IL PAPAVERO CHE CANTAVA ALLA LUNA
C’era una volta, su un grandissimo prato verde, ai piedi di una grande montagna, uno stupendo papavero rosso di nome Rubino, che ogni sera amava cantare alla Luna.
Era affascinato da quell’immensa sfera così chiara, così rotonda e così lontana, che sembrava emanare una Rubino fievole ma persistente, che aveva il potere magico di incantare tutti e, addirittura, di far innamorare la gente che la guardava.
Al papavero rosso, piaceva molto allungare il suo lungo stelo verso quella palla grigiastra gigantesca, che a volte cambiava forma e se ne vedeva solo uno spicchio, e poco dopo riappariva nella sua totale pienezza. E muovendo lievemente i suoi petali rossi vellutati, intonava ogni notte una canzone diversa, dedicandola alla Luna che adorava e così allietava anche tutti gli animaletti notturni che le facevano compagnia nelle calde sere d’estate.
Le cicale, le formiche, i ragnetti, le splendide lucciole, tutti i suoi amici, si riunivano ogni sera attorno al papavero per ascoltare quelle melodie favolose che riuscivano ad incantarli e a farli sognare.
Tutte le sue canzoni parlavano d’amore, perché lo splendido papavero rosso era innamorato della luccicante Luna. Ebbene sì, il papavero sognante ed estatico, amava quella sfera lontana che rischiarava le loro notti buie.
Ma ovviamente quello era un amore impossibile, perché Rubino non avrebbe mai potuto raggiungere la Luna, e la Luna non avrebbe mai potuto raggiungere Rubino, e di conseguenza quello sarebbe rimasto per sempre un amore irrealizzabile.
Ma il papavero non si arrendeva e ogni notte, imperterrito, cantava alla sua adorata Luna.
Una sera, un piccolo ragnetto di nome Chichì, si arrampicò lungo lo stelo del papavero rosso e gli chiese:
“Rubino, perché continui a dedicare le tue bellissime canzoni alla Luna che è così lontana e non potrà mai sentirti?”
Il papavero sorrise, chinando il suo stelo verso Chichì. Poi rispose:
“Vedo, caro Chichì, che tu non sei mai stato innamorato.”
Il ragnetto fece segno di non con la testa.
“Infatti” riprese Rubino. “Altrimenti sapresti che chi ama è disposto a tutto per amore, anche ad amare senza speranza.”
Il ragnetto non sembrava capire. Con le sue otto zampette si mosse lungo lo stelo di Rubino, mormorando:
“Spiegami, per favore, non so cosa vuoi dire.”
Rubino sospirò e girò nuovamente i suoi petali verso la Luna, rimirandola con un sospiro.
“Non sempre quando si è innamorati si viene ricambiati, Chichì, ma non per questo si smette di amare.”
Il ragnetto si grattò la sommità del capo, pensieroso.
“Io non lo so se potrei provare mai qualcosa del genere” rispose. “Forse, se la mia ragnetta non mi amasse, non la amerei neanche io.”
“Quello non è amore” asserì Rubino. “Quella è convenienza: ti voglio bene, solo perché tu mi vuoi bene. Ma quando si è veramente innamorati, anche se l’altro non ricambia i tuoi sentimenti, tu non smetti di amare. I sentimenti veri non possono essere controllati o contenuti. I sentimenti veri viaggiano da soli, e, nel mio caso, arrivano fino alla mia dolce Luna, che non sa che la amo, ma io la amo lo stesso.”
In quel momento passava di lì una splendida farfalla fatata, dalle magnifiche ali variopinte di azzurro, celeste e blu, che sentendo i discorsi di Chichì e Rubino, si commosse. Si avvicinò al papavero svolazzandogli accanto e disse, sbattendo leggiadramente le sue ali:
“Ho ascoltato le vostre chiacchiere mentre passavo da queste parti e il mio cuore si è intenerito.”
Rubino e Chichì si girarono a guardare la magnifica farfalla che svolazzava intorno a loro, mandando scintille iridescenti, incantati dal suo volteggiare leggero.
“E tu chi sei?” chiese Rubino, incuriosito e affascinato da tanta bellezza. “Non ti abbiamo mai vista da queste parti.”
