il professore di francese
S’intuiva a naso che la giornata sarebbe passata altalenando tra uno sprazzo di sereno e una frusciata. Quel mese di marzo pareva si dovesse ricordare per le piogge torrenziali e per quelle tempeste di vento che arrivavano all’improvviso portandosi via tegole e camini. Era stata una notte da diluvio universale. Il giorno antecedente sulla Provinciale, era crollato mezzo versante di montagna, intimorendo non di poco gli abitanti sottostanti.
Gaetano aveva appena aperto il locale che il forestiero, manco stesse aspettando il miracolo di un santo, entrava tutto rattrappito in una cerata con cappuccio che ancora gocciolava. Salutò con un, Buon giorno, secco e chiese, Un caffé macchiato. Dopo essersi riscaldato il gargarozzo, si mise a camminare avanti e indietro come un carcerato finito in gattabuia per una demenza del giudice di sorveglianza. Gaetano lo controllava a vista, Forse è arrivato in anticipo ad un appuntamento, da come si muoveva, Questo è un tipo strano. Non ci volle tanta scienza per capire che l’uomo era stato sveglio tutta la nottata, e teneva inequivocabilmente nella testa qualcosa che lo tormentava. La curiosità ebbe il sopravvento, non riuscì a trattenersi dal domandare, Scommetto che la macchina gli si è fermata!?
No!, rispose quello fissandolo di brutto, come un rinoceronte pronto per caricare..
Meglio se lascio perdere, questo ha la miccia accesa, è pronto per scoppiare. Il forestiero allora si rimise a traghettare. Poi si sedette al tavolino dov’era il giornale della mattina, e si concentrò sul titolo cubitale della prima pagina, che riportava senza andar per il sottile, raccontava l’ennesima scudisciata del bugiardone di Palazzo Chigi al tribunale di Milano.
I clienti cominciarono ad arrivare; e il bar ad affollarsi come non mai, molti commentavano la schifosissima giornata. Ogni tanto uno scontrino e un lavaggio di tazzine. Dell’acqua per favore, Uno lungo, Due macchiati, Uno amaro, Uno ristretto, Uno senza caffeina, Un latte, Due da portare via, Un cornetto con marmellata, Due con cioccolata.
Ci stanno notizie sul castello? chiese avvicinandosi al forestiero il professore di francese dopo aver fatto colazione a più riprese. L’uomo non rispose. Scrollò solo le spalle con indignazione senza nemmeno guardare in faccia l’interlocutore. Il professore di francese, taccagno di natura e appizzuttato in cultura, rintuzzò nuovamente, Mi dai l’inserto locale la pagina al centro del giornale?
Mah vaffanculo! rispose questa volta il forestiero muovendo all'aria una mano come per scacciare un moscerino dispettoso.
Ehh! Manco t’avessi chiesto un milione, riprese il professore per niente intimorito dalla reazione.
Il forestiero allora scattò come un felino accartocciando il giornale nel cestino.
Prima di stramazzare svenuto tra il bancone e il frigo, il professore distinse chiaramente un pugno d’idrofobia saettare diritto sul suo naso aquilino. Il poverino, di senno non certo di quattrini, cercava conferma ad una notizia appurata il giorno prima, che come un fulmine a ciel sereno s’era sparpagliata in quattro e quattrotto per tutto il paese.
Un piccolo furbetto arrivato chissà come da un paese di rimpetto, si era comprato con una manciata di milioni il castello di quel nobile signore ch’era don Michele Tatanella, morto da più di quindici stagioni. La notizia in se per se, sembrava non aver il minimo valore, ma la gente della piana che adesso costruiva a tutto spiano, proveniva tutta quanta da quel borgo medioevale, ognuno possidente, guardacaso di un buco, un pertuso vissuto e usurato dai suoi avi.
Il borgo attorcigliato sul pendio ricordava la storia di quel popolo com’era cominciata, tutti servitori di un unico signore che sul cucuzzolo si era costruito quella magnifica dimora.
La gente, caso strano era molto attenta all’argomento, ricordava e raccontava innumerevoli vicende che avevano per soggetto proprio quel castello. Ogni angolo, le mura, ogni tufo e anfratto raccontava una sua storia, a volte forse pure piatta. Erano storie d’amore, di guerra, di ricatti e non mancavano neppure momenti di riscatto. Qualche anno prima, un ardimentoso giovanotto, uno di quelli che sfruttano le notti ad aguzzar l’ingegno, s’era preoccupato di organizzare al borgo delle visite guidate. Era bello, alto, un corpo da maschietto e correva pure in bicicletta. Il professore di francese c’era stato ad una di queste visite guidate, ed era rimasto grandemente impressionato, non solo per la storia di quel borgo, ma della conoscenza ricercata dell’esuberante giovanotto. Pasquale si chiamava, il nome lo ricordava a perfezione, solo il cognome rimaneva sottotono.
Ad ogni modo l’Amministrazione sembrava volere attivare una prelazione per annettere quel bene al patrimonio comunale. Di contro una minoranza trasversale (vattelappescare), riteneva più appropriato mettere quel bene nelle mani del privato. Allora germogliò come erbaccia in mezzo al prato, certa gente linguacciuta, maleducata, calunniatrice del malaffare. Vociferava che qualcuno si sarebbe comprato, complottando col privato, una macchina di grossa cilindrata e un appartamento, che era un vero affare.
Dall’altra parte cosa si può fare se un popolo d’anonimi inizia a sparlare?
Della Gilda ad esempio, mormorava che futtiva col prelato! Del consigliere Ciaramella, capace di mettere la mamma sulla strada! Asseriva addirittura che il sindaco sniffava, ma era solo timido, non troppo intelligente, per questo osava pigliarlo pei fondelli! Anche se, non si sapeva in giro, ma aveva provveduto, ben oltre ogni misura a pararsi il culo, spogliandosi di tutte le sostanze e ogni riferimento, dato le circostanze. Per non parlar di corna e di cornuti compiacenti. Un capitolo tra i più belli! Poi in ordine decrescente, s’aggiungevano le donne che la davano e le altre che annusavano. Ebbene? Di tutti si sparlava! Ma quelli che nella lista erano più in vista, sui quali si ricamava con tanto materiale, erano senza dubbio gli amministratori comunali.
Pure un Dio si doveva riguardare se andava a spasso col portafoglio in tasca, dopotutto sul comune, cosa erano andati a fare? Tutti uguali.
Dalla politica era meglio rimanere chilometri lontani, L.P., (Lassammo Perdere) marcava quando era in vena di battute quel leccaculo di Renato.
Occorre rilevare che già nell’ottocento, un sottoprefetto venuto a controllare una vendita comunale relazionava: la gente in questo posto è abituata all’anonimato e alle maldicenze, gli amministratori poi, gente indecente.
Comunque per tornare al punto, il professore di francese si alzò da terra mezzo stralunato, con il sangue che colava giù dal naso e da un taglio verticale al lobo parietale. Il forestiero invece, come se niente fosse stato se ne uscì lemme lemme dal locale. Si spogliò della cerata e la lanciò con sdegno in una Punto parcheggiata. Salì, infilò la chiave e partì in tutta fretta, manco se in quel preciso istante stesse nuovamente a diluviare. Si fermò accostando al marciapiede dopo cinque isolati. Sfilò dalla tasca una foto invecchiata e osservò una donna in abito da sposa sorridente e prosperosa. Abbassò il sedile con due movimenti della mano, chiuse gli occhi e si addormentò sfinito a riposare.