Il seme della Stima
Il seme della Stima
Non conta chi tu sia per gli altri
ma conta quel che sei per te.
Non conta come verrai considerato
ma conta come tu ti consideri.
Non conta come ti vedrà il mondo
ma conta come ti vedi tu.
La Stima è un seme sano
che crescerà dal tuo cuore non lontano
Sarai Stimato
solo se ti sarai Amato.
Io sono il seme della Stima e voi chi siete?
Non mi riconosci?
Disse una voce spavalda e autoritaria.
Io sono il seme dell’Orgoglio!
Ed io sono la Vanità!
Disse poi una voce suadente e allo stesso tempo penetrante, e questo piccolo è nostro figlio il Sogno.
Benvenuto nella nostra terra!
Aggiunse poi l’Orgoglio.
Vostra terra?
Disse colto dal dubbio la Stima, a me non risulta che questa terra vi appartenga, questa terra appartiene al suo cuore, noi ne siamo solo i semi.
Modesto sei, cara Stima.
Intervenne Vanità.
Non hai ben compreso il ruolo dominante che invece abbiamo, meglio così, non mi entusiasmava molto dover intraprendere un’altra lotta. Addio!
E poi rivolgendosi ad Orgoglio disse:
Caro un nemico in meno sulla strada della vittoria, la Stima nasce già perdente.
Ed entrambi incominciarono a ridere mentre si allontanavano spavaldi.
La Stima che era appena arrivata su quella terra, ed aveva già avuto un accoglienza poco calorosa, riprese il suo viandare incominciando a guardarsi intorno, e vide la mano dell’Orgoglio e della Vanità aver già innalzato ponti e costruito strade, e camminando tra i sentieri stranamente deserti, incominciò a domandarsi dove fossero finiti tutti gli altri semi.
Aiuto! Aiuto!
Una vocina debole quasi come un soffio, chiedeva aiuto e la Stima prese a cercarla ovunque ma inutilmente, solo dopo tanto tempo capì che proveniva da sotto i suoi piedi, sepolta sotto metri e metri di terra.
Cara calmati, sono qui.
Disse con intenzioni eroiche la Stima, prese poi a scavare a mani nude procurandosi graffi e profonde ferite, ma non si fermò sino a quando non l’ebbe tirata fuori.
Cara come ti chiami ‐ Disse poi:
Io sono l’Umiltà, a te la mia infinita stima e tu chi sei?
Per l’appunto io sono la Stima.
Rispose.
Cavaliere per natura essendo io l’Umiltà, viaggiavo in questa terra nell’offrire il mio umile sostegno, ed un giorno fui attaccata da due creature Vanità e Orgoglio, che mi seppellirono sotto metri e metri di terra.
Cieche creature!
Disse la Stima, indignato, mentre portava al riparo l’Umiltà stanca e ferita.
Cara riposati riprenderemo il viaggio insieme domani.
Non appena l’Umiltà fu in grado di viaggiare, i due ripresero il cammino, la Stima con circospezione perlustrava millimetro dopo millimetro la terra di quel cuore, voleva portare il suo aiuto a chiunque fosse in difficoltà, e vide un seme marcire nello stagno putrido delle lacrime nere.
Allungò la mano per tirarla fuori da quelle acque di morte, trascinandola in salvo.
C’è speranza!
Urlò Stima, pieno di soddisfazione per aver tratto in salvo un altro seme.
Come ti chiami dolce creatura!
Hai appena pronunciato il mio nome mio signore, io sono la Speranza, camminavo stringendo tra le braccia mio figlio Sogno, me lo hanno portato via due creature, sono disperata aiutami, Aiutalo.
La Stima era oramai su tutte le furie, il bambino che stringeva tra le braccia la Vanità era il figlio della Speranza, non il suo. Accompagnato dalla Speranza e dall’Umiltà, s’incamminarono per quella strada alla ricerca del piccolo Sogno, e quando si trovarono di fronte Vanità e Orgoglio, la Stima disse:
La terra del cuore non è campo di battaglia, non si uccidono i semi e non si prende il comando di niente, si convive semplicemente sotto il sole dell’amore, ma voi due avete fatto di questa terra un arida steppa, restituite Sogno alla Speranza.
Nel frattempo Orgoglio aveva sguainato la spada dicendo:
Quel bambino è mio figlio non lo avrai.
Quel bambino non ti appartiene Orgoglio, la tua forza superiore nasceva dall’aver soffocato l’Umiltà e la Speranza, ma ora sono entrambe al mio fianco e ti dico che l’Umiltà è tua sorella e la Speranza vostra madre.
Orgoglio senti un dolore lancinante allo stomaco come se due pugnalate profonde gli fossero state inferte, ma Stima non aveva neppure sguainato la sua spada.
Voi tutti, siete i figli della Speranza, in voi i colori e le molteplici sfumature di questa immensa terra che attraverso voi fiorirà, in voi i suoi sentimenti, i suoi pentimenti, i suoi ardimenti…ma nessuno di voi tenti di attuare i suoi intenti, la terra del cuore non è terra di conquista.
Ma se noi siamo tutti figli della Speranza tu Stima chi sei?
Io sono il frutto della vostra comprensione, ma se voi non comprenderete d’essere tutti semi ugualmente preziosi nella terra del cuore, io non potrò mai vedere la luce.
Io sono la Stima e nasco solo nella terra dell’amore dove l’armonia è sovrana.