Il professore Aloi ed il pescecane
Potrei scrivere di cose che in questo periodo mi hanno fatto pensare tanto ma oggi, come ho fatto spesso e come mi piace fare, voglio raccontarvi una storia anche e soprattutto per far notare l’incoscienza ed esuberanza che si ha da giovani quando si fanno le cose anche a sprezzo del pericolo.
Una di queste era, per esempio, che tutti gli amici partivamo la mattina prestissimo per nuotare in alto mare (e sto parlando di chilometri e chilometri), per vedere le tante navi, anche transatlantici, che solcavano le acque dirette nei mari dell’Estremo Oriente, dopo la riapertura del canale di Suez negli anni '70 .
Eravamo giovani ed anche inconsapevoli dei pericoli che avremmo potuto attraversare immergendoci in acqua per tutta la giornata (ritornavamo il pomeriggio inoltrato), soprattutto quello dei pescecani che, attratti dai rifiuti delle navi, avrebbero potuto crearci veramente dei seri problemi.
Tutti quanti smettemmo questo svago quando il signore, del quale mi appresto a dirvi il nome, ci raccontò di un suo “incontro ravvicinato” con un pescecane.
Era il professore di scuole elementari prof. Aloi, bravissimo insegnante ed anche uomo di capacità umane degne di rispetto.
Egli allora usava di mattina presto fare delle nuotate al largo per almeno 2 ore e lo faceva quasi tutti i giorni quando vi erano le belle giornate estive che allora incominciavano da marzo.
Un giorno che non andammo in acqua perché le nubi facevano presagire un temporale vedemmo che il professore ritornava a terra “a tutta birra” e ancora trafelato, dopo che lo stesso aveva preso respiro, ci raccontò con un modo che solo un insegnante poteva avere, e cioè facendo notare ogni piccolo particolare, quell”incontro”.
Ci disse che mentre si stava riposando un pò (era lontanissimo dalla riva) vide una ''cosa'' nera che, alla distanza di una trentina di metri, girava in modo lento intorno al pezzo di mare dove si trovava lui.
Guardando meglio notò e…anzi, ne ebbe conferma: si trattava di una pinna di pescecane.
Cosa fare a quel punto? Ci disse che in quel momento gli venne in mente un vecchio documentario che aveva visto nella rubrica “L’amico del giaguaro”, in onda in tv negli anni '70 e molto seguito, e che parlava, appunto, di pescecani.
In quel servizio si consigliava, sebbene presi dalla paura, di cercare di mantenere i nervi saldi e possibilmente di restare immobili perché i movimenti del nuoto concitato, nel cercar di scappare, avrebbero sicuramente attirato il pescecane e che quindi avrebbe attaccato senza lasciare più scampo.
Così fece, ci raccontò, ma solo perché, effettivamente fu “bloccato” dalla paura e non perchè si ricordò di farlo.
Disse che il pescecane fece un paio di giri attorno e poi, non notando niente che lo potesse interessare per cibarsi, si allontano’ solcando l’acqua a zig zag.
Quando il professore calcolò che il pericolo era svanito ci disse, facendoci morire dal ridere, che incominciò a nuotare ad una velocità incredibile fino a riva.
Tutti restammo a sentirlo con attenzione per tutto il racconto e, anche se alcuni furono scettici sulla vericidità dell’accaduto, non ci buttammo più in acqua se non per nuotare per qualche metro dalla riva e alcune volte neanche per quello.
Io penso invece, ma non ne sono stato mai sicuro al 100%, che i nostri genitori, preoccupati sempre di quelle estenuanti e pericolose nuotate di noi ragazzi, approfittando dell’hobby del professore, si misero d’accordo con lui per raccontarci quella “balla”.
Mio padre, gli altri genitori ed il professore stesso, anche anni e anni dopo, non ci dissero mai la verità.
E’ rimasto sempre un mistero.