Di niente, è un nostro dovere aiutare le persone anziane.
La omaggiarono anche di una ristampa del Manuale delle giovani marmotte a ricordo del loro incontro.
E’ proprio vero che bisogna aver fiducia nelle nuove generazioni, pensò, e poi si capisce che hanno studiato; inoltre quel linguaggio così forbito, una vera delizia.
Unica pecca il sentirsi classificata anziana; certo lei non era di primo pelo, o piumaggio, o pennaggio, ma si presentava ancora bene e durante il lungo viaggio era stata avvicinata da parecchi pretendenti, attratti dal suo fascino ammaliante ed intrigante, non corrotto dall’età, che comunque c’era ed era inutile negarlo.
Ripartì gioiosa con il suo fagotto e il manuale, convinta di aver finalmente trovato la località giusta.
Dopo diversi mesi, forse stagioni, forse anni, pensò di essere arrivata in quel capoluogo di provincia; notò all’ingresso del paese un cartello, scese di quota per vedere cosa c’era scritto, ma quello che lesse la sconvolse: “Benvenuti a Varese Ligure”.
A quel punto abbassò lo sguardo al fagotto unto e bisunto che trasportava e vide un vecchietto rinsecchito che per la prima volta parlò:
‐ Mi sa che ci siamo persi un’altra volta.
‐Ci siamo persi? – Rispose lei; e poi da genovese aggiunse: ‐ Ue Belin non siamo mica soci io e te!
Lui sorrise a quella battuta e, fissando la cicogna con uno sguardo che era quasi d’amore, di nuovo parlò: ‐Com’è che diceva quel giovane fenicottero? “E’ stato tutto un equivoco”. Aveva ragione, ma tutto sommato questa vita vagabonda con le ali mi ha pure divertito; e poi, per dirla tutta, quello che vedevo in terra non sempre mi piaceva: troppi ideali confusi e comportamenti sbruffoni, a volte violenti. Ora però posami perché anch’io sono un po’ stanco.
La Cicogna Giovanna riprese il volo e dopo alcuni chilometri lasciò il vecchietto, che prima era un bambino, in una casa che quando era partita chiamavano Ospizio, ma che nel tempo era stata rinominata Casa di Riposo e ora Residenza Sanitaria Assistita.
Tornata a Genova Pegli non ritrovò più la società “Infanzia felice”, allora chiese informazioni a un bambino che, prontamente, rispose: ‐Guarda che i bambini non li porta più la cicogna, adesso ci pensa Amazon.