Il popòemetto
L'urlo acuto della pianificazione dona personalità e notifiche alla mattonella dei poveri, la consapevolezza è salva nella fusione dello stagno, la tristezza si spalma sull'arteria stradale e l'abitante incerto viene pertanto introdotto alla ragione della contingenza vacua e. Ed allora tubi dall'acqua mai contenta rilanciano nei prefabbricati. Rilanciano consegnando a domicilio stimolo proteico avvolgente e personalizzato, disciolto in sentimenti precotti congiunti dentro reazioni di nasi arresi. E sono quindi vive le figure che danzano ritte nel cuore morto di un'egida sintetica, che lateralmente è giallo cremino e viola zuccherino a volte potabile ma che. Ma che frontale nel fulcro è invece sanguinolenta e degna di grigliata integrale e. E tutto ciò è visibile perfino al proteo ed è solare meriti rimedi, se non che sono troppo forti le rotte d'eternità coinvolte dalla bonaccia virale che alimenta ed aggiorna, quel che verrà e di per cui il tramonto smette d'illustrare sintonia e nessuna parte corporea, zittita d'ardore con bambagia, protesta e così, oramai da quando la luce va dall'estetista, l'ora ha l'ombra fatua. Non c'è dubbio alcuno. La cibernetica fa prigionieri. Quando si guarda troppo oltre la pelle le certezze azzerano le sfide e dimenticano d'ammirare la razionalità d'una onda o la sensibilità d'un catarifrangente fisso sulla volta ed indi. Indi l'essere ateo e biblico simultaneamente si sente costretto ad affermare e nemmeno troppo metaforicamente, riassumendo. Riassumendo avevo venticinque parole. Diciotto l'ho buttate al cibo rotto. Ne ho tenute sette strette strette. Sono isolato in una isola. Ne mancano due? Diciotto più cinque fa ventitré? Oh! Nessun problema. Anzi tutto normale. Infatti due parole le tengo sempre di riserva e sono appunto riservate a chi nello scempio d'un fisico, mentale e morale, scippo in corso si culla talmente agiato e perduto da non risultare manco lontanamente turbato da cose simili ai miei mortali incubi in proposito: ti invidio.