Il treno - in viaggio con Kenule
Kenule era un ragazzino di 15 anni, lo sguardo vispo, un sorriso sempre stampato sul volto. La pelle scura, una folta capigliatura riccia spiccava sul suo capo. Aveva un sogno, o meglio, ne aveva due: riabbracciare suo fratello Gambo che viveva a Brescia da anni e, un giorno, fare un lungo viaggio in treno. Kenule amava i treni, ne era affascinato e sulle locomotive sapeva tutto. Ancora non credeva che il lungo viaggio in treno, da sempre desiderato, lo stesse davvero compiendo. Partenza da Palermo, destinazione Brescia per riabbracciare Gambo.
«Da dove vieni piccolino?» chiese una vecchietta.
«Dalla Nigeria».
«E cosa fai tutto solo su questo treno?»
«Vado da mio fratello, lui vive a Brescia, sa?» rispose inorgoglito, consapevole dell’impresa che stava compiendo.
«I tuoi genitori dove sono?»
«A casa, non avevano i soldi per pagare il viaggio a tutti e tre».
«Capisco, vuoi della cioccolata?» chiese la vecchietta mentre rovistava nella sua borsa.
Kenule aveva provato la cioccolata una sola volta nella sua vita, ma il sapore lo rammentava bene. La donna tirò fuori una tavoletta che a Kenule parve enorme. Quando lo addentò, gli sembrò la cosa più buona che avesse mai provato in vita sua: cioccolato al latte tempestato di nocciole. Nulla a che vedere con quel surrogato di cacao che aveva assaggiato tempo addietro e che allora gli era sembrato buonissimo. Con la bocca piena di cioccolata chiese alla signora:
«A lei piacciono i treni?»
«Certo e a te?»
«Tantissimo, so tutto sui treni e un giorno mi piacerebbe guidarne uno».
La donna, sorridente, ascoltava con attenzione e interesse le parole di Kenule che proseguì:
«Questa è la prima volta che salgo su un treno in vita mia, è tutto così incredibile, sto realizzando due sogni in un colpo solo, non vedo l’ora di riabbracciare Gambo. Lui sì che ne ha visti di treni. Viaggia tantissimo, si sposta in tutta Italia per lavorare. Fa poca differenza se sia lavoro nei campi, come muratore o qualsiasi altra cosa. A lui importa solo che sia un lavoro onesto. Ha messo da parte i soldi per pagarmi il viaggio». Una voce annunciò l’arrivo alla stazione di Reggio Calabria. La signora raccolse le sue cose e guardando amorevolmente Kenule disse:
«Tuo fratello deve essere davvero un bravo ragazzo, io scendo qui, ciao e fa buon viaggio».
«Buona giornata».
Il treno fece una sosta di alcuni minuti. Kenule guardava incuriosito fuori dal finestrino. Osservava la gente passare, qualcuno correre, affannarsi per salire sul treno che stava per partire.
Vide un uomo in difficoltà con una pesante valigia. Aveva la pelle scottata dal sole, i capelli grigi e sul volto rughe che sembravano solchi. Le mani tipiche di chi le ha usate tutta la vita per lavori pesanti e, probabilmente, mostrava più della sua reale età:
«Aspetti che l’aiuto».
«Grazie, sei molto gentile»
«Si figuri, mio fratello dice che bisogna sempre aiutare chi ha bisogno».
«Ha ragione. Ohi… –l’uomo ebbe una smorfia di dolore – …la mia povera schiena».
«Cosa c’è, sta male?».
«Nulla di grave, sono gli acciacchi che con l’età iniziano a farsi sentire».
«Lei dove va di bello?».
«A Roma, mi hanno chiamato per qualche giorno di lavoro».
«Che genere di lavoro?» chiese Kenule con la sua sincera ingenuità.
«Faccio il muratore e quando serve personale extra, mi chiamano. È una vita dura e i soldi non bastano mai. Guadagno poco, ma lo faccio onestamente, con dignità».
«Sì, mio fratello è come lei, fa qualsiasi lavoro purché pulito. Lui ora è a Brescia ed io sto andando da lui». Si ricordò di avere ancora della cioccolata e ne offrì all’uomo «Prenda, è davvero molto buona. Me l’ha regalata una signora gentilissima. Era seduta proprio lì, dove adesso c’è lei».
L’uomo staccò un pezzo dalla tavoletta e lo mangiò con gusto
«Era tanto tempo che non ne mangiavo e questa è la migliore che abbia mai assaggiato».
«Sono contento che le piaccia, anch’io non ne mangiavo da molto tempo».
«Biglietti, prego». Il controllore si affacciò nello scompartimento dove erano seduti Kenule e l’uomo.
«Tenga – disse Kenule – Vuole anche un po’ di cioccolata? È buonissima, sa?».
Il controllore sorrise sotto i lunghi baffi e accettò di buon grado l’offerta di Kenule.
«Grazie, e buon viaggio»
«Grazie a lei».
Dall’altoparlante una voce annunciò: «Stazione di Roma Termini»
«Il mio viaggio finisce qui – disse l’uomo – ma tu hai ancora una lunga strada da fare fino a Brescia. Ti vedo stanco, perché non provi a dormire un po’?». Posò una mano tra i folti capelli di Kenule, con una carezza.
«Sì, sono stanco, sento le palpebre pesanti… è così faticoso restare svegli».
«Allora dormi, ti sveglierai quando sarai a Brescia da tuo fratello».
Kenule si lasciò andare e gli occhi si chiusero: il suo lungo viaggio proseguiva e la gente continuava a salire sul treno. Erano in tanti, sempre di più su quel treno, affollato all’inverosimile. Sembrava non esserci più spazio. Sembrava quasi che quel treno stesse per esplodere tanto era pieno.
Kenule aprì gli occhi e vide la mano di un uomo protesa verso di lui. Indossava una pettorina con scritto “guardia costiera” e lo stava portando via, in salvo, dal barcone su cui era salito insieme con un centinaio di migranti per raggiungere l’Italia e Gambo che aveva intrapreso lo stesso viaggio tanto tempo prima.