“Io sono la farfalla fatata Emma, e posso realizzare i sogni degli altri, ma non di tutti però! Solo di chi ha un cuore nobile e buono. E tu, Rubino, hai un cuore molto dolce e candido. Ho sentito che sei innamorato della Luna anche se lei non potrà mai ricambiarti. Tuttavia io posso accontentarti. Se tu vuoi, posso trasformare le tue foglie in ali e farti volare fino alla Luna.”
Nel sentire quelle inattese parole, Rubino scosse il suo stelo e le sue foglie per la grande gioia.
“Davvero potresti?” domandò con la sua voce soave, piena di emozione.
“Certo!” rispose Emma. “Chiedimelo ed io ti accontenterò. C’è solo una cosa che devi sapere prima: se volerai fino alla Luna, poi non potrai più tornare indietro.”
Rubino si guardò attorno ancora incredula: tutti i suoi amici aspettavano con ansia che si decidesse a chiedere ciò che aveva sempre ritenuto irrealizzabile, ma molto dispiaciuti perché, se lo avesse fatto, non l’avrebbero più rivisto.
Rubino sospirò. Era pronto a lasciare tutto ciò che conosceva sulla terra per raggiungere la sua adorata Luna, che neppure sapeva della sua esistenza? Era pronto a fare un viaggio così lungo rischiando che, magari, la Luna gli dicesse di non amarlo?
Sì, decise senza neppure esitare. Era pronto a volare da lei e rischiare tutto per amor suo. E se la Luna non avesse ricambiato il suo amore, Rubino avrebbe vagato per sempre nello spazio continuando ad allietare le stelle con le sue canzoni melodiose.
“Sì, Emma” rispose dopo qualche secondo, sicuro di quanto diceva. “Desidero che trasformi le mie foglie in ali, in modo che io possa raggiungere la mia amata Luna!”
Emma acconsentì.
Mentre scuoteva le sue magnifiche ali variopinte, una luce multicolore si diffuse nell’aria e attorno a loro scintillarono piccole gocce di rugiada che volarono fino al papavero e trasformarono le sue foglie in splendide ali.
Staccandosi dal suolo, Rubino iniziò a volteggiare in aria. Incredulo fece immensi ghirigori, stupito lui per primo del fatto che stesse davvero volando.
“Ma guardate!” esclamò felicissimo. “Volo! Sto volando!”
Tutti i suoi amici erano molto contenti per lui e seguirono affascinati il suo volteggiare.
“Vado, amici miei” li salutò dunque Rubino, allontanandosi sempre più. “Vi porterò sempre nel mio cuore!”
Ma le sue parole si persero nel nulla mentre scompariva alla vista degli animaletti che erano rimasti sulla terra a salutarlo, scuotendo le loro zampette in segno di saluto.
Rubino non si voltò neppure indietro, intento com’era a volare verso la sua magnifica Luna. E mentre si avvicinava a quella immensa palla splendente, il cuore gli batteva forte forte.
La Luna notò un lieve movimento alla sua destra, si girò e si trovò davanti lo splendido papavero che ogni notte cantava per lei.
Stupito per quella improvvisa apparizione inaspettata, gli fece un enorme sorriso.
“Caro papavero!” esclamò la Luna, “Che ci fai tu qui?” chiese poi. “Ho ascoltato tutte le canzoni che mi hai dedicato, ma pensavo che non ci saremmo mai incontrati. Eravamo troppo ontani. Come hai fatto a raggiungermi?”
Rubino diventò ancora più rosso del suo colore naturale. Adesso che si trovava davanti alla sua adorata Luna, l’emozione era così forte da togliergli anche le parole, oltre al fiato.
“Ecco…” balbettò infine il papavero, imbarazzato. “E’ stata la farfalla fatata Emma a trasformare le mie foglie in ali, per far sì che io potessi finalmente raggiungerti. Ogni notte cantavo per te, per dimostrarti tutto il mio amore, ma anche io credevo che non ci saremmo mai incontrati. Adesso il mio sogno si è avverato, e se tu vorrai, ora staremo insieme per sempre” concluse il papavero rosso, guardando commosso la Luna, che adesso, vista da vicino, era ancora più bella.
Un velo di rossore coprì le guance della Luna.
“Anche io ho tanto desiderato incontrarti” ammise poi. “E adesso che sei riuscito a raggiungermi, nulla più ci potrà dividere.”
Fu così che la Luna e il papavero Rubino, rimasero insieme per sempre: lui cantava e lei ascoltava incantata quelle melodie appassionate e armoniose, felici, finalmente, di poter stare insieme per sempre.