Il mondo tra le mani
Ho imparato a toccare le cose da quando non vedo più.
Solo da allora ho toccato le cose, prima no, prima le prendevo, le riconoscevo quasi tutte, le usavo e ciò mi bastava.
Da quando non vedo, devo prima toccare ogni cosa per riconoscerla, per prenderla, impugnarla, usarla, riporla nel modo giusto.
Per me impugnare un coltello, significa innanzitutto individuare il manico, perché stringerlo dalla parte della lama non è conveniente, devo poggiarci la mano leggera, senza pressione, come quando camminando sugli scogli, devi farti leggero e non far pesare il tuo corpo per attutire il dolore che le sporgenze puntute possono provocare ai piedi.
Se prendo un bicchiere, devo prima verificare se è vuoto, se prendo una sedia devo toccarla tutta, carezzare la sua seduta, individuare se vi sono poggiate altre cose, capire che cosa sono, poi rimuoverle e infine, sempre toccandola, mi ci posso sedere.
Se devo infilare un pullover, devo palparlo, per capire se è messo nel verso giusto, se non è alla rovescia, toccando le cuciture posso capire se sono all'interno o all'esterno, devo seguire il perimetro del giro collo, capire dove l' ovale è più ampio, quel lato lì va davanti, solo più tardi ho pensato che bastava cercare l'etichetta: quello è il lato posteriore.
Per arrivare a un interruttore devo carezzare il muro finché il leggero rilievo più freddo e liscio mi dice che sono arrivato alla placca e che quindi un po' più in là c'è il pulsante, ma è un'operazione che faccio di rado, solo quando ho qualche ospite.
Per mangiare un frutto, una mela per esempio, devo carezzarla a lungo per scovare la parte bacata, e se c'è, occorre poi mantenerci vicino un dito,con l'altra mano cercare il coltello, carezzarlo per impugnarlo, portarlo in prossimità della parte marcia e sperare di tagliarla tutta e bene.
Alcune volte mi basta annusarla per scoprire se è integra, questo mi capita da un po', da quando il mio olfatto distingue sfumature che prima nemmeno immaginavo.
Con il naso sento moltissime cose nuove, ad esempio capisco se la pasta è cotta, se è salata il giusto, se il vino è di 12 o 15 gradi, e tutto questo senza assaggiare.
Anche l'udito mi aiuta, quando friggo, per esempio, il friccichio nella padella, il livello di rumore che ne viene, mi dice se sto rischiando di bruciare e buttare tutto.
Ma sono le mani che mi aiutano tanto a vivere, carezzare le forme dei molteplici oggetti che riempiono la mia vita mi arricchisce.
Le forme tonde, motore invariato di sensazioni erotiche, gli spigoli acuti, puntuali nell'asprezza del contatto, il calore diverso che viene da ogni materiale, il livello di morbidezza o di durezza di ogni cosa.
Tutto, passando sotto le mie mani, nasce continuamente e continuamente muore.
Certo sono limitato ma sono soddisfatto.
Toccare per me è prima di tutto riconoscere, le mie percezioni sono innanzitutto tecniche e questo forse mi porta a non soffermarmi sulle altre percezioni, limitando la mia immaginazione.
Ma vivere a occhi chiusi mi fa immaginare tutto, senza bisogno di scomodare i moti dell'animo.
Eppure mi sento limitato.
Spesso penso a cosa sarebbe stata la mia vita se non avessi mai visto, a quali enormi orizzonti avrei avuto sotto le mie mani. Avrei avuto a disposizione solo un nome, una descrizione, inculcatemi da qualcuno, ma la mela sarebbe stata solo mia, un frutto di forma e colore esclusivamente pensato da me e così tutto il mondo.
Se io non avessi mai visto, avrei un mondo tutto mio, inedito che potrei raccontare agli altri, ignari.